Bob Shaw - Cosmo selvaggio

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Un’astronave stellare da esplorazione spedisce su un pianeta sconosciuto sei moduli di atterraggio e ne vede tornare sette. Su quel pianeta c’и chiaramente “qualcosa che non va”… Ma nelle zone piщ remote e selvagge del Cosmo, si sa, le cose non vanno mai perfettamente lisce e gli esploratori devono sempre stare in guardia, devono sempre aspettarsi di tutto. Giustamente Bob Shaw ha messo in epigrafe alla strabiliante saga dell’astronave “Sarafand” questi memorabili versi di R. L. Stevenson: “Per il Cosmo strano e selvaggio me ne vado, da eterno straniero. Il mio amore sono le tue strade e i brillanti occhi del pericolo”.

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Gillespie scosse la testa. — Non è una legge poco conosciuta, Dave. È una delle regole fondamentali della sbornia: se incominci presto, devi continuare per tutto il giorno.

— Ormai è troppo tardi. — Surgenor inghiottì il suo whisky, caldo e senza sapore, e girò lo sguardo sulle pareti di vetro della stanza discretamente illuminata dove era situato il bar. Al di là delle piante esotiche che crescevano sulla terrazza, le luci della città si curvavano fino all’orizzonte, lungo una baia nella quale cento motoscafi tracciavano scie luminose sull’acqua. Le onde, eccitando al loro passaggio una miriade di piccole creature marine fosforescenti, sembravano fatte di freddo fuoco verde, e davano l’impressione che il mare avesse acquistato vita mentre la terra dormiva nel buio. E molto in alto, nel cielo, al di sopra della volta di luminosità artificiale, poche stelle di prima grandezza splendevano pazientemente, in attesa.

Surgenor, escluso dalla chiassosa allegria dei suoi compagni, provò un senso acuto di solitudine. Delos era un mondo bellissimo e ospitale, ma non era la sua casa; gli uomini che chiamava amici, e coi quali trascorreva tutte le ore della sua vita, non erano veramente suoi amici. Certo, lo trattavano con amabile tolleranza e rispetto, ma nessun altro atteggiamento sarebbe stato possibile entro i confini ristretti della nave, e se si fosse ritirato, il suo sostituto sarebbe stato trattato esattamente nello stesso modo.

«Straniero, volontario» pensò, ricordando il frammento di un vecchio verso che per decenni aveva rappresentato un suo credo personale. Nel senso usato dal poeta, la frase doveva descrivere un uomo che non restava mai abbastanza a lungo in un posto per familiarizzarsi con esso, ma per Surgenor significava anche che gli equipaggi dei moduli, esseri umani incompleti e imperfetti, trattavano le relazioni personali nello stesso modo. E lui ne era un esempio lampante. Aveva scelto di vivere come uno straniero in una nave di stranieri, e anche se conosceva Marc Lamereux da cinque anni, nessuno dei due era particolarmente triste al pensiero della separazione. E quale accusa più grande poteva esserci per il suo modo di vita?

Ripensando agli anni trascorsi sulla Sarafand , Surgenor vedeva una serie di uomini salire sulla nave, restarci per periodi più o meno lunghi di tempo, sparire. Alcune delle facce erano sfocate, altre le ricordava con chiarezza, senza una ragione particolare. Clifford Pollen, il cui libro piuttosto superficiale era stato finalmente pubblicato, era diventato un giornalista di successo in un’agenzia coloniale. Il giovane Bernie Hilliard era riuscito a tagliare la corda prima che finisse il suo contratto biennale ed era tornato sulla Terra a fare l’insegnante in una scuola media. Ce n’erano stati molti altri, tutti diversi fra loro, ma con una cosa in comune: l’incapacità di restare a lungo, e per questo Surgenor aveva sempre provato per loro un certo disprezzo. Ma ora gli sembrava che quelle che lui aveva sempre considerato debolezze potessero essere piuttosto delle virtù. Forse rappresentavano preziose lezioni di vita, che lui si era ostinatamente rifiutato di apprendere.

Un’esplosione di risate e un vociare allegro, in un’altra parte della stanza, disturbò i pensieri di Surgenor senza mutare il suo stato d’animo. Cambiò il suo whisky stantio con uno nuovo, e si allontanò dal bar in cerca di un angolo più tranquillo. La compagnia aveva raggiunto la cinquantina di persone : ai membri della Sarafand si erano uniti uomini di altre navi e un gruppetto di funzionari e tecnici della stazione. C’era anche un certo numero di ragazze, ognuna delle quali era oggetto delle attenzioni di almeno tre giovanotti, e Surgenor pensò che sarebbe stato bello, molto bello, poter parlare a una donna in una sera come quella.

Sfortunatamente, per quanto l’idea lo attirasse, non aveva molte possibilità di metterla in pratica. Non se la sentiva di competere con dei giovani scatenati nella speranza di attirare l’attenzione di una ragazza, che in ogni caso l’avrebbe considerato probabilmente una figura paterna; e neppure aveva intenzione di abbandonare la festa e mettersi a girare per la città. Tutto quello che poteva fare era sfidare la cosiddetta legge fondamentale della sbornia di Gillespie e cercare di immettersi nella stessa orbita alcoolica di alcuni suoi colleghi. Inghiottì un abbondante sorso di whisky, e stava per avvicinarsi al gruppo raccolto intorno al piano, quando la porta si aprì ed apparve la figura curva di Harold Beresford, l’Amministratore di settore. Insieme a lui c’era una donna alta e snella, coi capelli corti e un vestito a un pezzo. Surgenor osservò la coppia con occhi gelosi, chiedendosi come avesse fatto quell’individuo fissato e litigioso, famoso fra gli uomini del Servizio a causa della sua passione per l’uncinetto, a dimostrare più preveggenza di lui, portandosi una compagnia femminile alla festa. L’ingiustizia di quella situazione stava accrescendo ancor di più il suo malumore, quando notò la spilla con l’ammasso stellare sul colletto della donna, e gli venne in mente che probabilmente si trattava della sostituta di Lamereux. Chiedendosi se per caso il fato non avesse deciso di dargli un premio speciale, Surgenor si fece incontro a Beresford e gli strinse la mano.

— David Surgenor, vero? — disse l’uomo, scrutandolo in faccia. — Bene! Siete proprio l’uomo adatto per introdurre Christine agli altri. Christine, vi presento David Surgenor.

— Chiamami Chris — disse la donna con un sorriso aperto. La sua stretta di mano fu più ferma di quella di Beresford. Surgenor notò che aveva dei calli sul palmo.

— Speravo di poter restare un’oretta, per salutare il nostro amico Lamereux, e tutto il resto, ma purtroppo devo finire un rapporto entro questa sera. — Beresford fece un sorriso nervoso, si scusò e uscì in fretta.

— Mio Dio, non avevo mai incontrato una vecchia zitella come quello! — disse Christine, accennando con la testa in direzione della porta. Era più vecchia di quanto Surgenor avesse pensato all’inizio, fra i trentacinque e i quarant’anni, e più che snella era il caso di definirla scarna, come se il suo corpo fosse stato affilato da anni di duro lavoro.

— Ti abituerai in fretta a lui — disse Surgenor, sentendo svanire le sue fantasie romantiche.

— Non sarà necessario. — Lanciò a Surgenor un’occhiata scrutatrice con due occhi scuri e profondamente incassati. — Credo che avesse delle ragioni particolari per portarmi qui questa sera, ma adesso non le ha più.

— Sei riuscita a fargliele passare? Christine annuì. — Sono riuscita a mettergli addosso una fifa del diavolo.

— Perfetto. Questo lo farà girare al largo di sicuro.

— Puoi giurarci. — Christine allungò il collo verso il bar. — Cosa deve fare una ragazza per procurarsi da bere da queste parti? Surgenor fece una risata di approvazione. — Basta parlare. Cosa preferisci?

— Bourbon liscio, e abbondante… mi pare di essere un po’ indietro rispetto agli altri.

— D’accordo. — Surgenor andò ad eseguire l’ordinazione. Quando tornò, Christine si era già unita al gruppo attorno al piano, e pareva trovarsi perfettamente a suo agio, come se facesse parte della ciurma della Sarafand da anni, e non da qualche minuto. Gli rivolse un breve cenno di ringraziamento prendendo il bicchiere, poi si voltò di nuovo verso il coro. Surgenor riprese il suo posto di prima e tornò a occuparsi del suo whisky, pensando che, almeno, in quel viaggio-jolly non c’era nessun rischio di ulteriori complicazioni dovute ad un’eccessiva femminilità da parte del nuovo membro.

14

Surgenor uscì dalla porta principale dell’albergo dove alloggiavano i membri del Servizio, si riempì i polmoni dell’aria fresca e pulita della mattina e cercò con gli occhi l’autobus che doveva portarlo all’astroporto di Bay City.

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