Edmund Cooper - Uomini e androidi

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Uomini e androidi: краткое содержание, описание и аннотация

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Nel sottosuolo vicino a Londra viene scavato un immenso magazzino dove, grazie a opportuni accorgimenti, potranno essere conservati enormi quantitativi di generi alimentari. Lo scopo dell’impresa è quello di preservare le scorte di cibo da un inquinamento radioattivo, nel caso che si scateni una guerra atomica. Dei lavori si è interessato l’ingegnere John Markham. Così, quando viene segnalata una irregolarità negli impianti elettronici, è Markham a scendere nei sotterranei per un controllo. A un tratto, una scossa violentissima, seguita da altre, poi un crollo improvviso. L’ingegnere pensa a un terremoto o a un errore di costruzione. Comunque, lì vicino c’è una delle tante nicchie col telefono collegato all’esterno. Vi arriva scavalcando i detriti, ma l’apparecchio non funziona. Be’, si tratterà di aspettare un po’. Fuori si accorgeranno che è successo qualcosa e scenderanno a cercarlo. E deve proprio essere andata così perchè Markham, adesso, è in un lettino. Si sente un po’ debole ma è sano e salvo. Però ha freddo. Molto freddo. E quella donna che si china su di lui è Katy! No, non è lei. Ma Dio Santo come le assomiglia. E quello strano dottore che dice cose tanto strampalate... Insomma, affrettatevi a leggere questo romanzo per poter dire a John Markham dove esattamente si trova e cosa gli è successo.

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«E adesso andiamo a spegnere quei maledetti fari» bisbigliò Markham.

La battaglia fu breve e non molto spettacolare, ma per l’Esercito di Liberazione fu incalcolabile.

Gli androidi non si erano aspettati che i fuorilegge, uomini soliti a fuggire, attaccassero. Del resto non se l’aspettavano neanche i Fuggiaschi. Gli androidi, inol­tre, avevano pensato solo in termini di inseguimento. Non era venuto loro nemmeno il sospetto che potesse esserci bisogno di una difesa sistematica, finché parec­chie cose insolite non cominciarono a verificarsi. Ma ormai, era troppo tardi.

Il primo episodio degno di nota fu una sventaglia­ta abile partita dalla mitraglia di Towne. Venne col­pita la pila d’energia di un androide che avanzava: l’androide esplose mandando uno spettacolare baglio­re.

Ci fu un parlottare sommesso. Poi, mentre gli altri androidi avanzavano in gruppo verso i fuochi, le raf­fiche delle due mitraglie li attaccarono da due lati. Nel frattempo Markham e Paul Malloris erano filtra­ti attraverso la seconda linea degli androidi ed erano arrivati a tiro di granata dai fari.

La prima granata di Paul mancò il bersaglio e de­molì due eliauto posti nelle vicinanze. La seconda frantumò un faro prima che gli androidi sorpresissimi potessero raccapezzarsi, e la terza frantumò contempo­raneamente i due fari che restavano. Ma poi gli an­droidi si riebbero e le torce a mano fecero piovere i loro sottili raggi di luce nell’aria immediatamente circostante. Un raggio illuminò Paul, e immediata­mente si udirono due tonfi sordi.

Paul cadde al suolo pesantemente. «Dardo paralizzatore» balbettò. «Braccio sinistro... Lasciami. Atten­to ai gas.»

Freddamente e sistematicamente, Markham comin­ciò a sparare contro gli androidi muniti di torcia. Ma oramai era stato individuato, e i paralizzatori sibila­vano attraverso il buio e crepitavano tra l’erba dove lui si teneva sdraiato vicino a Paul ormai privo di co­noscenza.

La sua unica speranza, si disse, era fingere di essere stato colpito. Smise di sparare, e pregò di non essere la vittima di un dardo fortunato. Ma i tre androidi re­stanti cominciarono ad avanzare: convergevano, e que­sto fu il loro errore. Appena furono sufficientemente vicini, Markham inviò loro la granata che gli rimane­va ancora. Ci fu una triplice esplosione accecante, men­tre la granata faceva saltare due delle capsule di ener­gia degli androidi. Poi tornò l’oscurità, e un breve si­lenzio. Un momento dopo, al di là degli alberi, altre granate cominciarono ad esplodere. Le mitragliatrici non tacevano un istante. Sforzando la vista, Markham credette di vedere altri androidi che si profilavano contro il rosso dei fuochi nel tentativo di sfuggire al­l’imboscata.

Dal modo come si mettevano le cose, era chiaro che tra poco gli androidi rimasti, ammesso che ce ne fos­sero, sarebbero tornati ai loro eliauto. Meglio rimuo­vere dall’area Paul, sempre senza conoscenza. Con uno sforzo, Markham si issò l’amico sulle spalle e si rimise penosamente in piedi.

Dieci minuti dopo la battaglia era finita. Pochi an­droidi se l’erano cavata, i loro mezzi di trasporto era­no stati tutti messi fuori uso. Ci sarebbe voluto parec­chio tempo prima che gli androidi potessero ricevere rinforzi.

Quando Markham arrivò faticosamente, con Paul in spalla, dove c’erano gli altri, il massacro degli an­droidi era stato portato a termine.

C’era soltanto un altro infortunato, Corneel Towne, colpito anche lui da un dardo paralizzatore.

«Resteranno svenuti per un paio d’ore» disse il professor Hyggens «e poi si sveglieranno con un mal di testa mai provato. Allora, John, cosa ne pensi del­la tua Armata di Liberazione?»

«Abbiamo usato troppe munizioni» disse Mar­kham, sorridendo.

«C’è un bel numero di androidi massacrati là fuo­ri» disse Helm Crispin.

«Comunque abbiamo usato troppe munizioni. Ora ho bisogno di sapere alcune cose. Su quanti uomini della Repubblica possiamo contare nel caso in cui de­cidessimo una sollevazione, quante armi sono dispo­nibili, in quanto tempo possono essere distribuite, quanto sono efficienti le nostre linee di comunicazione.»

«Si può contare su settecento uomini» rispose Hyg­gens. «Ma quando si spargerà la voce di questa scara­muccia, il numero raddoppierà. La gente non ha biso­gno d’altro che di fiducia e di un capo. Ora ha l’uno e l’altro.»

«Bene. Professore, voi li organizzerete in gruppi di cento, ciascun gruppo con un capitano che dia affida­mento. E Corneel Towne sarà responsabile del loro armamento. Solo granate e armi leggere. Poi ci occor­rono cinquanta uomini addestrati all’uso degli esplo­sivi.»

«Quanto tempo abbiamo davanti a noi?» chiese Helm Crispin.

«Non ne abbiamo» rispose Markham. «Solomon capirà che ormai facciamo sul serio. E a sua volta or­ganizzerà un esercito, si capisce. Solo che la prossima volta non verranno coi paralizzatori e con i gas. Avran­no armi mortali. A proposito, professore, ho un mes­saggio per voi del Presidente Bertrand. Dice che non potete sperare che i miracoli si ripetano all’infinito. Faccio mie queste parole. D’ora in poi, considerate ogni errore come potenzialmente fatale.»

«E io ho un messaggio per il Presidente Bertrand» disse calmissimo il professore. Sorrise. «Forse la fi­glia glielo porterà da parte tua. Secondo le mie infor­mazioni, Solomon sta riprogrammando tremila androi­di per omicidio. Non credo che Clement lo sappia. Non glielo permetterebbe, se lo sapesse.»

Markham rimase un momento silenzioso. «Speravo che avremmo avuto un intervallo di almeno tre mesi per la preparazione» disse. «Ma ora dovremo lavora­re sui minuti. In quanto a organizzarsi, Solomon può batterci per rapidità e qualità, anche se avessimo a di­sposizione anni.» Un pensiero parve colpirlo. «Il Na­tale è ancora di moda? Lo si celebra ancora?»

Helm Crispin scosse la testa. «Il Natale è sparito da tanto tempo, insieme con la Cristianità. Ora la gran­de festa è il Capodanno, la vigilia e il primo dell’an­no sono riuniti in un’unica grande festa.»

«Abbiamo dunque cinque settimane di tempo» disse Markham deciso. «Perché, signori miei, noi ci solleveremo la notte di Capodanno. Ora, poiché sono l’unico che è ancora iscritto nell’Elenco, potrà farmi comodo restare un cittadino rispettabile ancora per un po’. Sarà meglio fissare un rapido ed efficace mezzo di comunicazione, dopo di che tornerò in Knightsbridge. Potrebbero venire visitatori!»

Ma prima di andarsene, disse loro tutto su Marion-A. Dapprima rimasero increduli, e il professor Hyggens si rifiutò assolutamente di credergli. Asserì anzi che Marion-A stava semplicemente seguendo un piano mol­to sottile per il quale Solomon doveva averla doppia­mente programmata.

Helm Crispin ascoltò in silenzio lo scambio di bat­tute tra Markham e il professor Hyggens, poi disse: «Ho la curiosa sensazione che John abbia ragione. Gli androidi accumulano dati per esperienza, come noi. Se quello che John dice è vero, allora lui ha fornito a Marion-A dati che lei non era in grado di assimilare. Questo potrebbe infrangere l’orientazione di un an­droide.»

«È così» disse Markham. «Sono pronto a giocar­mi il collo per lei.»

Il professore sospirò, stanco. «A quanto pare è quel­lo che dovremo fare tutti.»

«Non è troppo tardi perché vi scegliate un nuovo capo» osservò Markham.

«No, eh?» esclamò il professore. «Sai benissimo che invece è tardi, John. Hai appena dimostrato di es­sere il capo di cui abbiamo bisogno.»

«E allora dovete seguirmi dove dico io.»

«Napoleone!» disse il professore, facendo una smor­fia.

«Appunto.»

«Hai vinto. Ci sei indispensabile.»

«Spero che vinceremo tutti» disse Markham.

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