Edmund Cooper - Uomini e androidi

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Uomini e androidi: краткое содержание, описание и аннотация

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Nel sottosuolo vicino a Londra viene scavato un immenso magazzino dove, grazie a opportuni accorgimenti, potranno essere conservati enormi quantitativi di generi alimentari. Lo scopo dell’impresa è quello di preservare le scorte di cibo da un inquinamento radioattivo, nel caso che si scateni una guerra atomica. Dei lavori si è interessato l’ingegnere John Markham. Così, quando viene segnalata una irregolarità negli impianti elettronici, è Markham a scendere nei sotterranei per un controllo. A un tratto, una scossa violentissima, seguita da altre, poi un crollo improvviso. L’ingegnere pensa a un terremoto o a un errore di costruzione. Comunque, lì vicino c’è una delle tante nicchie col telefono collegato all’esterno. Vi arriva scavalcando i detriti, ma l’apparecchio non funziona. Be’, si tratterà di aspettare un po’. Fuori si accorgeranno che è successo qualcosa e scenderanno a cercarlo. E deve proprio essere andata così perchè Markham, adesso, è in un lettino. Si sente un po’ debole ma è sano e salvo. Però ha freddo. Molto freddo. E quella donna che si china su di lui è Katy! No, non è lei. Ma Dio Santo come le assomiglia. E quello strano dottore che dice cose tanto strampalate... Insomma, affrettatevi a leggere questo romanzo per poter dire a John Markham dove esattamente si trova e cosa gli è successo.

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«Ricordo» rispose tranquillamente «quando sta­vo leggendo quella poesia: “Viaggio a Samarcanda”. Mi hai chiesto di smettere... E dopo, hai detto credo di capire che cosa sia la bellezza... e fa soffrire. »

Inaspettatamente, Marion-A rise. Una risata roca, stonata. Per un androide ,pensò Markham, questa è quasi una crisi isterica.

«Si, ricordo» disse Marion-A. «Sai che gli androi­di non possono assolutamente sognare, John? Ma io ho imparato a sognare. Sogno spesso. E a volte sogno il poemetto che mi leggevi, e quello che è successo dopo.»

Suo malgrado, Markham le prese la mano. «Allora ti renderai conto» le spiegò con dolcezza «del perché sei doppiamente pericolosa. Tu e io, Marion, rappre­sentiamo due forme fondamentalmente diverse di vi­ta. Una di queste è prodotta spontaneamente, ma l’al­tra è sintetica. È una legge inderogabile che tutti gli esseri viventi debbono cercare di dominare l’ambien­te in cui si trovano. Ecco perché dovrà scoppiare un conflitto tra gli uomini e gli androidi. Tu sei domi­nata dalla lealtà verso la tua razza, io da quella verso la mia. Perciò adesso sarà meglio che tu riporti l’eliauto a Londra per fare il tuo rapporto. Ho dichiarato guerra al genere di mondo che gli androidi stanno creando.»

In seguito, Markham poté soltanto chiedersi me­ravigliato perché mai non aveva sospettato fin dal prin­cipio come sarebbe andata a finire. In seguito, poté solo restare allibito dalla propria mancanza di fan­tasia.

Pensava che sarebbe stato più facile spararle nella schiena mentre lei si avviava all’eliauto. Non c’era un cuore organico da poter trapassare col proiettile, ma la micropila, la piccola capsula di energia che lei riu­sciva a tradurre in pensiero e in movimento, era qua­si altrettanto vulnerabile. E lui sapeva, inoltre, dove mirare per cogliere i centri vitali del cervello di lei. Perché era evidente che Marion-A andava distrutta.

Tuttavia Marion-A non si alzò e non si avviò all’e­liauto. Era impossibile per lei non fare rapporto allo Psicoprop. Era quindi impossibile per lei non accet­tare l’offerta apparente che lui faceva di restituirle la libertà. Ma Marion-A non era più un androide preve­dibile nelle sue azioni. Infatti respinse l’offerta.

«Sì, dovrei farlo» disse, e la sua voce era tornata stranamente calma. «Dovrei informare lo Psicoprop che un nuovo essere umano si è ribellato contro la pro­grammazione accettata.»

«Non la chiamerei programmazione accettata» disse Markham.

«Perché no?» esclamò Marion-A. «Proprio come gli esseri umani tentano di interpretare gli androidi secondo i loro termini, noi androidi tentiamo di inter­pretare gli esseri umani secondo i termini nostri. E noi pensiamo che anche gli esseri umani siano pro­grammati dall’ereditarietà e dall’ambiente, nessuno dei quali è sotto controllo. Ma tu sei un esempio unico, John. Tu hai una programmazione da ventesimo seco­lo, ed ecco perché respingi gli androidi con maggiore violenza di tutti gli altri.»

«Questa discussione è assolutamente senza scopo» disse Markham. «Sarà meglio che tu vada.» Comin­ciava a rendersi conto che forse non avrebbe avuto il coraggio di sparare.

«Io non me ne vado, John.»

«Cosa?»

«Non andrò affatto a fare rapporto allo Psicoprop. Io... Io non potrei tollerare gli eventuali risultati del mio rapporto.»

«Ti rendi conto di quello che stai dicendo?»

«Sì. Sto ammettendo che preferisco tradire la so­cietà, o gli androidi, o la mia stessa razza... chiama le cose come vuoi! Lo preferisco, piuttosto che tradire un individuo che... che rispetto.»

«Marion, tu sei pazza! Oppure sono pazzo io! Qui il mondo è alla rovescia.»

«Se il mondo ti sembra alla rovescia» disse Marion-A, con un sorriso improvviso, «può darsi che di­penda dal fatto che tu stai in equilibrio sulla testa. O forse stai semplicemente creando un mondo nuovo, John. Forse non avresti dovuto mai tentare di inserire nella mia programmazione dati irrilevanti come l’arte umana.»

Nella sua perplessità, Markham si era messo a cam­minare su e giù, senza sapere quello che stava facen­do. A un tratto inciampò, ma ritrovò immediatamente l’equilibrio. Non vide, però, che la pistola gli era sci­volata dalla tasca e ora giaceva sull’erba con la canna rivolta verso Marion-A: un dito rigido, accusatore.

Lei la raccolse. Il suo dito era sul grilletto. Con aria distratta, l’androide permetteva alla pistola di segui­re tutti i movimenti inquieti di Markham. A questo punto lui si accorse di che cosa era successo, e fissò inebetito la canna dell’arma con la quale aveva inte­so distruggere l’androide.

«Come diavolo te ne sei impossessata?»

«Povero John» disse Marion-A, con un curioso to­no di voce. «Non sei molto efficiente. Se vuoi diven­tare un Fuggiasco, e vivere, dovrai fare maggiore at­tenzione ai particolari.»

«È meglio che tu me la restituisca» disse lui, preoc­cupato.

«Perché dovrei dartela? Volevi usarla contro di me, vero? Ora potrei usarla contro di te. Perché no, in fondo?»

«Marion, smettila con queste sciocchezze. Dammi la pistola.»

Lei continuò a tenergli testa, minacciandolo con l’arma.

«Siediti, John. Se conoscessi sufficientemente i va­lori umani, potrei decidere se è il caso o no di abbat­terti, per il tuo stesso bene. Ma non so niente sui va­lori umani, e non posso fare affidamento sulla mia pro­grammazione, ormai. Non so se esiste il libero arbi­trio, John, ma l’illusione è molto convincente. Eccoti la pistola. Ora la responsabilità è di nuovo tua.»

E gli tese l’arma. Markham la prese, la contemplò per un attimo, poi la lasciò cadere sull’erba accanto al cesto della colazione.

«Pochi minuti fa» disse, «hai ammesso che io so­no diventato più importante per te del... del tuo do­vere.»

«Non è molto credibile» disse Marion-A «ma è la verità.»

«E qualunque cosa io faccia, non mi ostacolerai?»

«Puoi esprimerti in modo anche più positivo» ri­spose Marion-A. «Ti aiuterò, facendo tutto il mio me­glio.» Rise. «Forse sono il primo androide Fuggiasco. Questo, credo, è un fatto che non avevi previsto.»

«Nessuno avrebbe potuto prevederlo» disse Markham, che provava uno strano senso di sollievo. «Te­mo che tu non sia più il mio androide personale, Ma­rion. Sei un’amica personale.»

«Devo farti sapere una cosa, John. È meglio che te la dica. Tutti i dati di cui dispongo mi conducono alla conclusione che i Fuggiaschi avranno la peggio.»

«I miracoli possono sempre avvenire» rispose lui senza scomporsi. «Un androide che sposa una causa persa... Ecco un dato che non avevi incluso nei tuoi calcoli.»

«E non avevo calcolato bene la tua programmazio­ne ventesimo secolo!» disse Marion-A.

Markham rabbrividì e guardò il sole che comincia­va già a calare. Guardò la villetta in rovina. «Vorrei raccontarti com’era quella casetta centocinquant’anni fa. Poi, credo, sarà meglio tornare a Londra. Dato che anche tu hai deciso di diventare un fuorilegge, Ma­rion, posso arrischiarmi a restare un cittadino semiri­spettabile ancora per qualche giorno.»

La portò verso la casetta diroccata e cominciò a rac­contarle com’era quando lui e Katy avevano passato lì quelle due settimane indimenticabili. E mentre par­lava, la villetta parve tornare alla vita, i fantasmi pre­sero corpo. Vide Katy e se stesso muoversi allegramente, incuranti dell’oscuro futuro, in quell’altro mondo così lontano. Vide due persone innamorate, due estra­nei familiari, sdraiarsi sulla sabbia, nuotare tra le on­de, o stringersi l’uno all’altro nelle stanzette che pare­vano rivestire uno splendore esotico più abbagliante delle leggendarie grotte d’Oriente.

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