«È il sistema più facile per ottenere informazioni» gli spiegò Conforden allontanandosi. «Credetemi sulla parola.»
Jerome lo seguì. «Siete preoccupato per lui, Pirt? Pensate che sia una cosa seria se il vostro uomo è malato?»
«Credevo che a quest’ora aveste capito certe cose» replicò con voce stranamente dura Conforden. «Un dorriniano dotato dei poteri di Marmorc non si ammala.»
«E allora?»
«Allora» disse Conforden appoggiandogli una mano sul petto come a fargli capire che non era disposto a dire di più «allora vuol dire che il Principe è più forte di quanto credessimo.»
Jerome seguì con lo sguardo Conforden che si allontanava, troppo confuso per seguirlo o richiamarlo. Di tanto in tanto, durante il suo soggiorno su Cuthranel aveva pensato al Principe Belzor — sempre con un brivido di paura nel ricordare gli occhi crudeli e la pallida faccia implacabile — ma in un certo qual modo lo aveva relegato nel passato. Forse il suo subconscio aveva deciso che aveva già troppi problemi, predisponendolo a un ottimismo grazie a cui si cullava nell’illusione che il Principe non avrebbe mai più influenzato la sua sorte.
Adesso invece, di punto in bianco, la situazione era cambiata.
Si imponeva una nuova, cupa visione della realtà nella quale le sue speranze per l’avvenire si rivelavano infondate e precarie se non impossibili. Era stato ingenuo a credere che il suo eventuale ritorno sulla Terra fosse messo a repentaglio solo da un possibile guasto all’astronave. Pareva evidente che il sinistro Principe Belzor, il superman dorriniano che per poco non lo aveva ucciso, volesse ora condannarlo a… a… Il pensiero era insopportabile. La mente di Jerome si rifiutava all’idea di dover trascorrere tutta la vita nello sterile e cupo ambiente del Recinto.
«Fermatevi, Pirt» supplicò. «Non andatevene. Cosa volevate dire? Cosa può fare a questo punto Belzor?»
Conforden continuò a camminare e raggiunse gli altri cinque Guardiani, che si erano alzati in piedi e stavano uniti, forse in contatto telepatico. Erano i mandarini enigmatici della società dorriniana, entità remote e venerabili, considerate lo strumento diretto dei Quattromila. Un dorriniano comune poteva rivolger loro la parola solo una volta nella vita, e dopo complessi preliminari, ma Jerome era esasperato. Si accostò ai Guardiani agitando le braccia per attirare la loro attenzione. Conforden si voltò, lo vide, e si staccò dal gruppo per impedirgli di raggiungerlo.
«State indietro» lo sollecitò.
«Non sapete quello che fate.»
«È proprio questo il guaio.» Non potendo oltrepassarlo, Jerome alzò la voce. «Non so quello che succede qui. Cosa sono tutte queste storie a proposito di Belzor? Esigo di…» S’interruppe, confuso, perché un Guardiano si era voltato verso di lui, e anche attraverso il visore del casco lo fissava con uno sguardo penetrante come un raggio laser. Cominciò a provare quel dolore… quel dolore particolare…
Più di duemila anni di vita non sono bastati a soddisfare il Principe, anzi, i suoi appetiti sono più insaziabili che mai. E adesso che si sente minacciato è diventato un mostro in forma umana. È furbo, egoista, amorale, privo di scrupoli, crudele e pericoloso. Soprattutto pericoloso… Il Principe costituisce la più grande minaccia per il futuro della razza dorriniana…
Non appena ha scoperto che Rithan Tell Marmorc, incarnato sulla Terra sotto le spoglie di Charles Baumanis, è il Guardiano incaricato di trasportare il Thrabben sulla Terra, ha deciso di distruggerlo. È stato lui a causare gli incidenti che si sono verificati durante le prove della missione “Quicksilver”, ma Marmorc è riuscito a cavarsela tutt’e due le volte. Allora il Principe ha ideato un nuovo tipo di attacco. Nel corso della sua lunghissima vita è riuscito a sviluppare in modo eccezionale i suoi poteri psichici, e ha cominciato a servirsene per sferrare un assalto telepatico contro Marmorc. Il suo metodo è consistito nel far penetrare un ago conico delle sue energie mentali nelle difese personali di Marmorc, per spezzare e distruggere il suo kald.
Per poco il piano non è riuscito. Marmorc è stato li lì per morire, ma si è salvato perché un attacco del genere è diretto come un raggio laser, e altri Guardiani sono riusciti a interporsi fra il Principe e Marmorc. Ne sono morti quattro prima che altri Guardiani potessero unirsi in modo sufficiente ad annullare i poteri di Belzor. Da quel momento, e fino a che non si è imbarcato sulla “Quicksilver”, Marmorc è stato ininterrottamente protetto da una catena di supertelepati. C’è stato un breve periodo durante il quale sperammo di poter distruggere Belzor, perché non poteva attaccare senza tradire la sua posizione, e molti Guardiani erano pronti a muovere contro di lui. Ma Belzor è troppo intelligente per commettere un simile errore. Invece, per un certo periodo, ha riesumato la tattica a cui era ricorso nel passato contro i Guardiani: attacchi singoli, a casaccio, spesso ricorrendo all’uso di armi convenzionali, specialmente contro i dorriniani che avevano una posizione di spicco nella CryoCare. Poi smise di agire e scomparve. Allora immaginammo che stesse raccogliendo tutte le risorse per l’attacco decisivo o contro Marmorc al suo ritorno sulla Terra o contro la base CryoCare nell’Antartide. Pensavamo anche che il Principe non potesse far del male a Marmorc durante il viaggio interplanetario, grazie alla supposta impossibilità di mettere a fuoco una lente kald su un oggetto piccolo, lontano, invisibile e in rapido movimento.
Questo è stato l’errore più grande e disastroso che i Guardiani abbiano mai commesso nella loro lotta contro il Principe.
Adesso ci rendiamo conto che ha affinato i suoi poteri e sviluppato facoltà che neanche i più progrediti supertelepati dorriniani riescono a comprendere appieno. In questo preciso momento — nonostante le distanze astronomiche che li dividono — sta distruggendo il Kald di Marmorc, assorbendone le energie vitali, e a meno che non si riesca a fermarlo, Marmorc morirà e il Thrabben non giungerà mai sulla Terra.
L’attacco contro Marmorc è direzionale come il precedente, ma in questo caso l’ago conico è diretto verso l’alto dalla superficie della Terra, il che significa che non può essere intercettato e utilizzato per determinare la posizione di Belzor. Noi supponiamo che si trovi in un posto da dove gli è possibile mantenere un ininterrotto contatto per ore e ore con Mercurio Dorrin, e questo indica che, siccome nell’Emisfero meridionale della Terra adesso è estate, lui si trova in un punto indeterminato dell’Antartide. Molti dorriniani si sono recati là a cercarlo, pronti a combattere fino alla morte, ma l’Antartide è un continente vasto, e il tempo stringe.
Il futuro della nostra razza è appeso a un filo sottilissimo…
…COSÌ TACETE E NON MUOVETEVI!
Jerome si era solo vagamente accorto che gli erano mancate le ginocchia e che Conforden lo aveva aiutato a tornare al suo posto. Sapeva fin da principio che la telepatia era in parte un processo fisico consistente nel teletrasporto di cariche elettriche nel cervello ricevente, il che spiegava come il contatto mentale col Guardiano lo avesse stordito. Ma alla pura e semplice trasmissione del pensiero si era sovrapposta una devastante componente emotiva. Per un attimo aveva condiviso i sentimenti dei dorriniani, la loro angoscia perché il sogno che coltivavano da millenni minacciava di essere distrutto. E inoltre, solamente per un attimo, aveva visto se stesso come un intruso ignorante e sacrilego.
Si appoggiò allo schienale della sedia respirando a fondo, nel tentativo di ritrovare l’equilibrio mentale. Il Guardiano era stato spietato con lui, ma Jerome si consolò pensando che sulla Terra esistevano uomini che l’avrebbero ucciso se si fosse comportato allo stesso modo, anche in circostanze meno gravi. I Guardiani stavano sempre raggruppati e immobili come statue, e lui poteva solo cercar di immaginare in quale conflitto telepatico fossero impegnati.
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