Zach Hughes - Segnali da Giove

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Segnali da Giove: краткое содержание, описание и аннотация

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Da osservazioni raccolte sulla Terra risulta che nella bassa atmosfera di Giove è entrato qualcosa da cui cominciano a pervenire dei segnali. Un Ufo? La deduzione sembrerebbe inevitabile dal momento che nessuna astronave terrestre è ancora mai penetrata laggiù. Ma Zach Hughes — autore dell’indimenticabile Il campo degli Ufo e specialista di fantascienza spaziale non può certamente accontentarsi di una spiegazione così semplice…

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Il computer fornì i dati sull’angolo di salita, gli incrementi di energia, i tempi di realizzazione e i dispositivi automatici passarono i dati al motore. Neil seguì le varie fasi col comando manuale, per sentire più tangibilmente quello che succedeva alla nave. Il ronzio interno della nave cambiò un po’. L’accelerazione in un primo tempo fu lieve, percepibile solo dagli strumenti. La nave si spostò lentamente in su. L’atmosfera offriva troppi ostacoli perché la Kennedy potesse andare a tutta forza. Il volo all’insù fu quindi lento e tedioso, controllato da migliaia di strumenti che andavano dai congegni per la misurazione della temperatura dello scafo alle trappole al neutrino che misuravano l’efficienza dei motori nucleari.

Era una cosa meravigliosa quella nave, stava pensando Neil. Aveva pilotato tutti i vari tipi di nave costruiti negli Stati Uniti, e anche alcune delle navi costruite altrove, ma mai aveva volato su una meraviglia come quella.

— Sei un progettista fantastico — disse a Dom con un sorriso.

Dom fece un sorriso cupo. Essere lodati da un uomo come Neil era piacevole, ma era pur sempre una magra consolazione. Certo, Dom era orgoglioso che il suo lavoro e le sue idee avessero dati buoni frutti, e che il progetto avesse avuto successo. Non c’era un’altra nave che fosse all’altezza della Follia.

Già, pensò Dom. Stava di nuovo pensando ad essa come alla Follia, non più come alla Kennedy. La follia di J.J.

La tensione che c’era in sala di controllo non derivava soltanto dal fatto che si era nella fase delicata in cui bisognava portare la nave fuori dall’atmosfera di Giove senza causare danni allo scafo carico e senza bruciare qualche motore per la troppa energia. In realtà, la salita durò tanto che divenne quasi lavoro di routine; era piuttosto la presenza di J.J., a causare tensione nell’equipaggio. Dom era profondamente deluso. Solo quando J.J. aveva fatto il suo annuncio a sorpresa lui si era reso conto di avere puntato tutto su quella nave aliena. C’era un elemento personale, nella sua delusione. Era stato ingannato, gli avevano fatto credere che si trattasse di una sorta di favolosa caccia al tesoro, e che il tesoro potesse essere la propulsione iperveloce. Invece, non c’era traccia di tesori. Gli avevano promesso le stelle, e invece il carico era una zuppa di gas compressa dentro la stiva della Follia.

Se il mondo non fosse stato quello che era, la Follia avrebbe potuto essere costruita per il puro amore della ricerca; per dimostrare che era possibile andare su Giove, per prendere campioni della sua atmosfera, per aggiungere semplicemente altre nozioni al patrimonio della conoscenza. Se il mondo non fosse stato quello che era, però, ci sarebbe anche stata abbondanza di cibo. E invece questo non si verificava da decenni, sulla Terra.

Sui tempi lunghi, anche la ricerca pura serviva. I motori all’idrogeno della Follia erano stati concepiti ai primi stadi del programma spaziale. Le fotografie fatte durante il primo esperimento Skylab, un progetto di ricerca pura, avevano dato agli astrofisici nuove e sorprendenti informazioni sul Sole. I quesiti nati intorno all’idea tradizionale che si aveva dell’energia solare già negli anni Settanta avevano portato alla scoperta che adesso permetteva alla Follia di opporsi alla forza gravitazionale di Giove. Se gli scienziati che facevano ricerca pura in un osservatorio dell’Arizona non avessero scoperto che l’intero disco del Sole pulsava, le teorie che avevano reso la propulsione all’idrogeno una realtà non sarebbero state formulate. Sotto il profilo del lungo termine, il progetto Skylab era valso la pena, ma nonostante ciò c’erano persone che sbraitavano contro le spese eccessive per lo spazio e pretendevano invece che si distribuissero burro o Cadillac a quel gruppo di fannulloni che costituisce la parte più purulenta della società umana.

Era un modo di pensare da reazionario, si disse Dom. I poveri sono sempre esistiti, in tutte le società. Dom non era abbastanza di destra per dimenticarli, specie considerando che presto sarebbe stato uno di loro, e che avrebbe sofferto la fame assieme a loro. Cos’era che non aveva funzionato? Tutto quello che Dom voleva era lavorare nello spazio, magari fare qualcosa per favorire il controllo demografico, e magari anche aiutare l’uomo a fuggire dal suo pianeta sovraffollato verso pascoli più ricchi.

Dom, che aveva progettato la Follia, adesso si sentiva in colpa. Per costruire la Kennedy erano stati spesi tanti soldi, che col loro equivalente si sarebbero ingrandite di dieci volte le miniere su Marte, permettendo così una produzione di fosfati sufficiente a rendere fertili metà delle terre agricole del mondo. Si era raggiunto un obiettivo che giovava alla scienza pura, ma che era stato conseguito a spese di molti progetti più importanti. Una volta che tutta la storia della Follia fosse stata resa nota, per il programma spaziale sarebbe stata la fine. Anche se la guerra civile fosse stata vinta dal governo, finché fossero esistite persone affamate le critiche a quel progetto sarebbero continuate.

Per un attimo Dom si chiese se non sarebbe stato meglio che lo scafo cedesse o che un razzo si bruciasse, e che la Follia implodesse e non fosse mai più vista da occhio umano. Ma anche se la nave fosse scomparsa, della sua esistenza ormai si sapeva. Morta o viva, la nave, l’ultimo gioiello delMINES.sarebbe stata uno strumento nelle mani degli oppositori dello spazio, che si adoperavano per paralizzare il programma spaziale. E forse, portando come esempio lo spreco che era stata la Follia, sarebbero riusciti a paralizzarlo per decenni e magari per sempre.

Dom andò nella sua cabina, mentre Neil faceva passare la nave attraverso la zona sottile di ammoniaca ghiacciata degli strati più esterni. Dalla sua cuccetta sentì il ronzio dei motori che spingevano la nave oltre i satelliti solitari. I motori erano così potenti, che la Kennedy non risentiva nemmeno del peso della zuppa gioviana nella stiva.

Dom sentiva tutta la propria responsabilità in quell’impresa. Tornò nella sala di controllo, chiamò la nave pattuglia e disse: — Abbiamo finito. Siamo diretti a casa. Avete combustibile per il viaggio fino a Marte?

— Affermativo — fu la risposta. — Congratulazioni J.F.K.

Dom fece una smorfia e non ringraziò. Ora sentiva l’accelerazione. Si sentiva stanco. Per quanto lo riguardava, la nave avrebbe potuto essere lasciata ai suoi automatismi, in modo che procedesse da sola. Al momento provava disinteresse per tutto. Pensò alla guerra, agli americani che uccidevano degli americani. Cercò di immaginare l’impatto che avrebbe avuto la notizia che la missione della Follia, per la quale erano stati spesi tanti miliardi, era un fallimento. Anzi, più che un insuccesso, uno spreco. La notizia non si sarebbe potuta tenere nascosta per molto. Un’organizzazione che era riuscita a fare infiltrare un suo fanatico nella base di Marte, che era la roccaforte più sicura delMINES.avrebbe potuto senz’altro carpire la notizia che la Follia aveva compiuto una missione del cavolo ed era tornata indietro con un carico di gas dannosi presi all’interno dell’atmosfera di Giove.

Dom tornò nella sua cabina e si lasciò cadere pesantemente sulla cuccetta. Doris era ancora al posto di lavoro e ci sarebbe rimasta finché il piano di volo non fosse stato completato e controllato più volte. Bussarono alla porta della cabina.

J.J. fece capolino. — Posso parlarti un attimo, Flash?

— Non mi va molto in questo momento — disse Dom.

J.J. si chiuse la porta alle spalle. — È stato uno sporco giochetto, vero?

— J.J., vattene per favore, eh?

— Fra un attimo — disse J.J., sedendosi. — Vuoi darmi un pugno, così poi ti senti meglio?

— Non tentarmi.

— Non ti metterei nemmeno a rapporto — disse J.J. — Sei disposto ad ascoltare, o stai ancora crogiolandoti nel tuo dolore?

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