Quando l’ammiraglio Dominic Gordon tornò da Giove con un altro carico di materia prima, ormai negli Stati Uniti c’era già un governo in grado di funzionare al meglio. Piccoli quantitativi di materia prima potevano bastare per molto tempo, perché quel cibo era altamente nutritivo. Appena veniva scaricata dalla stiva della John F. Kennedy, l’atmosfera di Giove si trasformava in tonnellate e tonnellate di buon cibo.
L’industria spaziale incrementò la sua attività. I danni prodotti dalla guerra rallentarono la ripresa, ma lo spazio ormai era diventato un campo a cui si dava la precedenza assoluta. Vicino alla faccia nascosta della Luna si stava costruendo un’altra nave come la Kennedy. I piani di costruzione dell’astrocisterna furono dati ai governi della Gran Bretagna, del Giappone, della Germania e dell’Unione Sovietica, e nel giro di qualche mese anche questi paesi cominciarono a costruire astrocisterne. C’era un mucchio di spazio per costruirle vicino alla Luna.
Donare i piani di costruzione della Kennedy e distribuire gratistonnellate di carboidrati all’India, all’Africa e all’Asia fu un atto che il governo di Washington non compì senza prima essere sicuro di avere una contropartita. Nessuno dà niente per niente, e il prezzo fu imposto dal governo stesso, un governo deciso che funzionava con un Congresso che contava solo cinquantadue membri, uno per stato, in buona parte militari. La regola era che ogni paese industriale che voleva costruire un’ astrocisterna doveva prima istituire un programma molto rigido di controllo delle nascite. Nei paesi non industriali bisognosi di cibo, il governo doveva stabilire pene severe per chi non si atteneva alle regole del controllo demografico. La libertà di procreare fu definitivamente bandita, e quando succedeva che milioni di persone affamate protestassero, s’interrompevano gli invii di cibo, finché quelle stesse persone capivano l’antifona e obbedivano ai decreti del governo sul controllo delle nascite. Alla Borsa di New York,ititoli delle società produttrici di contraccettivi andarono alle stelle.
La democrazia parlamentare non era popolare, negli Stati Uniti. I politici, che per secoli si erano gingillati al governo senza risolvere nemmenoiproblemi più pressanti, furono rispediti a casa, a lavorare la terra e aiutare la ripresa dell’agricoltura, per la quale c’erano di nuovo speranze, ora che la manna proveniente dal cielo si era rivelata un eccellente fertilizzante. In realtà solo alcuni degli ex politici si diedero al lavoro manuale; la maggior parte di loro invece si misero in testa di fare il gentiluomo di campagna, e la cosa fece molto ridere quando venne raccontata alla stampa da J.J. Barnes, ministro dei Rifornimenti della Seconda Repubblica.
L’ammiraglio Gordon non era del tutto soddisfatto del nuovo governo di Washington, ma pensava che fosse il migliore che gli americani avessero avuto dall’epoca dell’ultimo dei Presidenti decisi, Harry Truman, che era stato in carica intorno alla metà del ventesimo secolo. Parlando con i suoi colleghi tradizionalisti, Dom aveva cominciato a coltivare la speranza che si potesse evitare una rigida dittatura militare e che sarebbe stato mantenuto un certo grado di libertà, da aumentarsi in futuro a poco a poco. Ma una cosa preziosa come il diritto di voto non sarebbe mai più stata estesa alla gente che viveva nell’ignoranza e nell’indolenza. Il diritto di voto sarebbe stato sì alla portata di tutti, ma ciascuno avrebbe dovuto guadagnarselo, e non con la ricchezza e la proprietà. Il diritto di voto avrebbe potuto essere esercitato solo da quelli che avessero dimostrato, tramite una prova scritta, di capire a fondo cosa significasse per un uomo libero scegliere. Il voto, in una parola, sarebbe stato di chi se lo meritava, e non un diritto concesso da Dio. Le elezioni in futuro non sarebbero state vinte dall’uomo più telegenico, né dall’uomo che doveva i suoi voti al fatto che suo padre e il padre dell’elettore erano da sempre populcratici.
L’ammiraglio Neil Walters condusse la Kennedy su Giove per la terza volta, dopo avere completato il collaudo della seconda delle enormi astrocisterne. L’ammiraglio Gordon, a bordo della New Republic, la gemella della Kennedy, fece le corse con lui nel lungo tragitto fino al pianeta gassoso, e vide con piacere la vecchia nave battere la nuova di due ore e trentadue minuti.
Fu un lungo viaggio noioso quello per Dom, perché Doris era sulla Terra, a progettare un computer che avrebbe collegato gli elettori qualificati a un centro per referendum di Washington. Quando Dom tornò con la sua nave sulla Luna, negli Stati Uniti già dieci milioni di cittadini si erano qualificati elettori ed erano in condizioni di far sentire la loro voce su tutti i problemi, non solo su quello dell’elezione del Presidente. A poco a poco si stava instaurando una nuova forma di governo del popolo, fatta dal popolo stesso.
Quando andò incontro alla nave spola che aveva appena riportato Dom sulla Terra, Doris era in alta uniforme. A Dom parve più bella che mai, e quando l’abbracciò sollevandola da terra trovò deliziosa toccarla e sentire l’odore della sua pelle. Aveva un programma in mente, che riguardava solo lui e Doris. Non vedeva l’ora di stare con lei in pace, senza nessuno attorno. Pensò che in futuro, se lei non fosse partita, non sarebbe partito nemmeno lui.
— Cerca di darti un po’ più di contegno, ammiraglio — disse Doris, sistemandosi l’uniforme che lui le aveva stropicciato. — Ci stanno riprendendo.
Dom alzò gli occhi e vide l’occhio di una telecamera.
— Di nuovo? — disse.
— Questa è una trasmissione speciale — disse Doris. — È stata tolta la censura dai mass media. Adesso abbiamo di nuovo una stampa libera, e la Tv vuole preparare un documentario esauriente sul primo volo della Kennedy.
— Dopo disse Dom, prendendo Doris per un braccio e cercando di condurla via.
— Gli ordini dall’alto sono di collaborare — disse Doris.
— J.J.? — chiese. Lei annuì.
— Oh, cavoli — disse Dom. — Che si faccia intervistare lui. Dài andiamo a casa.
Ma fu bloccato da un’altra telecamera e da una giovane donna. — Ammiraglio Gordon, non vi porteremo via molto tempo.
— D’accordo — disse Dom.
— Dite.
— Vorremmo girare parte del film sul luogo della costruzione — disse la giovane donna. Nello spazio vicino alla Luna stavano costruendo una terza astrocisterna. — Potremmo girarlo dopo che avrete avuto il tempo di riposarvi dal viaggio…
— Oh, come siete buoni — disse Dom.
John Marrow, l’uomo che doveva intervistare Dom, gli si mise alle costole. — Immagino che vogliate sapere cosa appare nel documentario prima dell’intervista — disse. — Ci vorrà solo un minuto. — Piazzò davanti a Dom un monitor portatile.
Il documentario si apriva con alcune immagini d’effetto, delle foto a distanza ravvicinata di Giove. Sovrapposta a quello sfondo c’era la sagoma della Kennedy. La voce narrante, quella di Marrow, raccontava come fosse ridotto il mondo all’epoca del primo viaggio della Kennedy e come uomini e donne coraggiosi si fossero imbarcati su una nave non collaudata per portare a termine una missione destinata a cambiare il mondo.
— A questo punto arriva l’intervista — disse Marrow. — cominciamo. — Si rivolse alle telecamere. — E adesso si sta finendo di costruire una terza astrocisterna del tipo Kennedy, nello spazio vicino alla Luna. Abbiamo qui con noi l’uomo che ha progettato la prima Kennedy, un uomo che è appena tornato dalla sua terza spedizione su Giove. I suoi amici lo chiamano Flash Gordon.
— Voi non siete un mio amico — disse Dom. — Per voi sono l’ammiraglio Gordon.
— Tagliate — disse Marrow.
— Scusate, ammiraglio. Proviamo un’altra volta? — Terminò la sua introduzione. — E adesso, ammiraglio Gordon, potete dirci quali sono i risultati del vostro ultimo viaggio su Giove?
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