Intanto qualcuno aveva fatto il numero di Thomas, forse per caso, forse per controllarlo, e cercava di penetrare nella sua mente.
— Vade retro! — disse Thomas, gridando. — Vade retro! ti dico! Sì, lo so che è sbagliato escludere qualcuno dalla mia mente. E so che tu hai altrettanto diritto quanto me. Cerca di capire! Cerca di capire! Questa è una cosa che sfugge, e devo risolverla da solo. Sono un uomo imperfetto, e di tanto in tanto debbo avere qualche momento tutto per me. Vade retro! Io ti escludo dalla mia mente!
L’intruso abbandonò rabbiosamente la mente di Thomas, il quale provò un senso di colpa. — Se il futuro Presidente di Astrobia sarà trascinato davanti a un tribunale sotto l’accusa di aver violato la legge della Mente Aperta, la cosa non farà certo una bella impressione! — esclamò.
C’era un fruscio e un rumore dietro alle sue spalle, e la cosa cominciò a preoccuparlo. Ma aveva molte altre preoccupazioni, mentre la sua mente era dibattuta tra opposte tendenze.
— È incredibile che esista questo mondo — disse ancora una volta rivolto a se stesso. — Sembrava così grottesco, così amaramente comico quando lo inventai… Vorrei proprio non aver letto tanto, specialmente dopo la mia prima morte! La mia mente si confonde, al pensiero che alcuni abbiano visto con favore un mondo malato come questo. Bene, io, comunque, debbo viverci. Lascerò che chiunque penetri nel mio cervello mi parli ancora della sua bellezza… Gloria a Ouden, il Tutto nel Nulla!
«No, no, è tutto sbagliato!» Thomas si strappò ai pensieri che tentavano di soggiogarlo e corse via, incespicando, schiamazzando contro se stesso.
— Sono serpenti che si contorcono nella mia mente! Non sono pensieri veri! Come ho fatto a crederci, proprio io, che sapevo fiutare da lontano ogni inganno? Come han fatto i serpenti a insinuarsi nella mia mente? Mi sono forse lasciato spaventare come una pecora, permettendo che entrassero? Come ho fatto a smarrire la mia umanità? Quand’ero ragazzo credevo in Dio. Quando sono diventato uomo ci credevo ancora per metà. Come ho fatto a lasciarmi incantare da questo Grande Zero, dal mostruoso Omega, dal depravato Ouden-Nulla? Chi avrebbe mai pensato che da uomo così maturo mi sarei messo ad adorare un dio così vuoto?
«Che pensieri pericolosi! Ora i Mastini sono nuovamente alle mie calcagna! »
Thomas More, candidato alla Presidenza di Astrobia, aveva vagato come un sonnambulo ed era giunto in un luogo che odiava e disprezzava. Cosa lo aveva attirato laggiù? Ora si trovava in un grosso agglomerato urbano tra Cathead e Wu Town, la meno dorata e la meno fedele fra le città di Astrobia. Si rese conto del fetore che emanava da Cathead nel preciso momento in cui udì dietro di sé il fruscio e il rumore metallico. Cominciò a correre.
Gli Assassini programmati si erano accorti del cambiamento avvenuto in Thomas. Non gli sorridevano più enigmaticamente mentre lo guardavano, come se aspettassero qualcosa. Non avevano mai smesso di seguirlo, e ora se ne ricordavano il motivo. Thomas era nuovamente cambiato, e che questo fosse un cambiamento temporaneo o permanente, non li riguardava. Adesso lo inseguivano per ucciderlo.
— Sono perduto! — urlò Thomas. — Mente mia, ripensaci! Fai che mi ritorni la fede nella Grande Cosa! Serpenti della mia mente, fate tintinnare un’altra volta il vostro felice annuncio… dite al mondo che Thomas è ancora una volta fedele all’Ideale! Dite a quegli oggetti che avanzano con fragore metallico che io non sono pericoloso per nessuno, ma che essi, al contrario, rappresentano un pericolo mortale per me!
Thomas scivolò e cadde, e riuscì a risollevarsi appena in tempo. Corse a perdifiato, ed essi lo inseguirono da molto vicino. Un corridore allenato e robusto avrebbe potuto distanziarli per qualche minuto, ma gli Assassini programmati erano infaticabili, e riguadagnavano sempre il terreno perduto. Thomas cercò di ricordarsi la topografia delle strade e delle viuzze, anche di quelle che non aveva mai attraversato. Si era perduto, ma i suoi inseguitori sapevano perfettamente dove si trovavano. Sapeva che alcuni di loro si erano staccati dal gruppo per bloccargli le altre vie di fuga: anche se avesse deviato, cercando una via di scampo, lo avrebbero ugualmente messo con le spalle al muro.
Poi, improvvisamente, si voltò a guardare i suoi inseguitori con un’aria di sfida, e le sue paure gli parvero ripugnanti.
— Serpenti della mia mente, fuori, fuori! — urlò. — Non vi concedo più asilo! Morirò da uomo, se dovrò morire qui. Ora so che il mio primo giudizio era quello giusto. Maledizione, tutto era sempre oro falso e zolfo. Preferisco essere uno di quei disgraziati di Cathead e sputar sangue per tutta la vita, piuttosto che essere il re della loro follia!
Ma non sarebbe stato più nulla, se non fosse riuscito a sbarazzarsi degli Assassini. Avrebbe sputato tutto il suo sangue molto più rapidamente di qualsiasi sputasangue di Cathead. La strada di fronte a lui proseguiva verso un quartiere che lui conosceva, mentre alla sua destra un vicolo cieco rappresentava una trappola mortale. Thomas volle precipitarsi verso la strada aperta, ma invece qualcosa lo fece svoltare nella viuzza senza sfogo.
— No, no! — urlò ancora. — Non voglio entrare in questo vicolo, non c’è via d’uscita. Perché mai sono entrato in questa trappola mortale? L’altro giorno qualcuno pensava col mio cervello e parlava con la mia bocca. Questa sera qualcuno sta correndo con le mie gambe!
Ma, ugualmente, sparì dentro il vicolo cieco con un balzo possente. In fondo, in un muro di mattoni c’era uno squarcio che poteva lasciar passare un uomo deciso, specialmente se la sua vita di quell’uomo fosse dipesa da questo. Era quasi arrivato allo squarcio, quando dall’altra parte del muro un Assassino programmato si fece strada, seguito da un altro.
Lo avevano chiuso in mezzo! Le pareti tutto intorno erano di pietra e di mattoni verdi e fangosi, bagnati dalla pioggia e corrosi dal tempo, e nessuno sarebbe mai riuscito a scalarle. E non si vedevano porte, né altre aperture di sorta, per tutta la lunghezza del vicolo.
Non c’erano porte? Ma era poi vero? A Thomas sembrò di essere un burattino legato a fili invisibili. Ebbe inoltre l’impressione che fosse meglio che gli Assassini lo uccidessero lì, subito. Qualcuno lo aveva attirato in quell’angiporto. Se avesse tirato diritto avrebbe avuto una possibilità di sfuggire agli uccisori. Lo aveva già fatto altre volte. Ma lo avevano attirato lì per ucciderlo o per qualcosa di peggio?
Infatti c’era davvero una porta. Una porta che non esisteva qualche attimo prima e che non sarebbe dovuta essere lì in quel momento.
— Cosa rischio? — si disse Thomas, ad alta voce. Si precipitò attraverso la porta (e intanto i serpenti stavano ritornando nella sua mente) sapendo di passare dalla realtà al sogno, sapendo di passare dalla vita a qualcosa di ben più strano della stessa morte. Sbatté la porta con violenza, chiudendosela alle spalle. E si trovò nel buio più completo.
— Siediti al nostro tavolo — disse una voce, una voce che veniva dal lato sbagliato, dalla testa di Thomas o da qualche punto al di fuori di essa. — Adesso parliamo.
— Accendete la luce — fece Thomas. — è troppo buio.
— Non abbiamo bisogno di luce — disse la voce. — Smettila di combattere le cose che sono nella tua testa! Esse possono vedere là dove tu non vedi, no? Non riesci forse a vedere, ora, senza la luce?
Thomas vedeva, e senza la luce. Vedeva delle Cose attraverso gli occhi di qualcun altro, forse attraverso gli occhi delle Cose stesse.
Vedeva nell’oscurità più completa attraverso gli occhi dei misteriosi serpenti della sua mente, e stava guardando Cose che avrebbe preferito non vedere.
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