Se ne stavano seduti fuori, respirando un’aria profumata, mentre la luce delle candele, proveniente dall’interno, creava strane ombre sul pavimento. Betty lavava i piatti dietro la casa.
— Siamo stati fortunati ad avere Walter con noi — disse Orcutt — risolverà la faccenda.
— Vi prego, Orcutt — si schermì Renthaler — io ero specializzato nel campo dei dolci. E so solo un po’ di chimica elementare.
— Ben più di un po’ — ribatté Orcutt. Si volse a Devan: — Desidero che sentiate quello che Walter deve dire. Da principio, potreste non arrivare subito al punto, così ve ne parlerò io. Abbiamo considerato il problema del vetro, vero?
— Già. Il vetro e le batterie, le radio, le ghiacciaie, i motori a benzina, le macchine elettriche…
— Okay. — Orcutt batté leggermente la sua pipa di argilla sui sandali di cuoio. — E perché tornare ai vecchi sistemi? Certo, noi faremo del vetro, ma non ci specializzeremo in questo campo. È del tutto inutile ritornare all’Età del Bronzo, quando abbiamo qualcosa di meglio del bronzo.
— Dobbiamo parlare dell’Ago — lo richiamò Devan.
— Certo. So che l’Ago viene in prima linea. Ma ci vorranno anni.
— Non torneremo mai se Costigan non la pianta di bere e non si mette a buttar giù qualche diagramma.
— Costigan vi sta aspettando — disse Orcutt. — E adesso il nostro Walter sta fabbricando materie plastiche. Pensateci! Siamo dei pionieri e siamo già arrivati alle materie plastiche! Parlategli, Walter. Devan vi darà tutto il suo appoggio per l’acciaio che vi occorre.
— Gus Nelson si metterà a vostra disposizione — disse Devan — io penso di affidargli l’officina, non appena le cose saranno organizzate definitivamente. Ma cosa desiderate, Walter?
— Be’, probabilmente avrete un’idea delle quantità di materiale che gli uomini hanno sempre gettato via per anni e che è tutto materiale buono.
— Volete dire roba come residui di carbone, sottoprodotti del grano, e così via?
— Proprio. Bene, noi possiamo fabbricare piatti, tazze, bicchieri e un’infinita quantità di altre cose, signor Traylor. — Renthaler era un po’ timido. La sua voce era bassa, i suoi modi gentili.
— E come pensate di fabbricare materie plastiche, qui, nei boschi? — Il tono di Devan era volutamente provocatorio, e Renthaler gli diede un’occhiata acuta.
— Vado a prendere una candela — disse Orcutt, sparendo all’interno.
— La caseina — disse Renthaler — si può ottenere dal latte acido e dalla formaldeide. E l’acetato cellulosico dalle fibre residue dei semi di cotone con acido acetico, trattati alla presenza di un catalizzatore-acido solforico. La miglior prova potrebbe essere la resina di fenolo-formaldeide, che è il prodotto più facile da ottenere.
— E — domandò Devan — dove troveremmo il fenolo?
— Dalla distillazione frazionata del carbone.
— Ma vi occorre del vetro per questo processo.
— Non è il metodo migliore. Ce ne sono molti.
— E per quanto riguarda la formaldeide?
— La si ottiene dall’ossidazione dell’alcool metilico.
— Benissimo. E l’alcool metilico?
— Dal legno. Bisogna scaldare il legno, noi abbiamo il faggio e la betulla che sono i legni più indicati, in ambiente privo d’aria.
— Ancora distillazione, eh?
Renthaler scrollò le spalle. — Oh, non sarà facile, ma c’è più senso a lavorare in questo campo che in altri. I vantaggi delle materie plastiche sul vetro dovrebbero essere abbastanza palesi.
— Ne sono sicuro.
— Vostra moglie avrebbe diritto di poter avere dei piatti di plastica!
Devan rise. — Che anacronismo, pensate! Allo stato primitivo in cui siamo, pensare alle materie plastiche!
— Se possiamo avere semi di soia, grano e cotone, siamo a posto, signor Traylor.
— In più modi, vorrei dire, Walter.
— Sto progettando il polistirene, il cloruro, il rayon, la gomma sintetica. Sarà meraviglioso poterli lavorare!
Negli occhi di Renthaler, Devan scoprì la stessa espressione che aveva vista negli occhi del dottor Van Ness. Espressione fatta di ottimismo, di curiosità, di interesse e di pazienza. Sì, fintanto che c’erano uomini simili, si poteva sperare nell’Ago. Devan ne era sicuro.
Orcutt uscì con una candela e i due uomini accesero le pipe.
— Vi aiuterò per quanto potrò — disse Devan. — Ditemi che cosa vi occorre. Conto di mettermi a lavorare per il vetro con Glenn Basher e sarò felice se mi vorrete aiutare: potrebbe essere utile anche per i vostri progetti.
Orcutt guardò lontano, pensosamente.
— Voglio che tutti scrivano tutto ciò che hanno sperimentato. Desidero che rimanga la nostra testimonianza, in caso non dovessimo più tornare.
— Scherzate — disse Renthaier. — Ritorneremo. Abbiamo l’uomo che ha inventato la macchina, no? Ci ricondurrà indietro.
— Vedremo — disse Orcutt. — Speriamo di poterci riuscire.
Eric Sudduth e i suoi seguaci, che pure si tenevano molto rintanati nelle loro cave, continuavano a costituire, nondimeno, un argomento spesso ricorrente nelle conversazioni. Dopo tutto, l’area serviva per ricavarne pietra calcarea per i vari lavori in corso ed era inoltre l’abitazione degli unici vicini dei cittadini della Nuova Chicago.
Quando gli uomini della Nuova Chicago andavano nei dintorni a cacciare i daini, si limitavano a costeggiare la zona sudduthita, non tanto però da non riuscire ad accertarsi se erano state fatte innovazioni o cambiamenti. I vari rapporti erano fatti a Orcutt; generalmente confermavano che i seguaci di Sudduth non avevano cambiato idea riguardo all’abbigliamento, che avevano fuochi e che avevano costruito armi primitive contro le bestie feroci.
Ma le descrizioni fatte dai cacciatori non erano mai così chiare e dettagliate come quelle che si riusciva occasionalmente ad avere da coloro che disertavano il campo di Sudduth — per lo più coppie nelle quali la donna era incinta — e che non potevano perciò sopportare di veder nascere i propri figli in un clima così primitivo. Sudduth aveva ordinato che i disertori venissero uccisi se trovati nei dintorni ed essi venivano quindi a chiedere rifugio agli abitanti della Nuova Chicago.
Le coppie che avevano disertato erano, sino a metà giugno, tre e i sei profughi erano stati accolti cordialmente nella comunità ed erano stati utilizzati in base alle loro capacità e desideri. In cambio tre piccoli “cottage” li ospitarono e le nuove famiglie si conformarono ben presto alle abitudini della nuova comunità.
Da quanto essi narrarono, gli uomini di Orcutt ebbero una idea della reale situazione esistente al campo di Sudduth. Sudduth e Blaine, narrarono i profughi, erano i capi del gruppo, dirigevano tutte le attività e sovraintendevano a tutti i lavori. A Devan spiacque di sentire che i due tenevano i loro seguaci in stato di schiavitù, tenendo per se stesso il cibo migliore e non alzando neanche un dito per lavorare.
Per di più, avevano emesso un nuovo ordine in base al quale Sudduth, come capo spirituale del gruppo, poteva avere ogni donna che desiderasse e i suoi argomenti per ottenere questo privilegio furono così convincenti che ben presto i mariti e le mogli si accordarono anche su questo. Senonché la prima donna che lui desiderò fu la moglie di Blaine, che si rifiutò di accordargliela e, dopo una lotta tra i due in cui Blaine ebbe la meglio, Sudduth considerò il suo piano fallito.
Devan notò la preoccupazione di Orcutt quando seppe che i seguaci di Sudduth si erano ridotti a ventiquattro, oltre lui e Blaine, e che Sudduth avrebbe fatto di tutto per riavere i disertori.
— Farà certamente qualcosa — concluse Orcutt. — Non vorrà starsene immobile e lasciare che i suoi taglino la corda e vengano qui.
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