Jensen era sorprendentemente forte. La pistola esplose un colpo a pochi centimetri dall’orecchio di Dom, che per un attimo rimase assordato. Con uno sforzo supremo, Dom inchiodò la mano di Jensen sul ponte. Jensen gli diede un pugno, e Dom vide le stelle e cominciò a sanguinare dal naso. Jensen era accanto al pannello comandi.
— Fate una mossa, Gordon — ansimò Paul — e tutta la nave salta in aria. — Teneva la mano sopraicomandi manuali.
— Ho manomessoidispositivi di sicurezza. Se sovraccarico l’impianto, la nave diventerà un’ autentica bomba.
— Morirete anche voi con gli altri — disse Dom.
— Non desidero che muoia nessuno.
— Si può sapere che cosa vo4ete, allora?
— Un paio d’ore. Il tempo necessario perché si vuoti la stiva.
— Perché vi pare una cosa così importante? — chiese Dom.
— Siete per caso matto anche voi?
— Perché mi pare importante? Perché l’intero sistema sociale è corrotto — disse Jensen.
— Perché è ora di cambiarlo.
— Avete gettato la maschera per niente, Paul — disse Dom.
— D’altra parte, ho sempre pensato che i terristi fossero pazzi.
— Siete voi il pazzo — disse Paul. — Adesso ascoltatemi bene. Non voglio morire, non adesso che stiamo vincendo, ma morirò, se sarà necessario. Voglio che andiate piano piano fin là, che prendiate la pistola dalla parte della canna, e che me la diate.
— Posso dire una cosa, prima?
— Se vi sbrigate.
— Paul, non m’interessa un tubo se vuotate la stiva. Mi volete credere? Me ne infischio nel modo più assoluto. Non ho intenzione di morire solo per cercare di salvare un campione di atmosfera di Giove. Sarebbe interessante analizzarlo, ma non è che mi vada molto di morire; soprattutto non mi va di morire per una semplice curiosità scientifica. Allora, fatemi un favore e non fatevi prendere dal panico, va bene? Non commettete una sciocchezza. Forse avete ragione quando dite che state vincendo. Una volta che la nave sarà tornata indietro, probabilmente non andrà mai più nello spazio. Ha fatto di più J.J. per distruggere il programma spaziale di tutti voi terristi in cinquantanni. Quando assumerete il controllo del paese, dovrete dargli una medaglia. Quello che voglio dire è che il danno ormai è fatto. Perché non torniamo a casa tutti insieme, pacificamente?
— Fate come vi ho detto, se volete questo.
— D’accordo. Mi muoverò piano e non tenterò trucchi. — Dom si chinò a raccogliere la pistola e fece per rialzarsi.
— Se fate una mossa veloce faccio saltare in aria la nave — disse Jensen.
— Sì, lo so — disse Dom. — Mi sto muovendo pianissimo. — S’incamminò molto lentamente, tenendo la pistola per la canna, davanti a sé. Jensen lo guardò nervoso, umettandosi le labbra. Continuava a tenere una mano sopra quella leva che, se i dispositivi di sicurezza erano stati davvero manomessi, avrebbe fatto esplodere i motori e trasformato per un attimo la Kennedy in una stella incandescente.
— Ecco qui — disse Dom. — Tenetela. — Jensen guardò la pistola e si protese leggermente in avanti. Essendo appena un po’ sbilanciato, avrebbe dovuto fare un movimento in due tempi per tirare fino in fondo la leva. E nessun uomo al mondo poteva fare due mosse nella frazione di tempo in cui Dom ne faceva una. Dom afferrò la pistola e sparò prima che Jensen avesse il tempo di muovere un dito. La mano di Jensen fu troncata all’altezza del polso e non riuscì ad abbassare la leva che avrebbe fatto esplodere la nave. Jensen aprì la bocca e urlò, ma nonostante il dolore e lo shock mostrò di essere ben addestrato alla lotta, perché immediatamente allungò l’altra mano verso la leva. Stava quasi per arrivarci, quando Dom sparò ancora, colpendolo in pieno viso. Non ci fu bisogno di sparare una terza volta.
Dom guardò Jensen e si rese conto che non era ancora morto. La creatura che si stava contorcendo nell’agonia della morte non sembrava più un essere umano.
Dom esaminò in fretta il pannello dell’equilibramento della pressione e vide che era stata gettata solo una piccolissima parte del carico. Chiuse i fori di scarico e cominciò a guardare se Jensen avesse effettivamente manomesso i dispositivi di sicurezza del motore. In quel momento si aprì il portello, e piombarono dentro Neil e J.J.
— Tutto bene — disse Dom.
— Basta non aumentare l’energia finché non si siano fatte le necessarie riparazioni.
— Cos’è successo? — disse Neil.
— Stava buttando nello spazio la broda di J.J. — disse Dom. — Era un terrista.
Con un grido di apprensione, J.J. si precipitò a guardare il pannello e a controllare il contenuto della stiva. Quando vide che solo una minima parte del carico era andata persa, disse:
— Ancora una volta ti devo molto, Flash.
— Non l’ho fatto per salvare la tua brodaglia — disse Dom.
— L’ho fatto perché non volevo lasciare la mia vita e la vita degli altri nelle mani di un pazzo.
— Avrai quella promozione, Flash — disse J.J.
— Va’ al diavolo — disse Dom. — Tu e Art fate pulizia.
— Indicò il cadavere. — Aiuterò Neil a fare le riparazioni.
Ellen si mise al lavoro con Dom e Neil, e si dimostrò piuttosto brava con gli arnesi. Lavorando, Dom riuscì a non pensare alla follia di J.J. Quando ebbero finito, parecchie ore dopo, era stanco e sporco e non vedeva l’ora di farsi un bagno e una dormita di dieci ore. Stava proprio per mettersi a dormire, quando entrò nella sua cabina J.J., non invitato.
— Jensen è nella cella frigorifera — disse. — Ci sarà un’inchiesta, quando torneremo.
Dom annuì.
— Ho passato un po’ di tempo in cambusa, Flash.
Dom si tirò su a sedere. J.J. prese un vassoio da un carrello che era nascosto dietro le sue spalle, e porse a Dom una tazza di caffè.
— Zucchero? Panna? — gli chiese, tutto gentile.
Dom scosse la testa.
— Prova questo — disse J.J., alzando il coperchio di un vassoio d’argento sul quale c’erano pezzettini di qualcosa che somigliava molto al burro.
— Che roba è?
— Tu prova a mangiare. — J.J. prese un pezzetto di quella sostanza e se lo infilò in bocca.
Dom ne prese uno a sua volta e lo guardò. Era leggermente granuloso e al tatto era soffice come pane bianco. Lo assaggiò poco convinto, poi ne prese un bel boccone e lo masticò con aria pensierosa. Non somigliava a nessuna delle cose commestibili che conosceva; aveva un buon sapore, sano, dolce, gradevole.
— Adesso vuoi stare ad ascoltarmi un attimo, Flash? — disse J.J., con un gran sorriso.
— J.J. — disse Dom — devo ammettere che a questo punto ti sei guadagnato tutta la mia attenzione.
I carboidrati non saranno il cibo più sano, quando sono il punto centrale di una dieta, ma gli affamati non si preoccupano tanto di fare una dieta sana, quanto di riempire la pancia. I carboidrati sono utilizzabili facilmente dal corpo e hanno un alto contenuto energetico. Quando si mangiano carboidrati, il livello dello zucchero nel sangue sale immediatamente, e ci si sente subito più in forza.
In un primo tempo fu necessario il razionamento, ma, razionamento o no, quando tonnellate di carboidrati cominciarono a essere trasportate dalla Luna alla Terra per rimediare alla sempre maggiore scarsità di cibo, fu chiaro che nella battaglia contro la fame era stato raggiunto un traguardo importantissimo.
Le prime volte non si badò molto all’igiene. Piccole razioni di carboidrati vennero distribuite sia ai combattenti sia ai civili che non si facevano un problema della pulizia, ma si preoccupavano solo che il cibo, in forma di stecche mal tagliate, avesse un buon sapore.
In seguito, quando il paese cominciò a tornare alla normalità e le truppe del Fronte Unito di Shaw furono a poco a poco respinte nella California del sud e sterminate le razioni vennero racchiuse in involti igienici accuratamente pesate, ma distribuite però in abbondanza.
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