L’idea piacque al ragazzo e si unì a Devan. Fabbricarono mantici con la pelle di animali, fecero entrare l’aria nel deposito del minerale, e del carbone attraverso canali appositi. Gus Nelson consigliò anche il calcare, che riduceva più in fretta il minerale. Iniziata la lavorazione del ferro, Devan avrebbe voluto affidarla interamente a Gus dato che c’erano altre cose da fare, di cui avevano un bisogno estremo, il vetro, l’elettricità, a esempio. Ma il ferro era fondamentale, essenziale.
Essenziale. Devan pensò divertito al valore che le donne davano a questa parola riferendosi ai cosmetici, cosa di cui non avrebbero dovuto preoccuparsi minimamente in questa nuova vita selvaggia. Ma invece per loro il rosso per le guance e quello per le labbra erano veramente indispensabili, avevano trovato depositi di polvere rossastra quasi in superficie, polvere che, lavorata, dava un buon rosso.
Ciò avvenne prima che gli uomini scoprissero i depositi di minerale che risultarono in definitiva la stessa cosa, per cui il merito della scoperta poteva andare alle donne. Niente si prestava maggiormente per il trucco di questa polvere che, nella gradazione più scura, dava, mescolata al grasso degli animali, un rosso per le labbra di tono cupo che alcune, tuttavia, non riuscivano a usare per il sapore cattivo.
Essenziale. Per parte loro, gli uomini impiegarono un mucchio di tempo a cercare la pianta di tabacco. E quando finalmente riuscirono a trovarla, riempirono le pipe di argilla, già pronte.
Così. Devan concluse, la vita dall’altra parte dell’Ago non si annunciava poi molto diversa dalla solita.
Devan e Gus osservavano con attenzione il fumo che si alzava nel condotto circolare di argilla.
— Ricordo una volta — disse Gus, sempre con gli occhi fissi alla rossa massa di minerale. — Ci fu una perdita di ossido di carbonio e fecero allontanare tutti dal forno fino a che non fu riparato.
— Può darsi che anche in questo momento, si stia sprigionando ossido di carbonio, proprio qui, ma credo che non potrebbe far male a nessuno. Siamo così all’aperto — rispose Devan.
— Come vanno i miei fabbri? — Betty si era avvicinata ai due uomini. — Non riesco a capire come possiate starvene lì così vicino al forno.
— Ci siamo abituati — rispose Devan. — Come mai sei venuta qui?
— Volevo sapere come devono essere grandi le scatole di argilla.
— Sarebbe meglio che tu aspettassi sino a che abbiamo tirato fuori il ferro e gli abbiamo dato una forma.
Betty infilò un braccio sotto quello di lui: — Viene meglio dell’ultimo?
— Questo sarà un vero record, signora Traylor — rispose Gus. — Ora faremo un nuovo esperimento, nel quale entreranno anche le scatole che state preparando. Non appena la fornace si sarà un po’ raffreddata, ma il ferro sarà ancora caldo, lo tireremo fuori e lo batteremo per toglierne quanto più possibile le scorie. Poi gli daremo la forma che vorremo. Introdurremo i vari pezzi nelle scatole di argilla, le scalderemo e lasceremo che il ferro assorba il carbonio formando così una nuova lega molto più resistente del normale. Semplice, no?
— Sembra semplice — Betty disse — ma è proprio il sistema esatto di lavorarlo?
— È quanto Gus assicura. — Devan rispose e osservò intanto un uomo che si stava avvicinando, facendo loro cenni con il capo. Riconobbe il dottor Van Ness.
— Nessun paziente, oggi, dottore? — gli chiese Betty.
Il dottore si esaminò le unghie, alzò le sopracciglia. — Non voglio accusare nessuno — disse infine — ma da quando abbiamo cominciato a somministrare vino per le estrazioni, abbiamo tanto di quel lavoro da non poter accontentare tutti. È un povero sostituto degli anestetici, è vero, ma da quando Costigan ha messo in vigore questa disposizione, la gente preferisce farsi togliere i denti, anziché curarli.
— Io dovrei farmi fare qualche otturazione — disse Devan. — Quando posso passare da voi?
Il dentista si sedette su un ceppo di legna. — Dovete sentire la signora Anderson, che vi fisserà un appuntamento. Ma, a dire il vero, non sono venuto qui a cercare lavoro, ma a lamentarmi.
— E di che?
— Dovrò smettere le otturazioni, sino a che non sarò meglio attrezzato.
— Così, la sostanza che vi ho preparato, non va bene?
— È piuttosto imbarazzante. — Il vecchio appariva esitante. — Neanche ai pazienti piace. Il fatto è che il metallo non va bene. Dopo aver ripulito la cavità e introdotta la sostanza metallica, questa si sbriciola o si schiaccia. È successo per tutto il metallo che avete preparato.
— Stiamo ora preparando una nuova sostanza — disse Devan. — Anzitutto dovremo ridurla nella forma esatta e lasciare quindi che si impregni di carbonio. Vedrete la differenza.
— Così andrà meglio. — Il dentista si rischiarò.
— Lavorate da solo, dottore?
— Ho preso un paio di aiutanti che sto addestrando. Non vivrò in eterno, lo sapete. Sono ridotto a dar loro lezioni soprattutto di notte. — Dalla tasca della sua giubba di pelle tolse un pezzo di pergamena. — Ho disegnato nuovi strumenti. — Li indicò. — Un bisturi, se lo potete fare, una piccola bilancia, altre pinze, degli scalpellini, infine una serie di pinze come vedrete di varie forme e misure, non possedendo un trapano.
— Come farete — gli chiese Devan — quando avrete finito le otturazioni? Potrete fare denti falsi?
— Ci sarebbe lavoro per due o tre dentisti qui — rispose il medico. — Solo ho bisogno di più oro. Enormi quantità di oro.
— Perché non riempite i denti con altre sostanze provvisorie?
— “Altre” sostanze provvisorie? — Il dentista appariva sinceramente stupito. — Questo dimostra quanto poco la gente se ne intenda del nostro lavoro. L’oro è la sostanza migliore che vi sia, è eterna. I dentisti userebbero solo oro per avere risultati soddisfacenti, ma oltre al tempo impiegato per riempire le cavità, bisogna tener conto dei prezzi, che sarebbero troppo alti. L’oro non si appanna e non si corrode. È una sostanza senza pari. Quando io riempio un dente, anzitutto pulisco la cavità, la lascio asciugare e quindi ci introduco un sottile rotolino di oro, poi prendo i miei attrezzi, e sono pronto per il resto del lavoro.
— Magnifico, dottore — disse Devan.
— Troveremo del gesso — continuò il dottore — e ne faremo il cosiddetto “impasto di Parigi”, poi fonderemo una dentiera d’oro con punte arrotondate al posto dei denti, e mi occorreranno pochi stampi per l’impressione che io userò con la malta per avere la forma dell’arco alveolare… — La sua faccia sprizzava entusiasmo. — Mi sembra di vederle. Dentiere d’oro!
— Ma per quanto riguarda i denti?
— Li ricaverò dai denti degli animali. Ci sono capre in giro, no? — Rise e poi: — Vi rendete conto che una dentiera d’oro costerebbe normalmente cinquecento dollari? — Si fregò le mani allegramente. — Sarà un esperimento. Solo un esperimento. Spero solo che si possa trovare molto oro.
“Che magnifico aspetto ha Orcutt” Devan pensò. “Non è mai stato così bene da quando lo conosco. È abbronzato e snellito. E la barba gli dà un aspetto profetico”.
— Ottimo pranzo — stava dicendo Orcutt spingendo indietro la sedia, assemblata da bande di cuoio che scricchiolavano un po’. Stava fumando con visibile soddisfazione.
— Buono davvero — fece eco Renthaler. Renthaler, o più precisamente Walter Renthaler, era un ragazzo sui venticinque anni al massimo, grassoccio, allegro, dall’espressione vivace e dai capelli rossicci. Orcutt l’aveva condotto con sé a pranzo. Diceva di avere qualcosa da discutere con Devan.
Certamente qualcosa che riguardava la chimica, Devan si immaginò. Renthaler aveva risolto il problema del sapone, rendendosi benemerito presso tutte le donne. Era un chimico industriale e si era trovato per caso nel quartiere dell’Ago, dove era andato a trovare un amico.
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