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Jack Vance: L'ultimo castello

Здесь есть возможность читать онлайн «Jack Vance: L'ultimo castello» весь текст электронной книги совершенно бесплатно (целиком полную версию). В некоторых случаях присутствует краткое содержание. Город: Milano, год выпуска: 1994, ISBN: 88-04-38222-8, издательство: Mondadori, категория: Фантастика и фэнтези / на итальянском языке. Описание произведения, (предисловие) а так же отзывы посетителей доступны на портале. Библиотека «Либ Кат» — LibCat.ru создана для любителей полистать хорошую книжку и предлагает широкий выбор жанров:

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Jack Vance L'ultimo castello

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— Se non ricordo male ci siamo già visti.

La ragazza gli rivolse un sorriso capriccioso e malinconico insieme.

— Ricordate benissimo. Ci siamo conosciuti ad Hagedorn, quando ero stata fatta prigioniera. E siete stato proprio voi a portarmi qui, anche se non vi avevo potuto vedere in faccia. — Gli tese il canestro. — Avete fame? Volete mangiare qualcosa?

Xanten prese una manciata di more. Venne a sapere che la ragazza si chiamava Glys Meadowesweet. Non si sapeva chi fossero i suoi genitori, ma quasi sicuramente appartenevano a una famiglia gentilizia di Castel Hagedorn che aveva avuto più nascite di quelle permesse dalle leggi. Xanten la guardò con attenzione ma non riuscì a trovare nessuna somiglianza.

— Magari venite da Castel Delora. Le uniche persone alle quali mi sembra che assomigliate sono i Cosanza di Delora… famosi per la bellezza delle loro donne.

— Siete sposato? — chiese la ragazza con semplicità.

— No — rispose Xanten, che aveva sciolto il suo legame con Araminta proprio il giorno innanzi — e voi?

La fanciulla scosse il capo.

— Se lo fossi, non mi troverei qua a raccogliere le more: questa incombenza spetta alle ragazze… Perché siete venuto fin qui?

— Per due motivi. Il primo è che volevo rivedervi. — Xanten si sorprese da solo a proferire quelle parole e la sua sorpresa fu ancora più grande quando si rese conto che era la verità. — Non abbiamo mai potuto parlare a lungo e mi domandavo se il vostro carattere rispecchia la vostra bellezza.

La ragazza alzò le spalle in un gesto che Xanten non riuscì a interpretare. A volte, i complimenti generavano delle spiacevoli circostanze.

— Lasciamo perdere. Il secondo motivo per cui sono venuto è che desidero parlare con Claghorn.

— È laggiù — lo informò Glys con una voce quasi fredda e allungando il braccio per indicargli la direzione. — Vive in quella casetta. — E ritornò al suo lavoro. Xanten fece un inchino e si incamminò verso il piccolo edificio.

Claghorn portava dei pantaloni grigi fatti a mano che gli arrivavano al ginocchio. Stava tagliando delle fascine per la stufa con un’ascia. Quando vide l’amico si fermò, si appoggiò all’ascia e si deterse il sudore dalla fronte.

— Xanten! Sono contento di vedervi. Come vanno le cose a Castel Hagedorn?

— Al solito, non c’è molto di nuovo da raccontare, anche se sono venuto proprio per darvi alcune notizie.

— Cosa? cosa? — Claghorn fece pressione sul manico dell’ascia fissando l’altro con i vivaci occhi azzurri.

— Durante il nostro ultimo incontro — gli rammentò Xanten — avevo accettato di interrogare il prigioniero. Mi è spiaciuto tantissimo che voi non foste presente, perché avreste potuto sciogliere molte delle ambiguità presenti nelle sue risposte.

— Dite — lo invitò Claghorn — forse potrò farlo ora.

— Alla fine della riunione sono andato subito nel magazzino dove il Mek era stato rinchiuso. Non aveva niente da mangiare. Gli ho offerto dello sciroppo e dell’acqua e lui ne ha bevuti alcuni sorsi, quindi ha chiesto dei molluschi tritati. Ho dato disposizioni agli sguatteri della cucina e il Mek ne ha ingoiati alcuni litri. Come sa già, si trattava di un Mek particolare, alto come me e privo del sacco dello sciroppo. L’ho portato in un altro locale, un magazzino pieno di mobili, e gli ho ordinato di sedersi.

«Ci siamo guardati a vicenda. Le antenne che gli avevo reciso stavano ricrescendo e forse era già in grado di ricevere i messaggi dei suoi compagni. Sembrava un essere superiore, non era ossequioso né rispettoso e rispondeva senza esitare alle mie domande.

«Innanzitutto gli ho detto che i nobili dei castelli erano rimasti stupefatti dalla loro ribellione, perché erano convinti che la vita dei Mek fosse soddisfacente: si erano forse sbagliati?

«Sono del tutto sicuro che mi abbia risposto: “Evidentemente”, anche se non avrei mai creduto che un Mek potesse usare un tono tanto asciutto e sarcastico.

«A questo punto gli ho domandato spiegazioni e la sua risposta mi ha a dir poco sbalordito. “Eravamo stanchi di affaticarci per voi, desideravamo condurre la nostra vita secondo i nostri principi tradizionali” mi ha detto. Non sapevo che avessero dei principi, tantomeno “tradizionali”.»

Claghorn fece un cenno d’assenso.

— Anch’io sono rimasto sorpreso dalla vastità della loro mentalità.

— Per quale motivo uccidere? per quale motivo distruggere la nostra vita per arricchire la loro, gli ho chiesto. Non appena formulate queste domande mi sono reso conto che avevo sbagliato tono e credo che anche lui se ne sia accorto. Comunque, la sua risposta è stata immediata: dovevano muoversi in fretta a causa del nostro protocollo. Avrebbero potuto andarsene su Etamin Nove, ma hanno preferito la Terra e hanno intenzione di impadronirsene completamente, creando le loro scivolovie, le vasche e le rampe.

«Fin qui mi sembrava tutto abbastanza chiaro, ma ho capito che dietro c’era molto di più e così ho replicato che per ottenere questo non era necessario distruggere tutto. Più semplicemente avrebbero potuto spostarsi altrove, e nessuno li avrebbe infastiditi. Secondo lui una situazione di questo tipo non era fattibile, perché un mondo è troppo piccolo per due razze in competizione e noi avremmo finito per rispedirli su Etamin Nove.

«Ho ribadito che tutto questo era semplicemente ridicolo e che io non ero pazzo, ma lui ha insistito nel dire che uno dei due contendenti per la carica di Hagedorn lo aveva promesso se fosse stato eletto.

«Ho cercato di spiegargli che si trattava di un grosso equivoco e che un solo uomo non poteva parlare per tutti, però non l’ho convinto, perché sosteneva che un Mek parla a nome di tutti e che loro pensano con una sola mente.

«Contento di aver chiarito l’equivoco gli ho detto che noi uomini pensiamo ognuno per conto suo e che non era affatto nostra intenzione quella di rimandarli su Etamin Nove. Non era possibile, adesso che tutto era stato spiegato, mettere fine alla ribellione?

«Mi ha risposto di no, perché ormai le cose erano andate troppo oltre, perciò la distruzione del genere umano sarebbe andata avanti. Un mondo solo era comunque troppo piccolo per due razze diverse.

«“Allora ti devo uccidere. Non che mi piaccia l’idea, ma tu se ne avessi la possibilità ammazzeresti il maggior numero possibile di uomini” gli ho detto. Mi è saltato addosso e sono riuscito ad ammazzarlo più facilmente che se fosse rimasto seduto a guardarmi.

«Questo è tutto. A quanto pare la colpa di tutto questo sfacelo è solo vostra e di O.Z. Garr. Non posso credere che sia stato O.Z. Garr, è impossibile, quindi siete stato voi, Claghorn! voi che dovete avere questo peso sulla coscienza!»

Claghorn abbassò gli occhi sull’ascia, corrugando la fronte.

— Sì, il peso, ma non la colpa. Il mio è stato un comportamento dettato dall’ingenuità, non dalla cattiveria.

Xanten indietreggiò.

— La vostra freddezza mi stupisce. Una volta, quando O.Z. Garr e gli altri, pieni di rancore, vi giudicavano pazzo…

— Calmatevi, Xanten! — esclamò Claghorn. — Stiamo andando troppo oltre. In che cosa ho sbagliato? Solo nell’aver osato troppo. Il fallimento è una cosa tragica, ma un volto tisico aleggiante sulla coppa del futuro è peggio ancora. Desideravo essere eletto Hagedorn e avrei rimandato gli schiavi nella loro patria. Non ce l’ho fatta e gli schiavi si sono ribellati. Non dite altro, per favore, mi annoiate. Non immaginate neanche quanto mi deprima vedervi lì con quegli occhi stralunati.

— Vi annoio? E non vi piace il modo in cui vi guardo?… ma… e le migliaia di morti? — urlò Xanten.

— Quanto sarebbe durata ancora la loro vita? La vita dell’uomo costa meno dei pesci del mare. Accettate un consiglio; lasciate perdere i vostri rimproveri e dedicate tutte le vostre forze a salvare voi stesso. Sapete, vero, che c’è un mezzo per farlo? Non capite? Vi garantisco che sto dicendo la verità, ma non vi dirò di più.

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