Don si rivolse a Isobel.
«Figlia? Non mi avevi detto che il direttore era tuo padre.»
«Tu non me l’hai chiesto.»
«Ma… non importa. Lieto di conoscerla, signore.»
«Il piacere è mio. E adesso, a proposito di quel messaggio…»
«Non so per quale motivo Isobel mi abbia portato qui. Non posso pagarlo. Possiedo solo del denaro della Federazione.»
Il signor Costello si esaminò le unghie, e apparve in difficoltà.
«Signor Harvey, secondo i regolamenti io dovrei esigere un pagamento in contanti, per i messaggi interplanetari. Sarei più che lieto di accettare il suo denaro federale. Ma non posso; è contro la legge.» Fissò il soffitto, con aria pensierosa. «Naturalmente, c’è il mercato nero di valuta federale…»
Don fece un sorriso amaro.
«Già, l’ho scoperto anch’io. Ma il quindici, o perfino il venti per cento, sono un tasso troppo esiguo. Anche così, non riuscirei a pagare il mio radiogramma.»
«Venti per cento! Ma il tasso corrente è del sessanta per cento.»
«Davvero? Immagino di avere avuto l’aria di un allocco.»
«Non importa. Non le stavo suggerendo di rivolgersi al mercato nero. In primo luogo… signor Harvey, io mi trovo nella bizzarra posizione di rappresentare una corporazione della Federazione che non è stata espropriata, ma sono fedele alla Repubblica. Se lei uscisse di qui, e ritornasse tra qualche tempo con del denaro della Repubblica, invece che con banconote della Federazione, mi limiterei semplicemente a chiamare la polizia.»
«Oh, papà, tu non faresti mai una cosa simile!»
«Zitta, Isobel. In secondo luogo, non è bene, per un giovane, trattare simili affari. È pericoloso.» Fece una pausa. «Ma forse potremo escogitare qualcosa. Suo padre sarebbe disposto a pagare il messaggio, vero?»
«Oh, certamente!»
«Ma io non posso spedire un messaggio con tassa a carico del destinatario. Benissimo; mi compili una tratta a vista su suo padre, per l’importo; sono pronto ad accettarla come pagamento.»
Invece di rispondere immediatamente, Don rifletté sulla proposta. Pareva la stessa cosa che spedire un messaggio con tassa a carico del destinatario… cosa che lui era prontissimo a fare… ma cominciare a fare debiti a nome di suo padre, e senza che lui lo sapesse, non gli piaceva affatto.
«Ascolti, signor Costello, non le sarà possibile incassare una tratta, in ogni caso, con maggiore rapidità; perché invece non accetta un mio pagherò, che le salderò al più presto possibile? Non è meglio?»
«Sì e no. La sua cambiale equivarrebbe, semplicemente, a farle ottenere un servizio interplanetario a credito… esattamente quello che il regolamento proibisce. D’altra parte, una tratta su suo padre è un documento commerciale tecnicamente impeccabile, equivalente a una somma in contanti, anche se io non posso incassarla subito. Certo, una differenza da avvocato spaziale… ma si tratta precisamente della differenza tra quello che io posso e non posso fare, per tutelare gli affari della corporazione.»
«Grazie,» disse Don, lentamente. «Ma credo che aspetterò un poco. Forse potrò farmi prestare il denaro altrove.»
Il signor Costello guardò prima Don poi Isobel, e si strinse nelle spalle, con aria d’impotenza.
«Oh, mi dia il suo pagherò,» disse, spazientito. «Lo intesti a me, non alla compagnia. Potrà pagarmelo quando le sarà possibile.» Guardò di nuovo sua figlia, che stava sorridendo con aria d’approvazione.
Don compilò la cambiale. Quando Isobel e lui furono usciti, fuori della portata del padre della ragazza, Don disse:
«Sai, tuo padre ha fatto una cosa enormemente generosa.»
«Bah!» rispose lei. «Questo dimostra semplicemente fino a qual punto il padre di una ragazza può arrivare, per non rovinare le possibilità di sua figlia.»
«Uh? Cosa intendi dire?».
Lei gli sorrise.
«Niente. Niente di niente. Nonna Isobel ti stava prendendo in giro. Non prendermi mai sul serio.»
Anche Don le sorrise.
«E allora, dove ti posso portare? Andiamo dall’Olandese, a bere una coca?»
«Sei stato tu a convincermi.»
Quando fu di ritorno al ristorante, Don trovò, oltre all’inevitabile montagna di piatti da lavare, una discussione surriscaldata intorno alla legge sull’arruolamento obbligatorio che era in discussione agli Stati Generali. Rizzò subito le orecchie; se arrivava la chiamata alle armi, lui sarebbe stato una preda sicura, e voleva precedere gli arruolatori, presentandosi volontario per l’Alta Guardia. Il consiglio di McMasters sull’«unico sistema per arrivare su Marte» gli era rimasto in mente.
Quasi tutte le opinioni parevano in favore della coscrizione, né Don poteva fare delle obiezioni; gli pareva una decisione ragionevole, anche se lui ne avrebbe fatto le spese, con tutti gli altri giovani della sua età. Un ometto silenzioso ascoltò gli altri fino in fondo, poi si schiarì la voce:
«Non ci sarà nessuna coscrizione,» annunciò.
L’ultimo che aveva parlato, un co-pilota che portava ancora il triplice globo sul colletto, rispose:
«Eh? Cosa ne sa lei, piccoletto?»
«Un bel po’. Mi permetta di presentarmi… senatore Ollendorf della Provincia di CuiCui. In primo luogo, noi non abbiamo bisogno di una coscrizione; la natura della nostra disputa con la Federazione non è tale da richiedere l’impiego di un grande esercito. In secondo luogo, la nostra popolazione non ha il temperamento per adattarsi a una simile decisione. In virtù del drastico processo d’immigrazione selettiva, noi abbiamo, qui su Venere, una nazione di individualisti convinti, quasi al margine dell’anarchia. Nessuno sarà disposto ad accettare l’arruolamento forzato. In terzo luogo, i contribuenti non daranno alcun supporto a un esercito di massa; già adesso abbiamo più volontari che denaro per sostentarli. E in ultimo luogo, io e i miei colleghi bocceremo la proposta, in sede di votazione, in misura di tre contro uno.»
«Piccoletto,» si lamentò il co-pilota, «Ma perché diavolo si è disturbato a elencare le prime tre ragioni?»
«Stavo semplicemente esercitandomi nel discorso che intendo fare domani,» si scusò il senatore. «E ora, signore, poiché lei è un così acceso sostenitore della coscrizione, vuole dirmi, per favore, perché non si è arruolato nell’Alta Guardia? È evidente che lei è un uomo qualificato.»
«Be’, glielo dirò, proprio come lei mi ha detto i suoi motivi. Prima di tutto, io non sono un coloniale, così non è una guerra che mi riguardi. Secondo di tutto, questa è la mia prima vacanza, dal giorno in cui hanno escluso dal servizio le astronavi del tipo Cometa. E terzo, mi sono arruolato ieri, e mi sto bevendo il denaro ricevuto all’arruolamento, prima di presentarmi a rapporto. Questo la soddisfa, senatore?»
«Completamente, signore! Posso offrirle un buon bicchiere?»
«Il vecchio Charlie serve soltanto caffè… dovrebbe saperlo. Bene, prenda una tazza e ci dica cosa stanno cucinando nell’Isola del Governatore. Ci dia i dati dall’interno.»
Don tenne le orecchie bene aperte, e la bocca (come al solito) chiusa. Tra le altre cose, apprese per quale motivo la «guerra» non produceva azioni militari… all’infuori della distruzione di Circum-Terra. Non si trattava solo della distanza che, variando dai trenta milioni ai centocinquanta milioni di miglia rendeva, per dirla in tono blando, abbastanza scomode le comunicazioni militari; l’elemento più importante pareva la paura di una ritorsione, che aveva apparentemente prodotto una situazione di stallo.
Un sergente tecnico della Media Guardia spiegò la situazione a chiunque volesse ascoltarlo:
«Adesso vogliono tenere tutti svegli per metà della notte, con gli allarmi d’incursione dallo spazio. Scemenze! La Terra non attaccherà… i cervelloni che governano la Federazione sono più furbi. La guerra è finita.»
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