Finalmente si decise. Si sentiva un po’ sciocco, ma era fermamente deciso a tentare. Nei punti in cui le onde battevano contro la chiglia dello yacht apparivano lievi bagliori azzurrognoli. Quando Terry immerse la mano, l’acqua salì a lambirgli il polso e lasciò una traccia fosforescente.
Batté l’oggetto di plastica contro lo scafo. Uno, due, tre, quattro colpi. Poi sei, sette, otto. Di nuovo un colpo. Due, tre, quattro. Cinque, sei, sette, otto.
Il registratore incideva i colpi captati dal microfono subacqueo, e l’altoparlante ritrasmetteva ogni minimo suono in perfetta sincronia con i colpi.
Poi si levò, vicinissima, la voce di Deirdre.
— Non sono sicura che sia un bene — disse la ragazza.
Terry si raddrizzò con aria colpevole. — So che è una sciocchezza, ma mi vergognavo di ammettere che…
— Che battendo dei numeri con un apparecchio-spia speravate di avvertire “qualcuno” che noi avevamo trovato uno dei “suoi” apparecchi, che ne conoscevamo lo scopo, e che cercavamo di metterci in contatto con “lui” — completò per lui la ragazza.
Sentirsi ripetere da un altro le proprie ipotesi tanto ostinatamente rifiutate lo inquietò. Scosse la testa più volte con aria seccata.
— È ridicolo! — protestò. — Sono solo sciocchezze.
— Ma che potrebbero essere vere — ribatté Deirdre. — E se questa è la verità potremmo essere in pericolo. Chi ha costruito quegli apparecchi potrebbe non volere che noi si entri in contatto con lui. Non avete pensato che potrebbe essere deciso a difendere il segreto della sua esistenza eliminando chi ne viene a conoscenza? Non vi stavo spiando — aggiunse. — Ero di sotto e ho sentito i colpi.
Poi, senza aggiungere altro, Deirdre se ne andò. Terry vide oscurarsi per un istante la luce della sala di poppa mentre la ragazza scendeva. Di colpo si sentì invadere dall’orrore al pensiero che se le sue ipotesi erano giuste, lui aveva messo in pericolo la vita di Deirdre. Adesso non si sentiva più soltanto sciocco. Si sentiva anche colpevole.
Rimase a lungo in ascolto accanto al registratore, pronto a ricevere un’eventuale risposta ai suoi segnali.
Niente. Sempre e soltanto le voci del mare.
Il mattino seguente, durante la colazione, Deirdre si comportò come se nulla fosse successo e Terry si sentì peggio di prima.
Non si era ancora del tutto ripreso quando l’“ Esperance ” superò Cavite e Corregidor ed entrò nel golfo di Manila. All’ancora nel porto c’era una nuova unità, un battello massiccio, dall’aspetto solido, che Davis osservò con interesse.
— È il “Pelorus” — disse a Terry, mentre il loro panfilo passava accanto allo scafo per disporsi agli ormeggi. — È una nave idrografica ed ha a bordo un batiscafo. Andremo a farle visita. Dico a Nick di chiamarla per radio.
Raggiunse il giovane che armeggiava attorno all’ancora, lo sostituì in quel lavoro e lo mandò sottocoperta nella minuscola cabina radio.
— Scendete a terra? — chiese Deirdre a Terry.
— Non ho nessun motivo per sbarcare — rispose lui stringendosi nelle spalle.
La ragazza tirò un sospiro di sollievo. — Allora resterete con noi finché… finché le cose non saranno sistemate? Insomma possiamo ritenervi definitivamente uno dei nostri?
— Almeno… fino a quando non combinerò qualche nuova sciocchezza — rispose lui, disgustato di sé. — Comunque mi piacerebbe restare.
— La vostra era un’ottima idea! — protestò Deirdre. — Trasmettere una serie di numeri era veramente una trovata. La stupida sono stata io. Ero furibonda perché non mi avevate messo a parte del progetto. Se quell’idea fosse venuta a me ne sarei stata molto orgogliosa.
Nick risalì sul ponte e parlò con Davis. Subito il padre della ragazza si accostò ai due giovani.
— Il “Pelorus” manderà una lancia a prenderci appena avremo gettato l’ancora — annunciò.
— Hanno sentito parlare anche loro degli oggetti di plastica e vogliono vederli.
— Ci scommetto la testa che non crederanno né a quegli otto “cosi” né a noi — disse Terry.
— Su quella nave ci sono delle autorità riconosciute in fatto di misteri oceanici. Sanno tutto sugli oceani e sono probabilmente convinti che non ci sia niente da scoprire al di fuori di tutto ciò già scoperto da loro.
Al contrario del giovane elettrotecnico, Davis era pieno di fiducia. L’“ Esperance ” gettò l’ancora quasi nello stesso punto in cui era ferma quando Terry aveva messo piede a bordo per la prima volta. Mezz’ora più tardi arrivò la lancia del “Pelorus”. Deirdre andò con il padre. Terry preferì restare sul panfilo.
Un’ora dopo padre e figlia ritornarono. Davis era talmente furioso che quasi non riusciva a parlare.
— Secondo quei signori gli apparecchi di plastica sono solo uno scherzo, e il ronzìo è l’effetto di un branco di pesci in movimento! — disse, indignato, quando ebbe ripreso fiato. — Noi non siamo degli esperti e quelli dell’osservatorio di Thrawn sono solo astronomi e quindi non capiscono niente di ittiologia e di biologia. Conclusione: faremmo meglio a convincerci che non c’è possibilità di vita intelligente dove l’ossigeno è talmente scarso da essere quasi inesistente. Inoltre è assurdo che quei pesci abissali abbiano la vescica natatoria perforata per potersi adattare alle acque basse. E non parliamo poi dell’esistenza di pesci del genere in una laguna! Al massimo si sarà trattato di qualche pesce normalissimo, ma poco noto.
— E allora? — chiese Terry.
— Proveranno a immergersi con il batiscafo solo per usare una cortesia a qualcuno che non siamo certo noi! — rispose Davis. — Si immergeranno nel punto in cui abbiamo trovato il cerchio luminoso. E, bontà loro, non fanno alcuna obiezione al nostro desiderio di calare la draga prima del loro tentativo. Anzi, li interesserà molto verificare se la draga riemergerà! Sono così fuori di me che non so cosa farei!
Riprese fiato.
— Comunque è inutile restare qui. Meglio andare a Barca a prendere la draga che ormai sarà pronta e rimorchiarla subito nella zona dove la immergeremo. — E ordinò a Nick di levare le ancore.
— Dei bolidi avete parlato? — s’informò Terry.
— Ci mancherebbe altro! Mi avrebbero preso per matto! — esplose Davis. E si allontanò, ancora furibondo.
L’“ Esperance ” riprese il mare puntando a nord lungo la costa. A pranzo nessuno aveva voglia di parlare. A quanto ricordava Terry quella era fa prima volta che a tavola non sorgevano discussioni complicate. Davis era sempre di umor nero.
Più tardi Terry e Deirdre scambiarono quattro chiacchiere fra loro, evitando, di tacito accordo, argomenti che avessero attinenza con il mare, anche indirettamente. Parlarono di cose banalissime, ma il giovane trovava tutto interessante quando era con la ragazza.
Dopo un po’ Deirdre tornò alle sue faccende sottocoperta e lui rimase sul ponte, a fumare. Quando scese in cabina non si era ancora levata la luna.
Alle dieci del mattino seguente entrarono nel piccolo porto di Barca. Alle dodici i marinai locali avevano già rimorchiato fino al panfilo, e fissato alla sua poppa, uno strano “coso” lungo nove o dieci metri. All’una il ponte dell’“ Esperance ” era ingombro di un grosso sacco di tela accuratamente ripiegato e di sei blocchi di cemento nei quali erano fissati degli anelli. All’una e mezzo Deirdre, che era scesa a terra con una delle scialuppe del panfilo, ritornò con i rifornimenti e altri acquisti. Alle due l’“ Esperance ” riprese il mare.
Il grosso oggetto che seguiva lo yacht, a rimorchio, aveva una specie di albero centrale in legno che finiva in un tubo di ferro e mezza dozzina di alberi minori saldati all’estremità. Su questi alberi erano fissate spesse reti da pesca, e il tutto era tenuto a posto da pesanti gomene. C’era anche un gancio per fissare i blocchi di cemento all’albero principale.
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