«E adesso andiamo a spegnere quei maledetti fari» bisbigliò Markham.
La battaglia fu breve e non molto spettacolare, ma per l’Esercito di Liberazione fu incalcolabile.
Gli androidi non si erano aspettati che i fuorilegge, uomini soliti a fuggire, attaccassero. Del resto non se l’aspettavano neanche i Fuggiaschi. Gli androidi, inoltre, avevano pensato solo in termini di inseguimento. Non era venuto loro nemmeno il sospetto che potesse esserci bisogno di una difesa sistematica, finché parecchie cose insolite non cominciarono a verificarsi. Ma ormai, era troppo tardi.
Il primo episodio degno di nota fu una sventagliata abile partita dalla mitraglia di Towne. Venne colpita la pila d’energia di un androide che avanzava: l’androide esplose mandando uno spettacolare bagliore.
Ci fu un parlottare sommesso. Poi, mentre gli altri androidi avanzavano in gruppo verso i fuochi, le raffiche delle due mitraglie li attaccarono da due lati. Nel frattempo Markham e Paul Malloris erano filtrati attraverso la seconda linea degli androidi ed erano arrivati a tiro di granata dai fari.
La prima granata di Paul mancò il bersaglio e demolì due eliauto posti nelle vicinanze. La seconda frantumò un faro prima che gli androidi sorpresissimi potessero raccapezzarsi, e la terza frantumò contemporaneamente i due fari che restavano. Ma poi gli androidi si riebbero e le torce a mano fecero piovere i loro sottili raggi di luce nell’aria immediatamente circostante. Un raggio illuminò Paul, e immediatamente si udirono due tonfi sordi.
Paul cadde al suolo pesantemente. «Dardo paralizzatore» balbettò. «Braccio sinistro... Lasciami. Attento ai gas.»
Freddamente e sistematicamente, Markham cominciò a sparare contro gli androidi muniti di torcia. Ma oramai era stato individuato, e i paralizzatori sibilavano attraverso il buio e crepitavano tra l’erba dove lui si teneva sdraiato vicino a Paul ormai privo di conoscenza.
La sua unica speranza, si disse, era fingere di essere stato colpito. Smise di sparare, e pregò di non essere la vittima di un dardo fortunato. Ma i tre androidi restanti cominciarono ad avanzare: convergevano, e questo fu il loro errore. Appena furono sufficientemente vicini, Markham inviò loro la granata che gli rimaneva ancora. Ci fu una triplice esplosione accecante, mentre la granata faceva saltare due delle capsule di energia degli androidi. Poi tornò l’oscurità, e un breve silenzio. Un momento dopo, al di là degli alberi, altre granate cominciarono ad esplodere. Le mitragliatrici non tacevano un istante. Sforzando la vista, Markham credette di vedere altri androidi che si profilavano contro il rosso dei fuochi nel tentativo di sfuggire all’imboscata.
Dal modo come si mettevano le cose, era chiaro che tra poco gli androidi rimasti, ammesso che ce ne fossero, sarebbero tornati ai loro eliauto. Meglio rimuovere dall’area Paul, sempre senza conoscenza. Con uno sforzo, Markham si issò l’amico sulle spalle e si rimise penosamente in piedi.
Dieci minuti dopo la battaglia era finita. Pochi androidi se l’erano cavata, i loro mezzi di trasporto erano stati tutti messi fuori uso. Ci sarebbe voluto parecchio tempo prima che gli androidi potessero ricevere rinforzi.
Quando Markham arrivò faticosamente, con Paul in spalla, dove c’erano gli altri, il massacro degli androidi era stato portato a termine.
C’era soltanto un altro infortunato, Corneel Towne, colpito anche lui da un dardo paralizzatore.
«Resteranno svenuti per un paio d’ore» disse il professor Hyggens «e poi si sveglieranno con un mal di testa mai provato. Allora, John, cosa ne pensi della tua Armata di Liberazione?»
«Abbiamo usato troppe munizioni» disse Markham, sorridendo.
«C’è un bel numero di androidi massacrati là fuori» disse Helm Crispin.
«Comunque abbiamo usato troppe munizioni. Ora ho bisogno di sapere alcune cose. Su quanti uomini della Repubblica possiamo contare nel caso in cui decidessimo una sollevazione, quante armi sono disponibili, in quanto tempo possono essere distribuite, quanto sono efficienti le nostre linee di comunicazione.»
«Si può contare su settecento uomini» rispose Hyggens. «Ma quando si spargerà la voce di questa scaramuccia, il numero raddoppierà. La gente non ha bisogno d’altro che di fiducia e di un capo. Ora ha l’uno e l’altro.»
«Bene. Professore, voi li organizzerete in gruppi di cento, ciascun gruppo con un capitano che dia affidamento. E Corneel Towne sarà responsabile del loro armamento. Solo granate e armi leggere. Poi ci occorrono cinquanta uomini addestrati all’uso degli esplosivi.»
«Quanto tempo abbiamo davanti a noi?» chiese Helm Crispin.
«Non ne abbiamo» rispose Markham. «Solomon capirà che ormai facciamo sul serio. E a sua volta organizzerà un esercito, si capisce. Solo che la prossima volta non verranno coi paralizzatori e con i gas. Avranno armi mortali. A proposito, professore, ho un messaggio per voi del Presidente Bertrand. Dice che non potete sperare che i miracoli si ripetano all’infinito. Faccio mie queste parole. D’ora in poi, considerate ogni errore come potenzialmente fatale.»
«E io ho un messaggio per il Presidente Bertrand» disse calmissimo il professore. Sorrise. «Forse la figlia glielo porterà da parte tua. Secondo le mie informazioni, Solomon sta riprogrammando tremila androidi per omicidio. Non credo che Clement lo sappia. Non glielo permetterebbe, se lo sapesse.»
Markham rimase un momento silenzioso. «Speravo che avremmo avuto un intervallo di almeno tre mesi per la preparazione» disse. «Ma ora dovremo lavorare sui minuti. In quanto a organizzarsi, Solomon può batterci per rapidità e qualità, anche se avessimo a disposizione anni.» Un pensiero parve colpirlo. «Il Natale è ancora di moda? Lo si celebra ancora?»
Helm Crispin scosse la testa. «Il Natale è sparito da tanto tempo, insieme con la Cristianità. Ora la grande festa è il Capodanno, la vigilia e il primo dell’anno sono riuniti in un’unica grande festa.»
«Abbiamo dunque cinque settimane di tempo» disse Markham deciso. «Perché, signori miei, noi ci solleveremo la notte di Capodanno. Ora, poiché sono l’unico che è ancora iscritto nell’Elenco, potrà farmi comodo restare un cittadino rispettabile ancora per un po’. Sarà meglio fissare un rapido ed efficace mezzo di comunicazione, dopo di che tornerò in Knightsbridge. Potrebbero venire visitatori!»
Ma prima di andarsene, disse loro tutto su Marion-A. Dapprima rimasero increduli, e il professor Hyggens si rifiutò assolutamente di credergli. Asserì anzi che Marion-A stava semplicemente seguendo un piano molto sottile per il quale Solomon doveva averla doppiamente programmata.
Helm Crispin ascoltò in silenzio lo scambio di battute tra Markham e il professor Hyggens, poi disse: «Ho la curiosa sensazione che John abbia ragione. Gli androidi accumulano dati per esperienza, come noi. Se quello che John dice è vero, allora lui ha fornito a Marion-A dati che lei non era in grado di assimilare. Questo potrebbe infrangere l’orientazione di un androide.»
«È così» disse Markham. «Sono pronto a giocarmi il collo per lei.»
Il professore sospirò, stanco. «A quanto pare è quello che dovremo fare tutti.»
«Non è troppo tardi perché vi scegliate un nuovo capo» osservò Markham.
«No, eh?» esclamò il professore. «Sai benissimo che invece è tardi, John. Hai appena dimostrato di essere il capo di cui abbiamo bisogno.»
«E allora dovete seguirmi dove dico io.»
«Napoleone!» disse il professore, facendo una smorfia.
«Appunto.»
«Hai vinto. Ci sei indispensabile.»
«Spero che vinceremo tutti» disse Markham.
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