Neppure i «duri» del Barrio e di Cathead tentarono di gettare discredito sulla sua investitura, a differenza di quanto avevano fatto nella maggioranza dei casi, in quegli ultimi vent’anni. Erano silenziosi, e c’era uno sguardo strano su quei milioni di volti. Gli sputasangue, i «duri» di Cathead, si guardavano in faccia e poi guardavano i loro capi. E questi fissavano il suolo, come se potessero trovare la risposta tra la polvere dei vicoli e sui marciapiedi sgretolati.
— Non ci metteremo in marcia subito, ma soltanto tra dieci giorni — dichiarò Battersea, uno dei capi di Cathead. Gli altri capi e la massa dei poveracci che li circondava sembrarono d’accordo.
E Thomas, dentro di sé, era tranquillo e fiducioso. La calma che regnava in quel luogo era peculiare. — è una calma voluta — disse tra sé, — e non ne sono certamente io l’origine. Se potessi rompere questa calma, mi troverei al centro della sommossa.
Qualche tempo prima, durante gli ultimi giorni della campagna elettorale, Thomas aveva avuto un incubo, un pomeriggio, mentre passeggiava. L’incubo era stato cancellato dalla sua mente, ma ce n’era ancora un frammento insepolto, e a volte riusciva quasi ad afferrarlo e a riportare alla memoria anche il resto. Una mezza dozzina di volte era quasi riuscito a ricrearlo, ma c’era qualcosa che ostacolava e distruggeva questo processo. Gli sfuggiva, gli scivolava via, cambiava forma, sfumava. C’era qualcosa nella sua mente che lo spingeva via. L’incubo riguardava quei fantocci meccanici, ì Programmati: nel suo incubo i Programmati erano i veri governanti del mondo, e anche gli esseri umani erano talmente programmati, ormai, e meccanici, che non si avvertiva più la differenza. Ma c’era molto di più: c’era l’annichilamento dei mondi, la cancellatura totale del passato, cosicché niente sarebbe mai esistito, e niente sarebbe mai potuto essere in futuro. E poi, subito dopo, non c’era più niente di tutto questo. Non i mondi, ma l’incubo stesso non era mai esistito.
Ancora una volta gli era scivolato via dalla mente. Che cosa gli era successo? A causa di questo stato di cose, Thomas aveva un tremendo mal di capo, e si sentiva quasi prostrato. Poi inghiottiva un paio di pastiglie, e il malessere spariva, come spariva l’incubo e il ricordo di esso.
Il lavoro del Presidente del Mondo era sorprendentemente facile. Le leggi venivano proposte, accettate e portate a lui dai Maestri della Legge, le cento e una grandi menti di Astrobia (selezionate dalle macchine per la loro genialità in campo legale), le quali si occupavano di queste faccende con tanta maestria. Naturalmente, un numero particolarmente elevato di leggi fu presentato al nuovo Presidente, perché vi era appunto l’abitudine di scaraventargliele addosso a mucchi, all’inizio. Ma venivano sbrigate tutte, con grande facilità.
Ogni legge poteva essere analizzata dalle macchine, interpretata e suddivisa nelle sue componenti, e la decisione giusta poteva venire presa automaticamente. E a volte Thomas aveva l’impressione che le decisioni gli venissero indicate automaticamente anche dall’interno della sua mente. E, dentro e fuori, la decisione era sempre la stessa: Approvale. Com’era possibile sbagliarsi, se la decisione era sempre «sì»?
C’era anche un’altra ragione per votare «sì». Il Presidente di Astrobia che per tre volte avesse posto il veto a una proposta accettata dai Maestri della Legge, era condannato a morte. Non aveva alcuna importanza la forma in cui la proposta era presentata.
Credete che questo rendesse il lavoro del Presidente del Mondo puramente rappresentativo? Niente affatto. Il suo vero lavoro consisteva nel mettere in moto tutto quel meccanismo che portava alla formulazione delle leggi, consultando, consigliando, mantenendo o creando un consenso. L’approvazione vera e propria della legge, una volta definita, era una tradizione che si era conservata dai tempi antichi. Si presumeva che l’approvazione fosse automatica.
Quanto alle leggi in se stesse, molte avrebbero lasciato perplesso perfino il più smaliziato azzeccagarbugli.
Bene, Thomas era stato anche uno smaliziato azzeccagarbugli, ai suoi tempi. Perciò esaminò attentamente alcune delle leggi. Sapeva tutto su certe clausole tranello che possono costellare una legge, forse più di quanto sapessero le macchine analizzatrici. Lui stesso aveva inventato delle clausole tranello. Ma diede la sua approvazione a un mucchio di leggi che, in verità, non avrebbe voluto approvare.
— Diventa sempre più strano — disse. — Qualcun altro sta pensando con la mia mente, qualcun altro sta parlando con la mia voce, e ora, infine, qualcun altro ancora sta firmando le leggi con la mia mano.
Varò la Nona legge della Standardizzazione delle Menti, come pure quella degli Obiettivi della Mente. Qualcuno stava costruendo un edificio sempre più alto su quelle fondamenta artificiali. — Che bizzarri castelli in aria stanno fabbricando! — esclamò Thomas. Ma approvò la legge, chiedendosi tuttavia che cosa si stesse tramando, e quale fosse la vera ragione per cui la approvava.
Eliminò delle stonature da alcune leggi, prima di approvarle. In qualche modo, tuttavia, queste stonature saltavano fuori di nuovo attraverso vari permessi privati. Così corresse con estrema attenzione la Legge della Benevolenza Obbligatoria. Questa legge andava al di là perfino dell’Atto della Mente Aperta. — Questa non mi pare proprio la Benevolenza che conoscevo — dichiarò Thomas.
Le stonature riemergevano, abilmente camuffate in nuove leggi. La cosa diventava sempre più disdicevole, man mano diventava più chiaro il profilo dell’edificio che doveva sorgere su quelle benevole fondamenta.
Thomas desiderava ardentemente di ricordare qualcosa di più a proposito di un certo viaggio nell’incubo.
Ed ora c’era una legge piuttosto trascurabile fra le tante, ma in qualche punto della sua mente suonava un campanello d’allarme. Forse era un avvertimento di Rimrock l’ansel! Aveva un suono familiare, del tipo Gli Assassini ti sono addosso, ma non era espresso a parole. Thomas era appena stato assai brillante nell’individuare delle assurdità in una serie di leggi, e aveva sollevato obiezioni. In toni teatrali aveva fatto prevalere la sua esperienza, e ne era molto orgoglioso. Ma ora sentiva anche un po’ il bisogno di riposarsi. Preferiva che queste ultime leggi ancora da approvare scivolassero via lisce, e si sentiva un po’ irritato dall’avvertimento che gli ronzava nella testa.
Perciò riuscì a malapena ad accorgersi di ciò che non andava nella legge del Distacco dalla Terra: era nascosto in una nota in calce a un’altra nota in calce. Ma quando la individuò, ne fu scosso come se avesse raccolto un serpente credendo che fosse un bastone (usò appunto questa frase).
Si trattava di una semplice clausola intestata Residui. Bene, in un certo senso il provvedimento metteva fuori legge tutti i residui di una cosa che un tempo sembrava importante, perciò poteva anche entrare tra i Residui. Soltanto, non aveva a che fare con la legge del Distacco dalla Terra. A dire il vero, Thomas non trovava nulla di troppo sbagliato nella proposta, salvo che lì era completamente fuori posto e che gli veniva presentata in modo disgustosamente arrogante. Non era contrario all’idea in sé: era l’abissale presunzione dei Maestri della Legge, o di chiunque altro, che inserivano quella clausola in una legge alla quale non apparteneva, e che cercavano di fargliela scivolare sotto gli occhi senza che lui se ne accorgesse.
— Dovrebbero chiamarla la «Legge per l’Interdizione dell’Aldilà» — disse. Era una cosa plausibile e proprio questo la condannava: perché preoccuparsi di fare una legge per una cosa del genere? Non ce n’era bisogno. Non c’era ragione per farlo. Ma qualcuno si stava dando da fare per fargliela approvare a sua insaputa.
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