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Raphael Lafferty: Maestro del passato

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Raphael Lafferty Maestro del passato

Maestro del passato: краткое содержание, описание и аннотация

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Il “migliore dei mondi possibili” è Astrobia, pianeta costruito sul modello dell’Utopia, dove agi e ricchezze sono a disposizione di chi li vuole. Ma proprio quando il sogno sta per realizzarsi ecco scoppiare una crisi inspiegabile: perché la gente volta le spalle al benessere e sceglie di vivere nel pericolo, negli stenti? I capi di Astrobia non lo sanno, e decidono di chiedere aiuto al passato, cercando nella Storia un leader che possa salvare la loro civiltà perfetta. Inizia così uno dei romanzi più ironici e profondi degli ultimi anni. Un’opera inesauribile, allegorica e umana, che mostra realtà e sogno, mostri e astronavi, assassini meccanici e individui programmati. Un futuro di paria e di dominatori, dove il sublime si alterna al mediocre e dove sovrastano sulla scena figure misteriose: il Rimrock, la creatura oceanica, Evita, la strega bambina, e soprattutto il fondatore e insieme il più grande avversario dell’Utopia: Thomas More, il “Maestro del passato”. Nominato per il premio Hugo in 1969.

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— Sto cercando le parole giuste, Thomas… ma bisogna vedere per credere! è una cosa meravigliosa.

— Dici davvero, Paul? Si può uscire ogni mattina con canna e lenza e riempirne un cesto?

— Un cesto? Thomas, parli come un bambino. Come puoi mettere nel cesto pesci lunghi due metri? Su Astrobia, se vai fuori in barca senza intenzione di pescare, i pesci saltano fuori da ogni parte e ti supplicano, garantito, che tu gli getti l’amo.

— Paul, sono davvero felice che ai pescatori del futuro non manchi la voglia di contarle grosse. Era una cosa che mi preoccupava.

Raggiunsero lo spazioporto e presero posto sull’astronave, pronti a spiccare il volo per Astrobia. Thomas si era caricato di gialli, western, romanzi di fantascienza e qualche libro un po’ piccante, che per lui era un’assoluta novità. Aveva anche scoperto il tabacco, e dichiarò che il sigaro era la cosa più bella dopo i Vangeli. Dichiarò che avrebbe occupato tutto il viaggio a fumare e a leggere. E così balzarono nello spazio, e tutto andò bene finché non sprofondarono nell’altro universo.

Thomas, no, la creatura chiamata Thomas, tentò inutilmente d’imprecare, ma la sua voce non era più tale. L’inversione basilare era avvenuta in lui, puntualmente, nello spazio di Hopp, scatenandogli in corpo una rabbia spaventosa.

— Succede a tutti, Paul? — disse infine, completamente frustrato.

— A tutti quelli che viaggiano con l’equazione di Hopp. Il viaggio nello spazio normale dura cinque anni.

— Che importanza ha il tempo, per uno che ritorna dopo la morte? Morto da mille anni, sono costretto a vivere questa vergogna! — esclamò lui, o lei, o qualsiasi altra cosa.

Poi, un’altra volta, i sogni del viaggio, per Paul e adesso anche per Thomas. Migliaia di sogni, lunghi non più di un minuto e mezzo ciascuno, dai colori smaglianti. In uno di questi sogni Thomas incontrò un essere oceanico chiamato Rimrock, e non vi trovò nulla di strano. Vide una creatura dalle parvenze femminili che era allo stesso tempo Succubus, Eva, Lilith, Giuditta, Maria e Valchiria. Ebbe una rapida, allucinante visione di tre uomini che non aveva mai conosciuto. Uno di essi era un ragno dalla testa di leone. Un altro era una volpe, ma una volpe dall’aspetto bizzarro. L’ultimo era un falco, e stava seduto a un tavolo, giocherellando con alcune conchiglie, e una di esse aveva una forma insolita. Questo sogni affondarono nelle profondità del subcosciente di Thomas, ma sarebbero prontamente riemersi quando avesse incontrato quelle persone.

3. Il marinaio nudo

— È meraviglioso, Paul… è incredibile! — Thomas balbettò quando furono usciti nello spazio normale, orbitando intorno ad Astrobia. — È un pianeta dorato! Quand’ero bambino, mi avevano detto che le strade di Parigi erano lastricate d’oro; oppure quelle di Roma, di Costantinopoli, di Cordoba… Ho visitato tutte quelle città, ma nessuna di esse era lastricata d’oro. L’ambasciatore spagnolo mi parlò invece di Città del Messico. Non vi sono mai stato, ma il dubbio, ormai, si era insinuato in me… Qui, l’intero pianeta è d’oro!

— È il colore del nostro sole — disse Paul. — Per noi è bianco, e anche a te sembrerà così.

Toccarono la superficie solida di Astrobia, uscirono dalla nave e l’affidarono ai tecnici. S’incamminarono verso le sale di riposo.

— Non da quella parte, Rosso, è una trappola! È una trappola! — La voce dell’ansel esplose nella mente di Paul. — Alla tua sinistra! Presto, alla tua sinistra! Ci sono degli amici al limite del bosco!

— Non da quella parte, Thomas — disse Paul, cambiando direzione. — Attento, ora. Era la voce di Rìmrock, l’ansel, ad avvertirci… Ma tu non sai nulla degli ansel.

— Perché mai? Certo che lo so, Paul. Rimrock ha parlato nella mia mente molte volte, durante le ultime ore del Passaggio. Mi farà piacere incontrarlo. Ma adesso non ho sentito nulla. Ne sei sicuro?

— No, ma non andremo alle sale di riposo finché non avrò tutte le garanzie. Ora è importante sapere cosa sta accadendo, e lo sapremo laggiù, dove cominciano gli alberi. Muoviti, ma sii prudente.

— Paul, non mi piace. — Thomas restò indietro. — E non trattarmi come un ragazzino. Per quanto riguarda le trappole e imboscate, ho molta più esperienza di te. Gli Uomini del Re molte volte usano trappole doppiamente contorte. E sento puzza di bruciato…

Troppo tardi.

— Paul, Thomas! Fuggite, presto! — La voce glauca di Rimrock risuonò nelle loro menti. — Non sono stato io a parlarvi prima, è stato un altro… Fuggite!

Troppo tardi.

Paul e Thomas furono abbattuti come fuscelli.

C’era un oscurità penosa, agonizzante, una confusione cieca, una morte divoratrice che avvolgeva la mente e il corpo di Paul. Puzzava, ruggiva, rimbombava, nauseante e spaventosa. Un confuso frastuono in lontananza si avvicinava, precipitoso, ma non avrebbe fatto in tempo a salvarli…

Paul considerò quanto fosse bella la luce del tramonto, specialmente quando si è appena morti. La sua mente ondeggiò nell’improvviso spezzarsi della luce, e c’era del terriccio nella sua bocca. La doppia visione che accompagnava un violento colpo alla testa, lo stordimento, il dolore lancinante, favoriscono il distacco.

Paul udì, con orecchie che sembravano appartenere a un altro, un possente boato. Lo diverti pensare che Thomas More, morto mille anni prima, lottasse rabbiosamente per non morire. C’era un altro individuo, longilineo, la testa rossa e il volto ghignante, che non sembrava neppure lui disposto ad accettare la morte. Paul raccolse le due metà della sua mente, le riunì, e si accorse che l’altro individuo era lui stesso, e che una furia scatenata stava esplodendo in lui. Un nuovo colpo alla testa, più violento del primo, invece di fracassargliela aveva compiuto il prodigio.

Sputò fuori il terriccio, e in preda a una gelida rabbia si rialzò: — Se tutto questo non mi ha ucciso, neppure il diavolo ci riuscirà — disse tra sé. C’era una speranza. Il frastuono era cresciuto in un’orrenda cacofonia, e Paul riconobbe le urla dei miserabili sputasangue di Cathead, che si precipitavano al suo fianco. Gli sputasangue odiavano tutti, ma soprattutto gli Assassini meccanici.

Anche Thomas non era rimasto a terra; colpito anch’egli due volte, era balzato in piedi e lottava, mescolando urla selvagge e parole, di cui soltanto ora Paul riuscì ad afferrare il senso:

— Di fronte, di fronte! — gridava Thomas. — Sono gli Uomini del Re. Cercano di ucciderti alle spalle. Ti colpiscono alla schiena, alla spina dorsale, alla base del cervello… Chi cerca di fuggire può considerarsi già morto. Di fronte, di fronte!

Ma in quel momento non c’erano più soltanto gli Assassini. C’era una folla tumultuante, uomini e cose uccidevano ed erano uccisi. Paul ricevette un altro colpo che quasi gli fece schizzare le cervella, ma l’oblio non riuscì a ghermirlo. L’oblio era come un miraggio, e gli sgusciava sempre via tra le dita nell’indescrivibile confusione. Suoni vicini e lontani rimbalzavano intorno a lui e l’intera battaglia era un sogno. Sirene squillavano cupamente, da navi di cristallo, su azzurre e sconfinate profondità marine…

Uno degli Assassini giaceva a terra. Un gigantesco sputasangue era stato ucciso. Anche un ragazzo chiamato Adam era stato ucciso.

Non era forse lo stesso Adam che era stato ucciso prima? No, non era necessariamente lo stesso Adam, non questa volta. E neppure l’altra. Il ragazzo era stato ucciso in uno dei sogni durante il Passaggio, e quei sogni (fuori del tempo) potevano appartenere al passato come al futuro.

Quando Paul si accorse che lo stavano salvando, provò un’immensa felicità, come un fanciullo, come se gli spettasse di diritto. Udì Thomas e l’ansel che parlavano, ma non a parole:

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