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Jack Vance: L'ultimo castello

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Jack Vance L'ultimo castello

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XVI

Lamentandosi pieni di rabbia per quello sforzo senza precedenti, gli Uccelli si diedero da fare tutta la notte per trasportare i nobili di Castel Hagedorn che, convinti dell’inevitabile fine della loro fortezza, si erano decisi a lasciar da parte ogni scrupolo e a combattere. Solo gli irriducibili tradizionalisti non si lasciarono convincere e Xanten li salutò gaiamente: — Rimanete pure, girate per il castello come ratti furtivi e consolatevi al pensiero di essere al sicuro: il futuro non vi riserva altro.

La maggior parte dei presenti se ne andò disgustata.

Quindi Xanten si rivolse ad Hagedorn.

— E voi cosa fate? Venite o restate qui?

Hagedorn sospirò, e quel sospiro parve un gemito.

— Castel Hagedorn è finito, vengo con voi.

XVII

La situazione si evolse improvvisamente. I Mek, che avevano occupato una vasta area intorno al castello, non avevano previsto una grande resistenza e non avevano neanche tenuto in considerazione le campagne. Nel costruire i loro depositi di sciroppo e le caserme avevano guardato soltanto alla comodità e non alla difesa. Così gli incursori riuscirono ad avvicinarsi, danneggiare e ritirarsi senza avere troppe perdite. I Mek più colpiti furono quelli che si erano appostati sul crinale settentrionale. Dopo ripetuti attacchi vennero respinti e molti di loro persero la vita. L’accerchiamento del castello si modificò e due giorni dopo la distruzione di altri due sacchi di sciroppo costrinse i ribelli ad arretrare ulteriormente. Si barricarono nelle gallerie che portavano alla base del lato meridionale del picco e la loro posizione era abbastanza sicura, ma invece di essere all’attacco si ritrovarono in posizione difensiva, nonostante gli energovagoni continuassero a trasportare roccia frantumata alla base del picco.

Concentrarono le scorte di sciroppo all’interno dell’area da loro difesa, insieme alle armi, alle munizioni e agli utensili, e la custodivano giorno e notte armati di pistole e di pallottole. Un attacco frontale era praticamente impossibile.

Gli incursori restarono per un intero giorno nascosti nei frutteti circostanti a valutare il da farsi, quindi idearono una nuova tattica. Sei carri leggeri, improvvisati al momento, vennero colmati di olio infiammabile collegato a una granata incendiaria. Durante la notte sessanta Uccelli li portarono sopra gli appostamenti dei Mek volando in alto, quindi si abbassarono di quota e lanciarono le bombe incendiarie. Subito la zona sottostante divenne un inferno di fiamme. I depositi andarono in fumo, gli energovagoni rotolarono frenetici travolgendo e schiacciando i Mek e aumentando ancora di più il terrore generato dall’incendio. I Mek sopravvissuti si rifugiarono nelle gallerie. La maggior parte dei riflettori che essi avevano installato per illuminare a giorno la zona dei depositi si spense e gli incursori se ne avvantaggiarono per attaccare. Dopo una lotta breve ma violenta gli uomini uccisero le sentinelle e arrivarono all’entrata delle gallerie. La rivolta sembrava ormai sotto controllo.

XVIII

Le fiamme si spensero. Gli uomini, trecento nobili del castello, duecento Espiazionisti e trecento Nomadi, si riunirono all’imboccatura della galleria e iniziarono a vagliare le varie soluzioni per annientare del tutto i Mek. Allo spuntare del giorno coloro che avevano lasciato ancora la famiglia nel castello andarono a prenderla e al ritorno portarono con sé anche un gruppo di gentiluomini tra i quali Beaudry, O.Z. Garr, Isseth e Aure. Il loro saluto fu freddo e distaccato, come se volessero tenere le distanze da coloro che, un tempo alla loro altezza, si erano umiliati mettendosi alla pari con i Mek in quella lotta.

— Cosa succederà adesso? — domandò Beaudry ad Hagedorn. Li avete intrappolati, ma non potete obbligarli a venire allo scoperto. Può darsi che là sotto ci siano delle scorte di sciroppo in origine destinate agli energovagoni che gli permetteranno di vivere per dei mesi.

O.Z. Garr, dopo aver guardato le cose dal punto di vista della teoria militare, propose un piano.

— Fate portare qui i cannoni e montateli sugli energovagoni. Non appena quei vermi si saranno indeboliti fate entrare i cannoni nelle gallerie e uccideteli tutti tranne quelli necessari per i lavori del castello. Prima ne avevamo quattrocento e ci basteranno ancora.

— Bene! — esclamò Xanten. — Mi compiaccio di informarla che questo non accadrà mai. Se qualcuno di loro sopravviverà, ci dovrà riparare le astronavi e insegnare a mantenerle in efficienza, quindi lo rispediremo sul suo pianeta d’origine insieme ai Contadini.

— Ma come pensate che potremo vivere così? — chiese freddamente Garr.

— Avete il generatore di sciroppo, fatevi dare un sacco e bevete quello.

Garr rovesciò la testa all’indietro e lo guardò gelidamente dall’alto in basso.

— Questo lo dite voi, solo voi, è il vostro insolente parere. Ma occorre ascoltare anche gli altri. Hagedorn, un tempo eravate nobile. Siete anche voi del parere che la civiltà debba finire?

— Non finirà — rispose Hagedorn — se tutti, voi incluso, ci daremo da fare per farla sopravvivere. Comunque non ci saranno più schiavi, ne sono convinto.

O.Z. Garr si girò sui tacchi e si diresse verso il castello, seguito da altri intransigenti tradizionalisti. Alcuni di loro si appartarono a confabulare lanciando occhiate torve a Xanten e Hagedorn.

All’improvviso si udirono delle grida dai bastioni.

— I Mek! Stanno invadendo il castello! Vengono dai passaggi più bassi! Attaccateli! Aiuto!

Gli uomini nella valle sollevarono gli occhi costernati e videro le porte del castello sul punto di chiudersi.

— Ma com’è possibile? — esclamò Hagedorn — eppure mi era sembrato che fossero entrati tutti nelle gallerie!

— E invece è tutto chiaro — spiegò Xanten amaramente. — Mentre minavano la base del picco sono arrivati fino ai livelli più bassi.

Hagedorn fece qualche passo in avanti, come se volesse attaccare da solo, poi si arrestò.

— Dobbiamo respingerli! Non possiamo lasciare che saccheggino il castello!

— E invece… — disse Claghorn — le mura ci impediscono di entrare, come lo impedivano ai Mek.

— Potremmo servirci degli Uccelli e non appena rafforzata la nostra posizione scacciarli e sterminarli.

Claghorn fece un cenno di diniego.

— Potrebbero aspettarci sulla terrazza di lancio e sui bastioni e abbattere gli Uccelli appena si avvicinano. Anche se riuscissimo ad atterrare, lo spargimento di sangue sarebbe immenso e per ogni loro morto ci sarebbe un caduto tra di noi… e i Mek sono molto più numerosi.

Hagedorn gemette.

— Il solo pensiero di quelle bestie che toccano le mie cose e si pavoneggiano con i miei vestiti mi fa venire la nausea!

— Ascoltatemi! — esclamò Claghorn mentre dall’alto si udivano le urla degli uomini e il crepitio dei cannoni a energia. — Alcuni stanno opponendo resistenza sui bastioni!

Xanten si avvicinò di corsa a un gruppo di Uccelli che, una volta tanto, se ne stavano in silenzio, impauriti.

— Portatemi sopra il castello, fuori tiro ma in modo che io possa vedere cosa succede.

— Stai attento — gracchiò uno degli Uccelli. — Lassù stanno succedendo cose orribili.

— Non vi preoccupate, portatemi sopra i bastioni!

Gli Uccelli lo sollevarono e si alzarono in cerchio sopra il picco del castello, a debita distanza per evitare le pallottole dei Mek. Vicino ai cannoni ancora in funzione si vedeva una trentina di persone, uomini e donne. I Mek erano ovunque, fra i Grandi Palazzi, nella Rotonda, in qualsiasi luogo non raggiungibile dai colpi dei cannoni. La piazza era colma di cadaveri: nobili, dame, ragazzi… tutti quelli che avevano deciso di rimanere al castello.

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