Richard Meredith - Il cielo era pieno di navi

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Il cielo era pieno di navi: краткое содержание, описание и аннотация

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Che cosa bolle ai confini della Galassia? Si parla di stragi “locali” e rappresaglie “limitate” su lontani pianeti come Odino, Cassandra, Antigone; si dice che la Lega dei Mondi Indipendenti voglia ribellarsi al governo centrale terrestre; si teme una guerra totale. Ma il solo a sapere come stanno realmente le cose è il capitano Robert Janas, un neutrale, un uomo di buona volontà e di buon senso, dal cui rapporto dipende il destino di miliardi di uomini. E Janas, come spesso accade a chi dice semplicemente la verità, non trova nessuno disposto a credergli.

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«Che cos’è?» chiese Ja­nas.

«La facsimile» rispose Franken. «Comunicazione con precedenza assoluta.»

Janas fece lentamente il giro del tavolo e si fermò alle spalle di Franken, osservando un fo­glio di carta che scivolava fuo­ri da una fessura nel piano di legno. Le prime parole diceva­no: “Comunicazione diretta dall’ufficio di Jonal Herrera, presidente della Confederazio­ne terrestre”. Janas strappò il foglio.

«Che cos’è?» chiese Franken.

Janas rimase per un secondo in silenzio, poi disse: «È la prova che abbiamo ragione noi. Il corpo di spedizione è entrato in contatto con i ribel­li a circa sette anni-luce dalla Terra. I ribelli hanno vinto. I resti della flotta terrestre ripie­gano in disordine verso le basi terrestri.»

Franken lo guardò a bocca aperta, senza poter parlare.

«Non è ancora deciso» balbettò alla fine. «Non han­no ancora in mano la Terra!»

«Janas!» chiamò una voce lontana, dalla parte dove era scomparso D’Lugan.

Poi parve a Janas di sentire un altro rumore, il ronzio di un’arma a radiazioni.

Per un secondo, rimase in­deciso.

«È finita per te, Bob» disse Franken. «Bilthor non è uno stupido.»

18

La nave pattuglia 438 della Compagnia di Navigazione So­lare era salpata da Loki, uno dei mondi della Cintura, dopo avere caricato a bordo l’intera guarnigione delle guardie della CNS. Loki viveva in un incerto regime d’armistizio, sotto il controllo dei ribelli. Il coman­dante ribelle che aveva in ma­no il pianeta, si era astenuto dal prendere misure contro la CNS, in attesa di sapere quale decisione avrebbe preso Altho Franken in quelle fasi estreme della Grande Rivolta. Fortuna­tamente per la guarnigione del­la CNS nessuno, tranne i fun­zionari CNS, conosceva anco­ra, su quei mondi situati ai margini della Galassia, le deci­sioni di Franken.

Lasciandosi alle spalle le te­nebre della Cintura e puntan­do verso il mondo luminoso della Spirale, la NP 438 passò nell’Anti-spazio e fece rotta verso la Terra, mentre il suo comandante si aspettava, da un momento all’altro, di avere alle calcagna una squadra infe­rocita di navi da guerra ribelli.

Nel punto prestabilito, la NP 438 rientrò nello spazio normale, ritrovandosi in mez­zo a un oceano luminoso di stelle. Un segnale analogo ri­spose al suo segnale di richia­mo e, poco dopo, alla NP 438 si unirono altre tre navi pattu­glia della CNS e le quattro unità rientrarono insieme nel­l’Anti-spazio.

Ad una a una, nei vari punti prestabiliti, le altre navi pattu­glia accorrevano all’appun­tamento, cercando con ogni cura di evitare i contatti con le forze della Lega. La NP 438 aveva ormai superato metà del­la distanza che la separava dalla Terra, quando la flotti­glia, che ammontava a dodici unità, mosse compatta verso la Terra.

“Se almeno fossimo più nu­merosi!” pensava il comandan­te della NP 438. Aveva letto e riletto gli ordini trasmessi dalla CNS Sede Centrale e sapeva che cosa lo aspettava. La Com­pagnia di Navigazione Solare stava per abbandonare la sua millenaria tradizione di neutra­lità per allearsi con la Confederazione. Di conseguenza, tutte le navi pattuglia della CNS dovevano riunirsi nei pressi di Saturno, nel sistema solare, e attendere gli ordini del presi­dente Herrera.

Il comandante della NP 438, sia pure con una certa riluttanza, aveva obbedito agli ordini ricevuti. Era un terre­stre di nascita, ma aveva passa­to più di venticinque anni nel­la Cintura. Anzi, ormai si con­siderava uno della Cintura; sua moglie era di Loki e i suoi figli non avevano mai visto la Ter­ra. Ma era arrivato quell’ordi­ne.

Il comandante si era ricor­dato di essere un terrestre: la Terra era la sua patria, oltre che la patria di tutta l’umani­tà, ed era suo dovere difender­la contro i ribelli. Lo aveva detto e ridetto a se stesso, perché, in fondo, neppure lui ne era convinto.

Aveva aspettato fino all’ulti­mo momento prima di tra­smettere l’ordine agli uomini e, nonostante quella precau­zione, non era riuscito a impe­dire che qualche membro del­l’equipaggio scomparisse prima del decollo. D’altra parte, co­me era possibile pensare che quegli abitanti della Cintura, quegli uomini che non avevano mai visto in vita loro la Terra, decidessero di loro volontà di mettere a repentaglio la loro vita per la Terra e per la Confederazione, combattendo contro la loro stessa gente?

Perciò la NP 438 aveva la­sciato Loki e iniziato la traver­sata verso la Terra avendo a bordo un equipaggio inferiore al normale; anche le guardie della CNS imbarcatesi a Loki erano in numero ridotto. Il comandante, comunque, capi­va benissimo le ragioni di quegli uomini.

E giustificava anche il fatto che non tutte le navi pattuglia si fossero trovate all’appunta­mento nei punti prestabiliti. I comandanti e gli equipaggi di alcune unità si erano rifiutati di prendere parte al conflitto. Era una brutta cosa, quella guerra, e lui non se la sentiva di condannare chi cercava di tenersene fuori.

“Oh Dio!” pensò il coman­dante “Se solo avessi il corag­gio di fuggire.”

Mentre scrutava le tenebre dello spazio normale, si chie­deva se la NP 296 sarebbe arrivata all’appuntamento, e, in un certo senso, sperava che non venisse.

19

Janas notò il sorriso sarcastico di Altho Franken e, per la prima volta, si rese conto che quell’uomo era per lui un estraneo, un nemico, un pazzo o un codardo; certamente, non un amico.

Allora, curvandosi in avanti, calò violentemente la canna della sua 45 contro la tempia dell’uomo che era seduto die­tro al tavolo. Franken tentò di scansare il colpo, ma Janas fu più svelto di lui. Il metallo colpì la testa con un tonfo sordo; Franken cadde all’indietro e rotolò sul tappeto.

«Non perdetelo d’occhio» gridò Janas alla ragazza, che fino a quel momento non si era mossa ma che era balzata in piedi vedendo il gesto. «Se si riprende, colpite ancora, e con forza!»

Poi, di corsa, si lanciò nel corridoio, di dove arrivava il ronzio di un’arma a energia, probabilmente una pistola a ago.

Corse fino in fondo al corri­doio, poi si lanciò verso sini­stra. Il generatore dello stordigente di D’Lugan strideva sen­za un attimo di pausa. Final­mente Janas vide la. scena. D’Lugan giaceva contro la parete, avvolto dal fumo della moquette che aveva preso fuo­co. La faccia era una maschera di sangue e la gamba sinistra era ripiegata sotto il corpo. Sulla moquette, dove il fuoco non era ancora arrivato, si allargava una macchia di san­gue. D’Lugan aveva i muscoli della faccia contratti in una smorfia che gli scopriva i den­ti.

A un metro da D’Lugan un uomo, nell’uniforme nera delle guardie, era steso bocconi. Non c’erano tracce di sangue, ma il caduto evidentemente non era più in grado di muo­versi; era o già morto o era un cadavere vivente, perché lo stordigente di D’Lugan l’aveva preso in pieno.

Sulla scena c’erano altri tre uomini: due Neri, uno dei quali teneva la pistola a ener­gia puntata contro D’Lugan afflosciato al suolo, mentre l’altro in piedi di fronte a Janas impugnava la pistola. Il terzo, infine, era un civile cor­pulento, la cui faccia smorta rassomigliava notevolmente a quella di Altho Franken.

Poi, bruscamente, la scena cambiò. Le armi a energia dei Neri ronzarono e, quasi nello stesso istante, Janas, nell’attimo in cui si gettava di fianco, avverti alla spalla una puntura acuta, mentre il corridoio si riempiva di fumo.

La grossa 45 che Janas im­pugnava entrò in azione con un rombo assordante. Il più vicino dei due Neri crollò in avanti, con il cranio letteral­mente scoperchiato, schizzan­do ossa e materia cerebrale tutt’attorno sulla parete.

Nel frattempo, un altro rag­gio di energia aveva investito D’Lugan, troncando la vita del giovane arrabbiato sopravvissu­to allo stupido massacro rap­presentato dalla cosiddetta Battaglia del settantasette.

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