Patricia McKillip - Voci dal nulla

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Rinchiusa nell’Avemo, il più impenetrabile carcere orbitale di massima sicurezza dell’intera galassia, Terra Viridian sconta la sua condanna senza poter sfuggire alla visione che le ha fatto massacrare senza motivo apparente più di millecinquecento persone. Una visione apocalittica, che lei stessa non comprende e all’esistenza della quale nessuno crede, ma la cui voce può significare un contatto totalmente nuovo per il genere umano. La scena cambia quando intorno a Terra iniziano ad agire strani personaggi: il Mago, capace di suonare Bach per ore e ore immerso in una profonda trance, Aaron, il poliziotto alla ricerca della gemella di Terra -Viridian misteriosamente scomparsa, e la Regina di Cuori, la musicista mascherata in grado di plasmare sonorità sempre nuove. Solo quando tutti questi destini si incroceranno nell’Averno, guidati da una voce a loro sconosciuta, arriverà il momento di giocare l’ultima partita.

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— Direttore Klyos! Grazie al cielo! La…

— La detenuta è qui nel Mozzo. Siete ferito?

— No, ma ha saldato la porta. Non capisco cosa sia successo. Pensavamo che si stesse addormentando, l’abbiamo tolta dalla bolla e lei si è scatenata. Ha afferrato il fucile di una guardia e ha cominciato a sparare. Ha colpito due guardie e le telecamere del soffitto. Ha distrutto la Macchina dei Sogni. Poi ci ha chiusi dentro.

— Vi manderò qualcuno, resistete. — Il monitor gli mostrò il corridoio di trasporto, e lui imprecò, stupito. La squadra robot era ridotta a pezzi sparsi lungo la pista. — Non è umana — mormorò e si chiese d’un tratto se Aaron era ancora vivo. — Fisher!

— Direttore Klyos! — La voce di Nils, tesa, acuta, giunse dal canale di sicurezza. — Cosa succede?

— Nils, dove sei?

— Nel circolo del Livello D. Sto aiutando il complesso a sbaraccare. Che cosa…

— Terra Viridian gira per il Mozzo con un fucile in mano. Prendi Michelle e vieni qui.

— Jase — ansimò Nils. — Sparatele.

— L’idea mi è già venuta. Penso che sia bloccata fuori del Quartier Generale. Manda una squadra ad aprire la porta dei trasporti, porta qui Michelle anche se vi tocca volare attorno allo scalo del Mozzo, e procurami qualche guardia di sicurezza!

— Siete solo?

— C’è Fisher.

— Fisher? Nessun altro?

— Piantala di gridare e vieni qui come puoi. Ah, manda anche una squadra a liberare Fiori. — Lanciò un’occhiata all’esterno; nel corridoio le fumose pareti acriliche non mostravano alcun movimento. — Fisher!

Aaron spuntò dalla sala computer del Mozzo e attraversò con cautela il corridoio. — Non l’ho vista — disse. Aveva ancora un’aria sgomenta, ma la voce e le mani erano ferme. — Siamo soli?

— Ci ha isolati.

— Come… Chi è quella donna?

Jase lo fissò. Poi disse: — Non potevate riconoscerla. L’avete vista sette anni fa. Quella è Terra Viridian.

Per un secondo Aaron fissò Jase cóme se gli avesse appena detto che il mondo era piatto e Averno un luogo pieno di demoni cornuti. Poi il viso gli si imporporò di colpo. Girò su se stesso così in fretta che Jase ebbe appena il tempo di gridare: — Fisher!

Aaron si fermò di colpo sulla soglia, come se la voce di Jase gli si fosse attorcigliata attorno ai piedi. Non si girò, ma non proseguì neppure. Alzò la mano, afferrò lo stipite e vi si sostenne. Jase vide che tremava per lo sforzo di controllarsi.

Abbassò la voce. — Signor Fisher, se lei vi uccide, qui io resterò da solo. Vi voglio vivo. — Aaron disse qualcosa di inintelligibile. — Voi non conoscete il Mozzo. Se Terra non ci attacca avrà un motivo. Voglio che la situazione rimanga così. Ha distrutto 20 roboguardie armate nel tunnel di trasporto. Ha un dono particolare per rimanere in vita. Fareste la stessa fine dei robot.

— Non posso…

— Vi ucciderà prima che possiate uccidere lei. Mi servite vivo. Lei non è più umana. Vi ucciderà, morirete, e lei non si sarà nemmeno resa conto del motivo per cui avete cercato di ucciderla, non gliene frega niente di chi siete o di cosa vi ha fatto, e non importerà niente nemmeno a voi, perché sarete morto e lei sarà viva qui come lo sarò io. Se adesso obbedite agli ordini, fra cinque minuti lei sarà morta e noi due ancora vivi.

La mano aggrappata allo stipite allentò appena la stretta. Aaron lanciò da sopra la spalla un’occhiata a Jase. Le ombre gli avevano tolto il colore dagli occhi, che adesso sembravano quasi neri. Emise un altro suono senza parole. Jase gli si avvicinò e gli parlò a voce bassissima.

— Sapete pilotare una spaziomobile? — Fu costretto a ripetere la domanda, prima che Aaron gli rivolgesse in risposta un debole cenno d’assenso. Il suo viso era pallido per lo sforzo di mantenersi immobile, di ascoltare.

— Lo scalo del Mozzo si trova sopra la sala computer, proprio dall’altra parte del corridoio. C’è una scaletta sul soffitto. La farò scendere per voi, da qui. Salite e scaldate i motori.

— Ma…

— Sto per mettere il Mozzo in stato di difesa. Questo significa che il computer distruggerà qualsiasi cosa si muova, a meno che non possa identificarla con il controllo vocale o il codice. Voi non siete registrato. Avreste maggiori possibilità contro Terra, che contro le difese del Mozzo. Entro 60 secondi Terra sarà morta.

Aaron socchiuse le labbra. Inspirò e riuscì a pronunciare una frase intera. — Resterete qui da solo.

— Devo cambiare le parole d’ordine di atterraggio poiché siamo in stato d’allarme, e voi non dovrete essere più qui quando il Mozzo passerà all’azione di difesa. Sarò con voi entro due minuti. — Attese. — Signor Fisher. Siete fermo sulla soglia con la luce alle spalle. Volete che lei vi uccida?

La mano di Aaron scivolò lungo lo stipite. Finalmente si girò. Aveva l’aria, pensò Jase, di chi è appena stato picchiato senza ragione. — No — disse con voce rotta. — Avrei dovuto chiederglielo.

— Cosa?

— Il nome. Michelle Viridian. Ma davanti a una rosa non si chiede mai.

— Signor Fisher. Andate.

Lui annuì, e il suo viso tornò a mascherare le emozioni. Jase premette un pulsante polveroso sulla scrivania, vide la scaletta scendere rapidamente e senza rumore nella sala in penombra oltre il corridoio. Aaron controllò il corridoio. Niente si muoveva. Jase si piazzò sulla soglia e lo coprì con lo storditore finché non lo vide scomparire sul molo.

Il Mozzo era immerso nel silenzio. Jase tese l’orecchio in cerca di un rumore di passi, ma inutilmente. Niente si muoveva. Tornò alla scrivania e azionò l’intercom.

— Passami Nilson — disse a bassa voce.

— Eccomi, signore — rispose Nils. — State bene?

— Sì. Nils, l’ordine di portare qui Michelle è annullato. Stiamo per abbandonare il Mozzo.

— Bene. A ogni modo, non sono riuscito a trovarla.

— Seguo la procedura generale d’allarme e metto il Mozzo in stato di difesa. Poi esco. Ci vediamo a Scalo Uno.

— Signorsì.

Jase commutò l’intercom sul vocale. L’equivalente di un secolo di parole d’ordine era stato programmato nel sistema: nomi celebri, equazioni matematiche, citazioni prese da antiche opere letterarie, filmati, versi di canzoni, indovinelli e poesie, frasi di origine oscura e significato ancora più oscuro. Sullo schermo apparvero 50 possibilità di scelta. Si identificò fornendo nome e codice d’identità, ma il particolare cruciale era il suo schema vocale, inimitabile come la firma di un terremoto. Poi pronunciò il segnale in codice che comunicava a tutte le spaziomobili ormeggiate di registrare le nuove parole d’ordine per uno stato d’allarme di quarantott’ore. Era sul punto di leggere la prima parola d’ordine della lista, Oh, essere in Inghilterra ora che è spuntata la primavera , quando avvertì di fronte a sé un movimento. Alzò gli occhi, sentendosi la gola secca.

Era solo il Mago. Jase aveva già emesso un sospiro di sollievo quando fu colpito dalla stranezza del fatto. — Signor Restak — disse piano. — Che diavolo ci fate, qui?

— Mi ha condotto Terra — disse il Mago, in tono così calmo che per un istante le parole ebbero un significato normalissimo. L’attimo successivo persero ogni significato. Jase allungò il piede per premere il pulsante che avrebbe azionato lo schermo della porta. Ma il Mago era fermo sulla soglia, e Jase, per quanto sorpreso, non se la sentiva di fulminarlo.

— Entrate, signor Restak.

Lui scosse la testa. Jase perdette la calma.

— Signor Restak, siete impazzito? Come siete arrivato fin qui?

— Mi ha fatto entrare Terra.

— Quando?

— Appena prima di saldare la porta del tunnel di trasporto.

— Perché?

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