— Non fate i bambini! — gridò Surgenor per farsi sentire nel baccano generale. — Le astronavi non si perdono. Ascoltatemi tutti. Voglio che restiate calmi, mentre cerchiamo di chiarire questa faccenda con Aesop. Ora gli parlerò, e lo farò proprio qui, in modo che tutti possano sapere esattamente cosa sta succedendo. Va bene?
Nella sala tornò gradualmente il silenzio. Surgenor, che cominciava a sentirsi a disagio, guardò verso il soffitto, in direzione dei centri di controllo della nave, poi si rese conto con un senso di imbarazzo che aveva assunto l’atteggiamento di un uomo che si rivolga al suo dio. Abbassò lo sguardo, e tenendolo risolutamente rivolto davanti a sé, cominciò il suo dialogo con l’intelligenza artificiale dal cui funzionamento dipendevano le vite di tutti loro.
— Ascolta queste parole — disse lentamente. — Aesop, abbiamo visto che il passaggio nello spazio-beta non è stato attuato in maniera normale, e nelle nostre menti c’è una certa confusione su cosa è realmente accaduto. Tanto per cominciare, a beneficio dei nuovi membri dell’equipaggio, vorrei che ci dicessi se c’è qualche possibilità che la Sarafand si sia persa.
— Se con la parola “persa” vuoi indicare una condizione di non-conoscenza della nostra posizione in relazione al sistema standard di coordinate galattiche, allora posso assicurarti che la Sarafand non si è persa — rispose Aesop prontamente.
Surgenor si sentì sollevato e insieme soddisfatto; ma durò solo un attimo. La risposta di Aesop era stata pedante in una maniera insolita. Sforzandosi di mantenere la calma, disse: — Aesop, c’è forse un altro senso in cui la parola “persa” si potrebbe applicare alla nostra situazione?
Vi fu una breve ma inequivocabile esitazione prima della risposta. — Se con questo termine si vuoi indicare una condizione di non-recupero, o di non-ritorno… allora mi spiace dire che, a tutti gli effetti pratici, la Sarafand è persa.
— Non capisco — disse Surgenor con voce incerta, dopo un silenzio carico di tensione. — Cosa vorresti dire?
— Il guasto al complesso di astronavigazione e di localizzazione, a cui ho fatto cenno precedentemente, ha prodotto un’emersione nello spazio normale in un punto estremamente lontano dalla nostra destinazione. — Aesop parlò in tono staccato, come se stesse annunciando un cambiamento nel menu settimanale.
— Non ci troviamo vicino al centro della galassia indicata col numero N. 5893-278(S) del Catalogo Standard. La distanza media dal Gruppo Locale, che naturalmente comprende anche il sistema della Via Lattea e la Terra, è di circa trenta milioni di anni-luce. Ciò significa che non siamo in grado di tornare sulla Terra.
La riunione si tenne nella sala mensa, attorno al tavolo ingombro di bicchieri, tazze e portacenere.
Surgenor aveva notato due tipi fondamentali di reazioni all’annuncio di Aesop: alcuni erano diventati insolitamente loquaci e attivi; altri si erano ritirati in se stessi: rimanevano silenziosi, mostravano un interesse meditabondo per le proprie unghie o qualche oggetto personale, come un accendino. Christine Holmes apparteneva a quest’ultimo gruppo, e aveva un’aria tetra e tragica. Billy Narvik, che aveva accettato un tranquillante, sorrideva accarezzandosi la barba, intontito. Gli altri nuovi membri, due ragazzi pallidi e riservati che si chiamavano John Rizno e Wilbur Desanto, si guardavano intorno con aria accusatrice, come se cercassero un responsabile per la loro sfortuna.
Surgenor, a cui era stato affidato tacitamente il ruolo di presidente, batté sul tavolo col bicchiere di whisky vuoto. — Mi pare — disse lentamente, cercando le parole — che dovremmo essere almeno sicuri di parlare tutti la stessa lingua. C’è qualcuno che crede che Aesop possa essersi sbagliato? C’è qualcuno che crede che ci sia un modo per tornare a casa?
Molti uomini si mossero a disagio.
— Aesop non è infallibile — disse Burt Schilling, guardando quelli vicino a lui. — Il fatto che siamo qui, lo prova. Surgenor annuì. — Giusta osservazione.
— Io metterei la cosa in termini ancora più chiari — intervenne Theo Mossbake. — Mi pare che il nostro cosiddetto Capitano Aesop possa essere un perfetto imbecille, e non credo che dobbiamo credere a tutto quello che dice come se fosse il verbo di Dio o qualcosa del genere. — Alzò la voce. — Una delle sue nuove unità mnemoniche era difettosa, e così ha fatto un balzo nello spazio sconosciuto, fuori della galassia. E va bene. Ma perché diavolo non si è fermato? Perché non si è guardato intorno, ha individuato la nostra galassia e ha fatto un balzo indietro?
— È proprio quello che ha cercato di fare — disse Al Gillespie con irritazione. — Aesop ci ha già spiegato che il flusso gravitonico era troppo forte.
Come una forte corrente che porta al largo. A quanto ha detto, avremmo potuto benissimo andare molto più lontano di… trenta milioni di anni-luce, o quello che è.
— Almeno possiamo ancora vedere il Gruppo Locale — disse Surgenor senza pensare, e immediatamente si pentì di aver parlato.
— Questa sì che è una consolazione — disse Schilling. — Quando cominceremo ad avere fame potremo fare i turni al telescopio per guardare il Gruppo Locale. E salutare gli amici.
— Questa è un’assemblea — disse Surgenor. — Il sarcasmo e l’autocommiserazione tienteli per la tua stanza, va bene?
— No, non va bene. — Schilling guardò risentito Surgenor, con una vena che gli pulsava sul collo. — Si può sapere chi credi di essere? — Fece per alzarsi in piedi, e Surgenor provò con vergogna un senso di gioia, al pensiero di poter scaricare la propria tensione col semplice espediente di prendere a pugni un altro essere umano.
Mossbake prese Schilling per un braccio e lo fece sedere. — Io sono specializzato nel ramo alberghiero — disse. — Ho preso l’ingaggio minimo di due anni coll’SC per mettere da parte un po’ di soldi… perciò non ne so molto dello spazio-beta. Ma mi pare di capire l’analogia che ha usato Al, di una corrente che ci porta al largo. Quello che vorrei sapere è questo: non possiamo andare controcorrente? Non c’è un modo per tornare a casa, con una rotta a zig-zag?
Gillespie si chinò in avanti. — Con una nave progettata specificamente per questo genere di cose, potrebbe essere possibile. Ma secondo Aesop sarebbero necessari almeno duecento balzi nello spazio-beta, sempre ammesso che non incappiamo in una zona dove le condizioni sono peggiori, mentre le nostre riserve di carburante bastano per trenta balzi al massimo. E poi c’è da considerare il fattore tempo. Senza carte celesti che lo aiutino, Aesop dovrebbe eseguire rilevamenti sull’intera sfera di spazio circostante prima di ogni balzo, e ogni volta potrebbe metterci fino a quattro giorni. Moltiplicate questo tempo per il numero di balzi e otterrete un periodo superiore a due anni. E noi abbiamo cibo per un mese.
— Capisco — disse Mossbake. — È strano che non abbia pensato al cibo nonostante la mia esperienza. Questo vuol dire che dovremo… morire di fame?
I dodici seduti attorno al tavolo mutarono impercettibilmente atteggiamento, come se a loro si fosse unita una tredicesima, invisibile presenza, e Surgenor decise che era venuto il momento per lui di recitare ancora una volta la sua parte. In due decenni di lavoro aveva ormai quasi perfezionato l’immagine dell’uomo duro come una roccia, pieno di esperienza, imperturbabile, che non si arrabbia mai e che possiede riserve di energia inesauribili. In un certo senso, a volte si sentiva di dover rappresentare la nave, e offriva, com’era appena successo, un bersaglio umano per le frustrazioni che altri membri dell’equipaggio avrebbero voluto scaricare su Aesop. Era una parte che, in altre circostanze, aveva recitato volentieri, quando era ancora possibile ingannare se stessi, ma che negli ultimi tempi gli era diventata sempre più faticosa. Avrebbe tanto desiderato ritirarsi dalle scene, ormai.
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