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Raphael Lafferty: Maestro del passato

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Raphael Lafferty Maestro del passato

Maestro del passato: краткое содержание, описание и аннотация

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Il “migliore dei mondi possibili” è Astrobia, pianeta costruito sul modello dell’Utopia, dove agi e ricchezze sono a disposizione di chi li vuole. Ma proprio quando il sogno sta per realizzarsi ecco scoppiare una crisi inspiegabile: perché la gente volta le spalle al benessere e sceglie di vivere nel pericolo, negli stenti? I capi di Astrobia non lo sanno, e decidono di chiedere aiuto al passato, cercando nella Storia un leader che possa salvare la loro civiltà perfetta. Inizia così uno dei romanzi più ironici e profondi degli ultimi anni. Un’opera inesauribile, allegorica e umana, che mostra realtà e sogno, mostri e astronavi, assassini meccanici e individui programmati. Un futuro di paria e di dominatori, dove il sublime si alterna al mediocre e dove sovrastano sulla scena figure misteriose: il Rimrock, la creatura oceanica, Evita, la strega bambina, e soprattutto il fondatore e insieme il più grande avversario dell’Utopia: Thomas More, il “Maestro del passato”. Nominato per il premio Hugo in 1969.

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— Sarebbe meglio nascondersi in una tana come un orso ferito e studiare gli avvenimenti e le loro cause — disse l’ansel a Thomas, anche se l’ansel era nato su Astrobia e non aveva mai visto un orso. — Un posto qualsiasi ma ben nascosto, e subito, e aspettare laggiù i giorni peggiori che certamente verranno — disse Thomas alla creatura. Thomas aveva la mandibola fratturata e non sarebbe stato capace di parlare finché non gliel’avessero ricucita.

— Siamo soltanto dei miserabili sputasangue di Cathead! — urlò Battersea con la sua voce tonante, rivolto a quella che aveva la parvenza di una folla di curiosi. — C’è stata una zuffa tra noi, ora contiamo i morti e li portiamo via. La gente per bene non si preoccupi. Noi ce ne andremo subito e ci scusiamo per aver disturbato la pubblica quiete.

Stavano trasportando Paul da qualche parte. Così era tutto più facile. Il velo dell’oblio calò su di lui e lo avvolse completamente.

Dopo alcune ore, Paul cominciò a riaversi. Un odore pungente lo risvegliò, un amalgama di molti odori, uno più intenso dell’altro; odori di uomini, di mare, di cose.

— La stessa puzza del Barrio — pensò Paul. L’olfatto sembrava essere l’unico senso che gli funzionasse ancora. — Peggio, è la puzza di Cathead… Peggio ancora, è la puzza del confine tra i due. È la puzza di uno dei diecimila bordelli della zona affollata. La puzza del peggiore di tutti, Il marinaio nudo!

Paul scopri che riusciva a vedere, sia pure distorto, e che la sua testa non era fasciata. L’avevano disteso su un mucchio di paglia, occupato prima di lui, così gli parve, da un branco di capre. Scopri che poteva camminare, sia pure con la testa confusa. Uscì dalla stanza con un passo incerto. Girovagò a caso nelle viscere di un edificio che risuonava dovunque del brusio della folla, passò attraverso una cucina dove una ragazza dagli occhi spiritati gli offri un mezzo pesce cotto tra le alghe, e continuò il suo cammino, masticandolo. Continuò il suo passo dondolante attraverso una grande sala, discese al piano inferiore e udì la voce di Thomas More. Gli avevano ricucito la mascella.

— È un porcile! — gridava Thomas More. — Lo ripuliremo da cima a fondo o lo daremo alle fiamme! Quello che ci vuole adesso è una tinozza qui in mezzo alla stanza e una bella raschiata per tutti!

Thomas dirigeva una specie d’inquisizione. Brutto, ma dall’aspetto piacevole, la sua vivacità, la sua voce chiara e distinta irradiavano simpatia. Una decina di uomini stanchi e cenciosi, seduti sul pavimento, lo fissavano con occhi arrossati.

— Dove diavolo siamo, Thomas? — l’interruppe Paul, anche se le parole gli procurarono una fitta dolorosa. Gli sembrò che piccoli, graziosi frammenti d’osso gli galleggiassero nel cervello.

— Il quarto cerchio, Paul — disse Thomas, in tono incoraggiante. — Il quarto cerchio dell’inferno è per i cristiani, secondo i mussulmani. Calmati, ci sonò tre inferni ancora peggiori di questo. È un posto chiamato Il marinaio nudo.

Il marinaio nudo! Thomas non ci sono tre inferni peggiori di questo! — gridò Paul.

— Sì, amico, ci sono, eccome — fece un uomo dagli occhi cerchiati rosso.

— È un concentrato di Astrobia, Paul — spiegò Thomas, come se stesse parlando con una congregazione di vescovi. — Mi permette di studiare quanto c’è di sbagliato sul tuo pianeta da una posizione vantaggiosa, prima che io faccia la mia comparsa al di là della tomba. Anche Il marinaio nudo è una tomba. Mi sono avventurato fuori di qui tre volte, oggi, e ho ottenuto soltanto che tre uomini morissero per difenderci.

— Se esci un’altra volta, amico, ti ammazziamo noi stessi per toglierci il fastidio — disse un altro uomo dagli occhi cerchiati di rosso, seduto sul pavimento. — Abbiamo solo una vita a testa, e non vale la pena buttarla via per te, brutto muso!

— C’è qualcosa di contorto in tutto questo — osservò Thomas. — Questi giganteschi aggregati di abitazioni mi sembrano trasportati qui direttamente dall’inferno. Paul, lo sapevi che alcune di queste viuzze sono disseminate di cadaveri insepolti? Questa è l’altra faccia di Astrobia, la malattia delirante che l’affligge. Bene, ho già imparato parecchio quaggiù. Tra poco mi troverò nella faccia visibile di Astrobia e scoprirò che cosa non funziona anche lassù.

— Stai in guardia, amico — interloquì un terzo degli uomini dagli occhi arrossati. — è quaggiù che resta ancora il gusto di quanto c’è di buono su Astrobia.

Gli Assassini giravano ancora là fuori e l’aria era carica di tensione. La paura e la rabbia impregnavano l’aria come fuliggine. I mosconi turbinavano, appena fuori dell’edificio, avidi del sangue che rendeva viscido il selciato, e qualcuno era penetrato anche nella sala delle riunioni. C’era stata una carneficina e la tensione indicava che ce ne sarebbero state altre tra poco.

— Che qualifica sociale ho io? — fece Thomas. — Perché tentano di uccidere Paul e me con tanta insistenza? Che cosa sono questi strani Assassini?

— Sono i guardiani dell’Ideale di Astrobia — ironizzò Paul, amaro.

— Temono che ti convinciamo — disse uno degli straccioni. — Anche se noi stessi non siamo affatto sicuri di riuscirci.

— E questi Assassini sono forse esseri umani? — chiese Thomas.

— No — disse l’uomo più stanco e desolato fra quelli seduti sul pavimento. — Sono diavoli rivestiti di scatole di latta!

— E l’ansel che ha parlato con te senza usare la bocca, lo chiameresti un essere umano, Thomas? — chiese Paul. — Rimrock, un essere umano? … Ma tu non l’hai ancora visto.

— Non ho bisogno di vederlo, Paul. È fatto di carne e di spirito. Possiede un intelletto. E questo lo rende umano.

— Ma gli Assassini hanno un aspetto molto più umano di lui. Sono calcolatori, astuti, hanno qualcosa di assai simile a un intelletto. E forma umana.

Si udì un tramestio, un tonfo e un gemito che era umano solo per metà e un grido acuto da animale morente. Un poveraccio entrò di corsa seguito da tre capre, un pazzo, gli occhi fissi nel vuoto. Si sedette per terra singhiozzando e tossendo e le capre gli si raccolsero intorno.

— E lui, forse, è umano, Thomas? — chiese Paul.

— Certamente, anche se è pazzo. È la condanna per tutti quelli che vivono su questo pianeta. Non esistono manicomi per quelli come lui?

— Sulla faccia «civile» di Astrobia dicono che Cathead e il Barrio sono un grande manicomio. Vi sono due milioni di uomini pazzi come lui, uno su dodici. Lui non è poi tanto male, non può parlare coerentemente, ma sgobba e se la cava. è perfino scampato agli Assassini, finora. Ma dubito che riuscirà a evitarli ancora a lungo, visto come si stanno comportando oggi. Forse nessuno di noi riuscirà a evitarli… Non ti piace quello che hai visto a Cathead, Thomas? — disse ancora Paul. — Quello che hai sentito, visto e annusato?

— No, non credevo che vestigia così antiche di povertà e di miseria potessero sopravvivere in un mondo così progredito come Astrobia. Perché cose simili non sono state cancellate tanto tempo fa?

Il pazzo con le capre stava cantando qualcosa d’incomprensibile.

Gli Assassini erano dovunque nelle strade e digrignavano i denti, come cani d’acciaio.

— Non sono antiche vestigia — replicò Paul. — È tutto nuovo. Vent’anni fa Astrobia era dovunque un pianeta civile, perfetto. Poi, cominciarono a comparire questi posti, e si diffusero fulmineamente… come una pestilenza, così li definiscono i capi. Io non li chiamo così.

— Paul, ho attraversato strade e piazze di questa zona, le tre volte che sono uscito di qui. Ho visto bimbi ciechi le cui orbite sono diventate nidi d’insetti. Ho visto la gente morire di fame, cadere senza più riuscire ad alzarsi. Ho visto uomini lavorare con la forza della disperazione in piccoli, fetidi negozi. Neppure gli schiavi hanno mai conosciuto una vita così dura. Ho visto uomini e donne lavorare in un’aria così putrida che la loro pelle diventava paonazza in pochi istanti, costringendoli a uscire e a sputare sangue per poi tornare subito al lavoro prima ancora di essersi ripresi. Ho visto esseri umani nutrirsi col sudiciume delle fogne e bere quell’acqua. Ce ne sono a milioni in queste condizioni. Ho visto un grosso edificio crollare. Ho visto donne offrire in vendita i propri figli. Ho visto venditori di abiti usati spogliare i cadaveri e lasciarli nudi nelle strade. La faccia «civile» di Astrobia è sorda a qualsiasi compassione? È possibile che non voglia far nulla per alleviare tanta miseria?

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