— Thomas, siamo noi adesso i padroni della scatola — disse Pottscamp. — La scatola è Astrobia. Ci siamo impadroniti di tutte le scatole. Adesso siamo noi a comandare e tu sei il giocattolo, e noi giocheremo con te fino a quando non decideremo di buttarti via.
— E allora, meccanismi ipertrofici, cosa siete?
— Chi siamo e da dove siamo sorti, Thomas? I testi che ti hanno lasciato studiare danno soltanto l’ombra della realtà. Un secolo fa, alcuni scienziati crearono il primo di noi per studiare meglio se stessi. Volevano scoprire se era possibile creare uomini migliori di quelli prodotti dalla natura stessa. Ma rimandiamo le spiegazioni, per il momento. Ascolta attentamente quanto ti dico, e poi dimenticalo.
«Tu qualche volta hai un po’ di fede, Thomas, e con quel tuo brandello di fede hai già indovinato chi siamo. Stando alle tue vecchie credenze, noi siamo diavoli. Il nome con cui noi ci chiamiamo è un altro, ma noi siamo più vecchi di questi nostri corpi artificiali, più vecchi dei nostri stessi programmi. Queste per noi sono case, case ben fatte, che abbiamo trovato, ripulite e addobbate, e nelle quali ci siamo sistemati. Questa piccola informazione, Thomas, è quella che dimenticherai per prima, completamente. Vedi? L’hai già dimenticata.»
Pottscamp aveva dato l’impressione d’inciampare sulle parole, dentro a quell’immenso stomaco senza luce che illuminava tutte le Cose che conteneva. Poi Pottscamp continuò.
— Volevano scoprire se era possibile creare uomini migliori di quelli prodotti dalla natura stessa. Non avrebbero mai dovuto togliere il coperchio da quella scatola. Tu stesso ci hai definiti come un sogno fantastico, la nostra presenza ti è sembrata meravigliosa. Non intendo parlarti di chimica paracolloidale e d’elettronica degli zigoti, e neppure di capsule neurali o di statoconduttori. Non è il mio campo, e tu stesso sei indietro di mille anni rispetto ai progressi della scienza. Poche volte, però, si è menzionato il materiale grezzo che fu usato per produrre il primo di noi, la matrice in cui sono stati incorporati i meccanismi e i controlli. Si trattava di una decina di criminali umani, giovani e ottusi. Le loro menti erano fin troppo semplici e univoche. Nei dieci giovani prescelti mancavano totalmente le cosiddette emozioni, l’indecisione, e certe aberrazioni umane come il rimorso e la coscienza morale. Erano un complesso di zombie selezionati con cura, grandi tabule rase sulle quali si poteva stampare di tutto. Gli scienziati stamparono su quelle tabule se stessi: noi.
«Ma gli scienziati che ci costruirono erano anch’essi un gruppo di dieci, e si erano scelti con estrema cura. Anch’essi erano relativamente giovani, intelligenti, e criminali. ‘Criminale’, per gli umani, è invece ‘Giusto’, per noi. La moralità e le sue infinite complicazioni avevano sempre paralizzato l’umanità, impedendole di andare avanti, e questi dieci scienziati lo sapevano. Essi stessi erano un’élite difficile da mettere insieme, anche in un mondo tanto popolato. Perciò decisero di riprodurre artificialmente se stessi, aggiungendovi ogni possibile miglioramento. Questi miglioramenti potevano facilmente essere inseriti in un meccanismo, mentre era molto più difficile incorporarli in se stessi.»
— è impossibile che sia successo in questo modo — protestò Thomas. — Voi siete esseri viventi, per quanto distorti e artificiali. C’è qualcosa che mi nascondete, qualcosa che dissimulate tra le vostre parole.
— Sii paziente, caro Thomas, e ascolta — disse Pottscamp, il lupo feroce dalle sembianze umane. — Ci costruirono come complessi meccanismi elettronici e chimici, con la capacità di riprodurre noi stessi alla stessa guisa degli uomini; tuttavia meno del dieci per cento dei nostri tessuti erano quelli umani originali, una volta che fummo completati. Vedi, noi disponiamo di cervelli e di memorie di riserva, collocati in varie parti del corpo. Possiamo modificare la nostra forma senza indebolirne le funzioni, e assumere forme diverse da quelle che usiamo per sembrare umani. Possiamo inoltre emettere delle estensioni di noi stessi, fluttuanti, come i serpenti della tua mente, Thomas. Possiamo fare tutto ciò che l’uomo può fare, anzi molto di più. Possiamo sostituirlo, praticamente. L’uomo è un’anticaglia. Chi ha bisogno di lui? Chi lo vuole?
«Ma siamo veramente uomini? A volte ci vien posta questa domanda. No, non lo siamo. Disponiamo di quella certa qualità che distingue gli uomini dagli animali e dalle macchine? No, non ne disponiamo. Ma neppure l’uomo ne dispone. Quella certa qualità è immaginaria.
«Basti dire che coloro che ci hanno inventato, avevano spezzato la barriera fra la sostanza vivente e quella inerte. E avevano scoperto che la vita è un’illusione. Bene, ci crearono allora come esseri morti, e noi siamo effettivamente dei morti. Siamo morti, e tutto è morto. Ma noi siamo convinti di essere completi. Sentiamo che non c’è altra dimensione al di fuori di noi stessi. All’inizio l’uomo ci ha creati. Poi noi creammo noi stessi con maggiore efficacia dell’uomo. Ci riproduciamo quasi sempre a modo nostro. Possiamo anche incrociarci con gli esseri umani, e i risultati sono assai curiosi. Siamo diventati uomini. Abbiamo rimpiazzato l’uomo. Presto l’uomo non sarà più nulla.»
— Se quello che dici è vero, vecchio Pottscamp, lupo e spettro, e io sento che non è completamente vero, allora qual è la differenza tra voi e l’umanità? — chiese Thomas. — Che importanza ha se l’umanità viene distrutta?
— A noi non importa affatto, Thomas — replicò il vecchio Pottscamp, lupo e spettro. — L’avremmo fatto tanto tempo fa, ma i particolari ci frenano e le difficoltà non si risolvono in un anno. Comunque, alla maggior parte dell’umanità non importa. La maggioranza, il tipico uomo della moderna Astrobia, scomparirà da sola. Il problema sorge con i dissidenti, gli atipici e gli insignificanti.
«Ma non intendo dire che noi siamo identici all’uomo: non lo siamo affatto. C’è un’enorme differenza. Tu te ne sei accorto, anche se non sei riuscito a darle un nome, quando hai parlato con i dissidenti di Cathead. Gli sputasangue, i ‘duri’, ci riconoscono ogni volta. Non ci scambieranno mai per uomini, neppure per un minuto. Vi sono delle differenze fra noi e gli uomini: o riusciremo a eliminare dall’uomo queste differenze, o elimineremo l’uomo stesso. Una di queste differenze è la coscienza. Gli uomini affermano di averla, noi non l’abbiamo.»
— Voi non siete coscienti? — annaspò Thomas. — Questa è la cosa più sorprendente che abbia mai udito. Voi camminate, parlate, discutete, sovvertite, avete pianificato i secoli a venire, e dite di non essere coscienti?
— Naturalmente che non lo siamo, Thomas. Siamo macchine: come possiamo essere coscienti? Ma crediamo che neppure gli uomini siano coscienti, che non esista una cosa chiamata coscienza. È un’illusione matematica, la sensazione che uno sia due. è una parola che non ha un vero significato.
— Ma se non siamo coscienti, allora tutto è inutile — disse Thomas. — Per quale ragione esisterebbe la vita?
— Per nessuna ragione — interruppe Boggle. — Ecco perché abbiamo deciso di eliminarla.
— Che cosa? Eliminare la vita? La vostra e la nostra? Ma è orrendo! — esclamò Thomas.
— Sì, tutta la vita, la vostra e la nostra — ripeté Boggle. — A chi mai può servire? Chi la vuole? Chi l’ha mai ideata? Serve soltanto a disturbare la soluzione finale, e non può essere tollerata più a lungo. Noi, come l’uomo, abbiamo una grande fame di vita. Gli uomini l’hanno inserita nel nostro programma, ma noi ora stiamo togliendola. La generazione dei nostri figli sarà l’ultima. Rimarranno soltanto il tempo necessario a controllare la scomparsa dell’umanità. Poi si autoestingueranno. Non sappiamo per quale ragione negli uomini si sia sviluppata una fame così assurda. Non sappiamo come l’uomo e le altre cose siano apparse. Ma è stata una cattiva idea fin dall’inizio. Appena noi saremo vissuti abbastanza, soddisfacendo le nostre curiosità (la curiosità fa parte dei nostri programmi, ma non è stata programmata nell’ultima generazione), allora faremo scomparire questa fame anche da noi stessi. Faremo scomparire anche la nostra riproduzione; in effetti, su di noi l’abbiamo già fatto. E metteremo fine al tutto. Chiuderemo i mondi e metteremo fine alla vita. E non ci sarà più niente, niente, niente, per sempre, per mai, eternamente. E quando nulla sarà, nulla sarà stato. Chiuderemo su di noi il buco nero del nulla. Spegneremo le stelle, una a una, miliardo a miliardo. Quello di cui non si conosce l’esistenza non esiste. E quello che non esiste non è mai esistito. La pace nell’annichilamento, caro Thomas.
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