— Città di amanti, di poeti — mormorò il Professore. Toccò il soffitto e fluttuò verso di loro, togliendosi l’auricolare del libro. — Cosa succede nel Settore Tramonto?
— Il GLM minaccia l’invio di truppe.
— Plus ça change, plus c’est la même chose - disse il Professore, ricevendo da Quasar un’occhiata sbalordita.
— La tua pronuncia — disse lei, riprendendosi — è orribile.
— La mia pronuncia è di Parigi, la tua dei bassifondi. Comprends? E inoltre non mi piace il tuo smalto.
Quasar sorrise mettendo in mostra i denti viola. — Vieni in cucina. Ti troverò qualcosa che ti piacerà.
— Sei in forma — disse allegramente il Professore. Il Mago alzò il volume.
«…Fonti ufficiali dicono che il GLM proseguirà nella linea dura per soffocare la CNR prima che le sue idee possano turbare altri Settori. Il nazionalismo, ha dichiarato oggi il segretario alla Difesa Marie Juneau, ha creato le armi che ci hanno costretti a istituire il Governo Libero Mondiale. Senza il GLM ci sarebbe stata la guerra totale. La Coalizione Nazionale Regressista, ha detto la signora Juneau, non vuole altro che il ritorno alla precaria situazione dalla quale è nato il GLM e che ha condotto alla storica presa di potere nell’ultimo summit mondiale. Il GLM, ha dichiarato il segretario alla Difesa, ha prevalso allora e prevarrà oggi, e non esiterà ad attuare la propria linea politica. «Nelle altre notizie di oggi…»
— Il pugno di ferro — mormorò il Mago.
— Che altro può fare? — disse il Professore. — Il GLM, per quanto doloroso possa essere, è riuscito a farci sopravvivere per più di cent’anni. Se non ci fosse stato, saremmo già saltati tutti in aria.
— Forse no.
— Certo, forse saremmo ancora vivi e continueremmo a litigare. Ma chi ha voglia di far la prova?
— Io no — disse il Mago. — Mi chiedo solo per quanto tempo ancora il GLM potrà mantenere il controllo sul mondo. È in parte democratico, in parte tirannico, in parte socialista, in parte apertamente paternalistico, e finora si è mantenuto in vita grazie al nostro ricordo del rischio di annientamento. Quando il ricordo sbiadirà, chissà se la burocrazia continuerà a funzionare.
— Magico Capo — disse il Professore con una smorfia. — Ogni governo della Terra ha cominciato così.
— Verissimo. — Abbassò di nuovo il volume, fissò lo schermo. — Se la sono vista brutta già qualche anno fa, per un mostruoso incidente… Chi era stato? Ah, sì, un militare di leva del GLM. Terra Viridian.
— La pazza del Settore Deserto.
— Prese un colpo di sole e massacrò un mucchio di gente, poi scomparve e quelli del GLM le scatenarono dietro tutti i loro segugi. Alla fine la trovarono in un bidone per la spazzatura del Settore Costadoro… Fu il processo più stupido della storia del GLM. Anche un bambino avrebbe capito che le erano saltate le valvole, ma la Corte la dichiarò sana di mente per poterla sbattere legalmente nell’Anello Scuro e placare…
— Magico Capo — disse nervosamente Quasar. — Chiudi il becco. Non mi piace sentir parlare di Averno. Ci suoniamo e andiamo via. È tutto quello che voglio sapere.
Il Mago la guardò. Dietro di lei vide il viso addormentato della Regina di Cuori. Il segreto che Quasar aveva intuito sotto quell’oro brillante e inespressivo attirò all’improvviso la sua attenzione: dietro le palpebre accuratamente verniciate c’era una mente sveglia, in ascolto.
La Regina di Cuori aprì gli occhi l’istante successivo, ammiccando, senza aver l’aria di accorgersi dell’attenzione del Mago. — Dove siamo? — Consultò il quadro comandi, poi si passò con aria stanca e assente le dita fra i capelli e continuò finché la capigliatura le galleggiò attorno languidamente, come un’alga marina. Adesso tutti la guardavano incantati, persino Quasar.
— Ancora un’ora — disse il Mago.
Lei annuì, soffocò uno sbadiglio, con gli occhi sullo schermo. — Avevo dimenticato quant’è bello, quassù — mormorò. — Non ero più stata nello spazio dalla tournée dei Cygnus, due anni fa.
— Quando hai imparato a fare l’ufficiale di rotta — disse il Mago. Lei sembrò cogliere una sfumatura insolita nella sua voce; si girò verso di lui, sorridendo, ma esitò leggermente prima di rispondere, e lui non riuscì a penetrare il sorriso di quegli occhi.
— Quando ho imparato a navigare nello spazio. Sì. Vi ho portati fin qui, Magico Capo. Non ho dimenticato quello che ho appreso, vero? È come guidare una bicicletta. Almeno, così dicono; in vita mia non ho mai guidato una bicicletta. Ma come mai secondo te ci sono cose che bisogna studiare e ristudiare, e cose che non si dimenticano più? Si può dimenticare una lingua, ma non si dimentica l’addizione e la sottrazione. O i suoni… non si dimentica la differenza fra il canto di un uccello e la voce umana.
— Non lo so — disse il Mago, confuso dalla sua affabile parlantina. — Sarà l’istinto.
— La matematica non è istinto — disse il Professore in tono sprezzante.
— Pensavo più che altro alla bicicletta. Il senso dell’equilibrio collegato all’istinto di sopravvivenza.
— Che cos’è… — cominciò Quasar; il Professore le rispose senza lasciarle finire la domanda.
— Come respirare. Respiri per vivere; smetti di farlo, e muori. Ma non è un atto compiuto consapevolmente. Finché vivi, respiri. O lo fa il tuo corpo. Come allontanare di scatto la mano dal fuoco. O scappare da un pericolo.
Quasar annuì, esaminando una rigatura sull’unghia. Prese di tasca il tubetto di smalto. — Mi è capitato di scappare da un pericolo. E quella volta ho imparato una cosa bizzarra. Quando scappi, scappi verso il passato, non raggiungi mai il futuro. Il passato corre più veloce di te, e aspetta che tu lo raggiunga. Devi sottrarti al pericolo camminando, devi uscire dal passato. Perché quando scappi guardi indietro, ma quando cammini guardi al futuro.
Il Professore e il Mago si scambiarono un’occhiata. — Direi che è un istinto di sopravvivenza — disse il Professore.
La Regina di Cuori raccolse i capelli fluttuanti e se li legò alla nuca. — Come fai a sapere queste cose? — chiese a Quasar. La sua voce suonò brusca, quasi sgarbata, all’orecchio del Mago. Quasar rimise a posto il pennello con uno scatto secco.
— Le so. — Guardò il puntino di luce davanti a loro, sulla rotta del Pianto volante. Poi sorrise, con occhi cupi, irridenti. — Guarda te stessa. Noi eravamo nel tuo passato. Sei tornata da noi. Il Giocatore ti ha trovata e ti ha riportata indietro. Perché?
“Perché la musica del Mago doveva essere suonata.”
— E questo — mormorò il Professore — rende il Mago un megalomane, né più né meno che il GLM.
— Come? — disse il Mago, sorpreso. Il Pianto volante cantò delicatamente; il Mago distolse lo sguardo dallo schermo e ruotò sul seggiolino per accostarsi al quadro comandi e rispondere al messaggio sulla tastiera. Tornò nella posizione di prima; il Professore ruppe il silenzio.
— Ebbene?
— Ebbene, cosa?
— Cos’ha detto?
— Oh, due parole di cortesia. Una spaziolancia è entrata nel campo dell’analizzatore. — Alzò improvvisamente lo sguardo. — Cos’è questa storia che sono un megalomane?
— Quasar ha mai detto qualcosa che avesse un senso? — ribatté il Professore. — I suoi occhi si spalancarono, mentre lei toglieva di nuovo il cappuccio al tubetto di smalto. — No! Non farlo! Ritiro tutto, scusami…
— Non basta per ammansirmi.
— Vieni in cucina. No, meglio ancora, nella stiva. Nebraska ha messo laggiù tutto lo scotch.
— Mi trascinate in un carcere spaziale. Non mi permettete di fumare. E poi mi insultate. Per questo, inonderò tutto il Pianto volante di goccioline viola galleggianti.
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