Bob Shaw - Cosmo selvaggio

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Cosmo selvaggio: краткое содержание, описание и аннотация

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Un’astronave stellare da esplorazione spedisce su un pianeta sconosciuto sei moduli di atterraggio e ne vede tornare sette. Su quel pianeta c’и chiaramente “qualcosa che non va”… Ma nelle zone piщ remote e selvagge del Cosmo, si sa, le cose non vanno mai perfettamente lisce e gli esploratori devono sempre stare in guardia, devono sempre aspettarsi di tutto. Giustamente Bob Shaw ha messo in epigrafe alla strabiliante saga dell’astronave “Sarafand” questi memorabili versi di R. L. Stevenson: “Per il Cosmo strano e selvaggio me ne vado, da eterno straniero. Il mio amore sono le tue strade e i brillanti occhi del pericolo”.

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— Allora è così che la pensate. — Giyani si strinse nelle spalle e si allontanò da McErlain. Si appoggiò a un grosso albero dalle foglie gialle e rivolse la sua attenzione a Surgenor. — È la mia immaginazione, David, o quel cerchio si è ristretto ancora un po’?

Surgenor scrutò il disco nero, con le stelle che splendevano assurdamente, e la sua ansia crebbe. Il cerchio effettivamente sembrava un po’ più piccolo. — Dev’essere a causa dell’aria che passa da una parte all’altra — disse. — L’aria umida ha una massa notevole… Si interruppe, mentre Giyani con un movimento rapido si nascondeva dietro all’albero. Da dove si trovava, Surgenor lo vide afferrare la pistola. Si gettò dietro alla rampa, sperando in una protezione che nel suo cuore sapeva del tutto insufficiente, e nello stesso istante l’arma di McErlain emise una scarica. Il fucile doveva essere regolato sull’intensità massima, perché il raggio ultralaser annientò con un’esplosione lo spessore del tronco… e il petto di Giyani. L’uomo cadde in un ammasso di fuoco e di sangue. L’albero oscillò per qualche istante, in bilico sulle sue stesse ceneri, poi si inclinò e precipitò fragorosamente fra gli altri alberi.

Finalmente, rendendosi conto che la rampa non gli offriva nessun rifugio, Surgenor si rialzò e guardò McErlain. — È il mio turno, adesso?

Il sergente fece un cenno con la testa.

— Fareste meglio a saltare attraverso quel buco, prima che sparisca — disse.

— Ma… — Surgenor osservò la bizzarra coppia, il sergente McErlain e la figura grigia della Saladiana, e la sua mente cominciò a riempirsi di congetture.

— Voi non andate? — chiese, senza rendersi conto della futilità di quella domanda.

— Ho qualcosa da fare.

— Non capisco.

— Fatemi un favore — disse McErlain. — Riferite che mi sono riscattato. Una volta ho aiutato a uccidere un pianeta. Adesso aiuterò a riportarne uno alla vita.

— Continuo a non capire. McErlain diede un’occhiata alla donna aliena, senza nome. — Sta per avere un figlio. Forse più di uno. Non riusciranno mai a sopravvivere senza il mio aiuto. Non ci deve essere abbondanza di cibo.

Surgenor salì sulla rampa e si fermò vicino al disco nero. — E se non ce ne fosse per niente? Come potete sapere che sopravvivrete?

— Dobbiamo — disse McErlain. — Da dove pensate che siano venuti gli abitanti di questo pianeta?

— Potrebbero essere venuti da qualsiasi parte. Le probabilità che i Saladiani siano originari di questo pianeta, date le circostanze, sono così scarse che… — si interruppe con un senso di colpa, vedendo il bisogno disperato negli occhi di McErlain.

Guardò per l’ultima volta il sergente e la sua enigmatica compagna, poi si tuffò nel cerchio nero. Provò un attimo di panico, mentre cadeva nel buio, poi si trovò a rotolare sulla sabbia fredda, e si sedette, tremando. Le stelle familiari della notte saladiana brillavano sulla sua testa, ma la sua attenzione venne attirata dal cerchio da cui era emerso.

Era un disco di luce verdastra, sospeso sul deserto, una finestra dalla notte al giorno. Mentre guardava, si restrinse fino a ridursi alle dimensioni di un piatto splendente come un sole, poi di un diamante abbagliante. L’aria sibilava attraverso l’apertura con una nota lamentosa, sempre più acuta mentre si restringeva alla grandezza di una stella, e finalmente sparì.

Quando i suoi occhi si furono riadattati all’oscurità, riuscì a scorgere la figura di Kelvin che giaceva sulla sabbia a poca distanza. Si vedeva una macchia biancastra dove il tenente aveva spruzzato lo spray cicatrizzante, sulla caviglia.

— Avete bisogno di aiuto? — chiese Surgenor.

— Ho già chiamato — disse Kelvin debolmente, senza muoversi.

— Dovrebbero arrivare fra poco. Dove sono gli altri?

— Dall’altra parte. — Una parte della sua mente gli diceva che McErlain e la donna saladiana erano morti da milioni di anni, ma un’altra gli suggeriva che erano ancora vivi, perché il passato, il presente e il futuro sono una cosa sola. — Non possono farcela.

— Questo vuoi dire… che sono morti da tanto tempo.

— Si può anche dire così.

— Oh, Cristo — mormorò Kelvin. — Che modo stupido e inutile di morire. È come se non fossero mai vissuti.

— Non proprio. — Gli era venuto in mente che il desiderio del sergente McErlain di dare la vita a un nuovo mondo poteva essere stato esaudito. Letteralmente. Non ne sapeva abbastanza di biologia per esserne sicuro, ma gli sembrava possibile che, avendo a disposizione un milione di anni, e un ambiente favorevole, i microrganismi che brulicavano in un corpo umano potessero prosperare ed evolversi. Dopo tutto, Saladin aveva prodotto davvero una forma di vita intelligente…

Quelle speculazioni erano troppo al di là delle possibilità di Surgenor, date le sue condizioni presenti, ma a un livello mentale non logico, aveva un barlume di speranza che in qualche modo i Saladiani sarebbero venuti a sapere quello che McErlain aveva fatto per un membro della loro razza. Se fosse successo, allora, forse, avrebbero potuto gettare le prime basi per stabilire relazioni amichevoli.

Nel buio, Kelvin sospirò stancamente. — È ora che ce ne andiamo da questo pianeta, comunque.

Surgenor alzò gli occhi verso il cielo. Pensò a se stesso a bordo della Sarafand , in viaggio verso mondi lontani. Ma l’immagine del cerchio luminoso restò nei suoi occhi per molto, molto tempo, come un sole impalpabile.

McErlain si mosse debolmente nella penombra della caverna. Cercò di chiamare, ma la congestione ai polmoni si era fatta così acuta che dalla sua bocca uscì solo un rantolo soffocato. La piccola figura grigia all’imboccatura della caverna non si mosse, continuò a guardare pazientemente la vegetazione intrisa di pioggia. Non avrebbe saputo dire, nemmeno dopo tutti quegli anni, se la donna l’aveva sentito o no. Tornò a sdraiarsi, e mentre la febbre lo assaliva con più intensità, cercò di accettare il pensiero della morte.

Tutto sommato, era stato fortunato. La donna saladiana era rimasta per lui un essere alieno, col quale non vi era la minima possibilità di comunicazione, ma era rimasta con lui e aveva accettato il suo aiuto. Avrebbe potuto giurare di aver visto qualcosa di simile alla gratitudine nei suoi occhi quando l’aveva aiutata a superare il periodo difficile del parto, e la malattia che ne era seguita. Era stato bello per lui.

Poi era stato lui ad ammalarsi: avvelenato per avere assaggiato il frutto, o la pianta, o il seme sbagliato, nella sua ricerca di un cibo adatto a lei e ai suoi figli. In quelle occasioni, gli era sembrato che lei non fosse mai lontana dal suo fianco.

Ma la cosa più gratificante, per lui, era che la donna e la sua discendenza erano molto prolifici: i frutti di quel primo parto quadruplice erano giovani adulti ora, e avevano prodotto molti altri figli. Guardandoli moltiplicarsi, il senso di colpa, che l’aveva roso dal tempo dell’incidente della Georgetown , aveva cessato di dominare la sua vita. Era ancora dentro di lui, naturalmente, ma aveva imparato a dimenticarlo per ore di seguito.

Se solo fosse stato capace di insegnare ai bambini la sua lingua, di insegnare loro un solo concetto attraverso la barriera della diversa struttura logica, le cose sarebbero andate ancora meglio… Ma c’era un limite a quello che un uomo poteva chiedere. Aveva trent’anni, pensò McErlain, mentre il mondo della coscienza lo abbandonava, ed era sufficiente che gli fosse stata data l’occasione di riscattarsi…

Più tardi, mentre la luce bassa del sole calante filtrava fra gli alberi, la famiglia si raccolse attorno al letto su cui giaceva il corpo di McErlain. In silenzio, osservarono la Madre appoggiare una mano sulla fronte gelida e bagnata dell’uomo.

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