— Ma, Thomas, tutti coloro che si trovano nel Barrio e a Cathead hanno scelto essi stessi di venirci. Hanno lasciato la faccia civile di Astrobia di loro spontanea volontà per costruire questi enormi alveari. Se vogliono, possono ritornare indietro oggi stesso, in questo preciso momento, e ricevere tutte le cure di cui hanno bisogno, essere reintegrati nelle proprietà e sistemarsi a loro piacimento. E inoltre non dovrebbero più temere gli Assassini meccanici.
— Mio Dio, ma perché non lo fanno?.
— Fermatelo! — urlò Paul. Il pazzo delle capre si era alzato di scatto, precipitandosi verso l’uscita proprio nel momento in cui un’orda di Assassini meccanici avanzava lungo la strada. Molti degli uomini si alzarono a loro volta, nonostante l’estrema stanchezza, ma tornarono subito a sedersi.
Troppo tardi.
Il pazzo, con le sue capre, era più svagato del solito, o forse non era abituato a un numero così grande di Assassini, attirati dalla presenza di Thomas. Sapeva come schivare uno o due Assassini, il povero folle, sgattaiolando qua e là. Ma questa volta ce n’erano troppi.
Gli Assassini avanzarono a grandi falcate e lo colpirono a morte appena fuori dalla porta. Gli altri passanti si misero in salvo e le caprette belarono desolate. Poi, mentre gli Assassini continuavano la loro marcia implacabile alla ricerca di un altro ingresso, torme di affamati si avventarono sulle tre piccole bestie e si azzuffarono ferocemente per impadronirsene, le fecero a brandelli e cominciarono a ingozzarsi di carne cruda e sanguinolenta.
— Ne ho abbastanza — gemette Thomas. — Non ho mai difeso il lusso e la ricchezza. Credo pienamente che la povertà sia santa, ma questo devo aggiungere: la povertà è come una bevanda; se è poca stimola e arricchisce lo spirito creativo, ma se è troppa può trascinare alla depravazione e all’orrore. Voglio far subito qualcosa per questo mondo, e devo andare al nocciolo della questione, poiché in caso contrario non risolverò mai il mistero della degradazione che lo affligge. Come posso entrare in contatto con gli uomini che mi hanno fatto chiamare? Ho visto fin troppe cose dell’«altra faccia» di questo mondo, per oggi.
— Un centro di comunicazioni si sta avvicinando, su due o su quattro zampe — disse Paul. — Può mettere in contatto chiunque.
— Sì, è qui vicino, lo sento. Ha parlato con me, l’ho visto per un istante durante l’imboscata. è Rimrock, l’uomo oceanico! Con lui, almeno, mi sarà possibile ragionare.
E Rimrock, l’uomo oceanico, entrò nella stanza, scivolando, poi su quattro zampe, poi su due. Abbracciò Thomas con grande effusione.
Un ansel assomiglia un poco a una foca della vecchia Terra. Può scivolare sulla terraferma a grande velocità, come se si trovasse in acqua, e può perfino camminare, come un uomo. E ha dei curiosi poteri mentali.
— Amico del verde oceano — lo salutò Thomas con voce stentorea, — dalla nera pelle gommosa e dalle orecchie cespugliose! Tu cammini e saltelli, parli nelle menti degli uomini e compari davanti a loro. Spiegami il significato di questo pianeta maledetto, Rimrock.
— Hanno chiesto di te, tu sei venuto. Io e qualcun altro abbiamo pensato che avresti dovuto conoscere quello che c’è di sano nel Barrio e a Cathead, prima di sprofondare nella follia dell’Astrobia civile. Ma i grandi ti aspettano impazienti già da un giorno e una notte e un’altra mezza giornata. Sono agitati, hanno una tremenda paura che qualcuno abbia rubato il loro gettone vincente e lo possa usare in qualche modo contro di loro. E io dovevo liquidare una faccenda con un altro, un finto ansel che aveva parlato nella mente di Paul per farvi cadere in un agguato e uccidervi. Il sangue che mi ricopre è fresco, spero non ti dia fastidio.
Rimrock, l’ansel, era molto più grosso di una foca terrestre, e la bocca ornata di denti taglienti come rasoi era larga più di un metro.
— Sta venendo qui! — urlarono tutti insieme gli uomini stanchi dagli occhi cerchiati di rosso, balzando in piedi. — Via, via! — e si precipitarono tutti verso le stanze interne dell’edificio, oppure, impugnando sbarre d’acciaio e scalpelli, verso la strada, ad affrontare gli Assassini.
— Cosa succede? — domandò Thomas. — Quale altra sciagura si è abbattuta su di noi?
— Tenebra e desolazione — disse Rimrock. — Abbiamo visite. è incuriosito dalla tua presenza, qui. So che lo hai già incontrato in altre occasioni sul tuo stesso mondo, sia pure per pochi attimi. Sono convinto che hai conosciuto qualche frammento della sua presenza anche durante il tuo ultimo viaggio. Eccolo, è lui in persona.
Entrò invece la donna bambina Evita, simile a uno spettro, d’una bellezza insolita e misteriosa, d’una depravazione così profonda, abissale, da mozzare il respiro. Fin dal primo istante Thomas rabbrividì: qualcosa, in Evita, trascendeva i limiti del mondo.
— Volevo vederlo e parlargli — disse Evita. — Ma ecco che viene l’antico mostro. Parlerò a Thomas in un altro luogo e in un altro momento.
Svanì. Paul, Thomas e Rimrock, l’ansel, erano soli. Allora venne il mostro Ouden, si sedette tra loro e li avvolse.
Il breve resoconto che segue è necessariamente mistico. Non sappiamo se Paul e Thomas abbiano veramente scambiato queste parole con Ouden, e non avremmo potuto ascoltare, comunque, il colloquio tra Ouden e Rimrock, ma soltanto percepirlo a grandi linee. E non siamo neppure sicuri di quali parole abbia detto Thomas, e quali Paul, nel dialogo tra uomo e mostro. Semplicemente, vi fu una presenza, e un confronto.
Paul-Thomas, però, sapeva chi era Ouden. Alla sua presenza, la pelle si raggrinziva e le ossa si svuotavano.
— Sei simile a un fantasma — disse Paul-Thomas. — Sei qui soltanto perché noi crediamo di vederti? Chi è nato per primo, tu, o la credulità degli uomini in te?
— Io sono sempre esistito, e la credulità va e viene — replicò Ouden. — Chiedilo all’ansel: non facevo forse parte dell’oceano fin dall’inizio?
— Che cosa hai fatto a Rimrock? — domandò Paul-Thomas. — Sta diventando più piccolo.
— Si, ridiventa un animale in mia presenza — spiegò Ouden. — E così sarà anche per voi e per la vostra specie. Precipiterete all’indietro, sempre più indietro, e io vi annienterò.
— Io ti rinnego! — gridò Paul-Thomas. — Tu non sei niente del tutto… tu sei il Nulla!
— Sì, sono il Nulla. Ma quelli che m’incontrano commettono l’errore di non capire la natura del mio nulla. Io sono un vortice, sempre agitato e ribollente. T’intendi di topologia? Io non avvolgo, forse, l’intero universo? È come se ogni cosa fosse rovesciata dall’esterno all’interno: ora, tutto si trova all’interno del mio nulla. Molti considerano il Nulla una semplice negazione, e persistono a considerarlo tale fino alla loro morte e distruzione.
— Noi ci facciamo beffe di te — disse Paul-Thomas. — E tu sarai sconfitto.
— No, è fin troppo facile per me vincere su Astrobia — ribatté Ouden. — Ho le mie creature che operano per me. Le vostre menti, la vostra stessa immaginazione s’indeboliscono. Io stesso spengo la fiamma. Ogni vostra azione stupida, ogni parola stupidamente ripetuta vi porta più vicini a me. Dite una menzogna, e io vinco. Ma è soprattutto nelle vostre menzogne più trite che la mia vittoria diventa un trionfo.
— Vecchio nulla che succhi le fiamme per spegnerle, ci sono delle fiamme che divampano più alte di prima! — esclamò Paul-Thomas.
— Non riattizzerò il fuoco — disse Ouden. — Io vi divorerò. Distruggerò la vostra sostanza. Una sola volta la fiamma si è riaccesa. Sono stato sopraffatto una sola volta, ma anche allora ho finito per vincere. Ho soffocato la fiamma quasi dovunque, e la spegnerò per sempre qui.
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