“Una notte udii i nostri genitori parlare di noi. Mia madre disse: «Cosa dobbiamo fare, con loro? Michelle, e i suoi coperchi di casseruola; Terra, che cerca di avere la sua prima relazione sentimentale in uno stabilimento farmaceutico su un pezzo di roccia così piccolo che non ci si può nemmeno pisciare in privato». Mi ricordo di aver pensato: ecco allora cos’è accaduto a Terra. Quando il mio pensiero si staccava dai cubi, lei non c’era più; era quasi un’estranea. Mi mancava. Ma i cubi… — La voce le tremò di nuovo. — I cubi. La musica. La visione era tutto. Mia madre disse a mio padre che era meglio rimandarci sulla Terra. Mio padre rispose che lì eravamo felici, che saremmo rimaste. Mia madre disse: «Terra, forse. Ma questa luna non è abbastanza grande per Michelle». Allora non sapevo cosa volesse dire. Tutto quello che volevo era una batteria di cubi. E che restassimo tutti insieme per sempre sulla nostra luna privata…”
— E Terra? Cosa voleva, Terra?
— Terra… — Si interruppe, non vedendo altro che Terra, distorcendo il tempo per tornare al passato. Le parole giunsero più in fretta, tutte le parole che la Regina di Cuori aveva ammassato dietro la maschera per sette anni. — Terra aveva quel che voleva, tutta la magia del primo amore. Non poteva fare niente di sbagliato; per lei tutte le regole naturali venivano sospese. Se faceva tardi a cena a causa di Todd, la cena stessa cambiava orario. Se sottraeva tempo alle lezioni di laboratorio, quel giorno il suo terminale decideva di guastarsi. Per lei le porte non erano mai sprangate. Se tornava a casa tardi, i nostri genitori erano ancor più in ritardo. Era presa nella trama magica che avvolge il mondo. Era… era dentro la propria visione. Ma una visione che tutti capivano. Tutti l’avevano avuta, o pensavano di averla avuta, o la desideravano, o la sognavano, o la rimpiangevano. Lei mutò quello stabilimento in una favola, e poi anche lei entrò a farne parte. Divenne bellissima. Todd si fece più alto; smise di arrossire; cambiò il tono di voce. Ridevano a ogni occasione. Si aiutavano fra loro a crescere, trasformarsi. Forse… Quando ci ripenso, a volte credo che fosse quello di cui aveva bisogno per rimanere sana di mente. Per rimanere felice. Se solo fosse riuscita a concludere la sua favola, se le cose avessero raggiunto la loro fine naturale, se avesse sposato Todd, o fosse maturata, lontano da lui; se, in un modo o nell’altro, la favola fosse giunta alla fine.
— Cosa accadde?
— Sognò il fuoco… — Michelle rimase immobile, impassibile. Il Mago l’aveva vista in quello stato molte volte, senza farci caso: era il suo modo di proteggersi. Adesso capiva. La toccò con gentilezza.
— Una premonizione?
— Una visione — mormorò lei. — Era un’altra separazione. Lei stava diventando sensitiva. A me non è successo. Lei sognò il fuoco, e seppe che i nostri genitori stavano per morire…
“Erano andati sul pianeta in una navetta merci, a passare due o tre giorni in una località di villeggiatura. Mi svegliai e trovai Terra seduta sul pavimento in cucina. Non voleva andare a lezione, non voleva parlare con nessuno. Nemmeno con Todd, quando venne a cercarla. Allora dopo le lezioni mi sedetti accanto a lei sul pavimento e attesi…
“La navetta merci aveva avuto un guasto in fase d’atterraggio. Terra aveva sognato l’esplosione.
“Così, fummo mandate via dalla colonia. Lontano da casa nostra, dal nostro mondo, da tutti quelli che ci conoscevano. Un giorno Terra era amata e innamorata. Il giorno dopo, volava nel silenzio e nelle tenebre lontano da tutto quello che aveva amato. Eravamo nate nello spazio. Io sapevo guidare una navetta mineraria come ogni altro. Terra sapeva coltivare qualsiasi cosa. Ma avevamo 15 anni. Secondo le regole del GLM, eravamo troppo giovani per lavorare nello spazio.
“Quindi fummo mandate sulla Terra.”
— Mangia — disse il Mago. Aveva portato dal refettorio tramezzini e minestra calda. Michelle mordicchiò una crosta, il Mago rimestò la minestra una volta. Nessuno dei due mangiò.
— Volevano che incidessi dei nastri — disse Michelle — dopo l’accaduto. Volevano che scrivessi un libro. Fuoco nel deserto , della sorella di Terra Viridian. Volevano che partecipassi a spettacoli televisivi. Con i miei cubi e videoregistrazioni di mamma e papà e i piccoli Viridian. Questo avvenne ancora prima del processo.
“Ero stata in giro a suonare. Arrivai a casa tardi. Avevo un nuovo paio di scarpe color argento. Tornai a casa da sola… Ricordo le scarpe perché me le tolsi e mi preparai un panino, e fu lì che le lasciai, vuote scarpe d’argento sul bancone della cucina, quando finalmente lasciai l’appartamento e me ne andai 500 chilometri a nord del Settore Costadoro. Per quanto ne so, sono ancora lì. Scappai perché avevo acceso la tele per guardare il notiziario mentre mangiavo, e d’un tratto c’era il suo viso. Solo, i capelli erano molto più corti, perché era di leva, e portava la divisa color kaki e la targhetta d’identificazione. Mi aveva spedito una fotografia identica qualche mese prima, scherzandoci sopra.
“Dissero che aveva ucciso più di mille persone ed era fuggita. Non erano ancora sicuri, allora, di quante fossero le…
“«Questo non è nella visione» fu tutto quello che disse quando la trovarono. «Questo non è nella visione…». — Toccò un tramezzino, poi se ne dimenticò, fissando invece il vivido intrico di polvere e di stelle sulla parete opposta. — La visione… ho continuato a pensare che dopo aver vissuto 21 anni insieme a lei avrei dovuto sapere di cosa parlava. Quale visione? Il sole le aveva dato di volta al cervello? Si trattava di droghe? O c’era sempre stata una visione, qualcosa che solo lei poteva scorgere con la coda dell’occhio, un’ombra che seguiva solo lei, giorno, dopo giorno, mentre crescevamo? Chiunque penserebbe che dovevano esserci stati dei precedenti, che magari scuoiava gatti nel Settore Costadoro e ne bolliva le ossa, o che andava in giro nuda per le strade a predicare le sue visioni. Chiunque penserebbe che doveva esserci stato qualche indizio, una traccia. Non è così?”
— C’era?
— Niente — mormorò. — Mai.
Il Mago lasciò uscire il fiato in silenzio, convinto di non far rumore. Ma lei lo udì, lo fraintese, allungò la mano, scostandolo.
— Non c’è stato davvero nessun preavviso, Magico Capo. Vivevamo insieme, terminate le scuole. Lei era impiegata presso un’agenzia di collocamento che dava consigli alla gente in procinto di lasciare la Terra per andare a lavorare nello spazio. Io suonavo i cubi con qualsiasi complesso mi offrisse un ingaggio. Lei cucinava, teneva in ordine la casa. Io recuperavo la forchetta che bloccava il riciclatore, sistemavo gli scaffali, riparavo le tubature che perdevano. L’unica cosa strana nel suo modo di vivere era che non guardava mai al futuro. Non pensava mai a cosa avrebbe fatto nei 50 anni a venire. Non portava mai a casa lo stesso uomo più di due volte. Lasciava che i suoi amici si allontanassero. La gente la trovava simpatica, cercava di far amicizia. Ma lei era così distante. Come se fosse fatta di vetro. Niente le restava attaccato, niente poteva infastidirla. Io le ero più vicina di chiunque altro. Ma non parlava mai del passato, nemmeno con me. Mai. Né di Todd, né dei nostri genitori, né della vita nello spazio… niente. Fin da quando eravamo molto piccole mi aveva sempre raccontato i suoi sogni. Invece ora, quando glielo chiedevo, mi diceva che sulla Terra non sognava mai…
— Hai detto che era sensitiva.
Michelle annuì. Spalancò nuovamente gli occhi, gonfi di lacrime represse. — Le volevo bene, Magico Capo. Pensavo davvero che non fosse cambiata molto, da quando eravamo arrivate sulla Terra. Era sempre stata brava, buona di carattere… Ma adesso capisco cosa faceva. Si nascondeva. Non solo dal passato, ma anche dal futuro che vedeva arrivare. Diceva che non sognava mai, ma penso che si limitasse a seppellire quello che sognava, perché erano cose insopportabili da guardare. Il suo futuro. La strage nel Settore Deserto, Averno, la solitudine e la follia… Se intravedeva queste cose nel suo futuro, non c’è da stupirsi che dicesse… non c’è da stupirsi…
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