Jack Vance - I racconti inediti

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L’antologia di Jack Vance presenta al lettore i seguenti racconti di fantascienza: «ICABEM», «La selezione», «Il sifone plagiano», «Il fato del Phalid», «Il Tempio di Han», «Il figlio dell’albero» ed «I signori di Maxus».

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Ollifans corrugò la fronte, arricciò le labbra. «Queste sono informazioni riservate.»

«Quanto?» chiese Gardius, sogghignando come una maschera di legno scolpito.

Ollifans esitò. Gardius mise sulla scrivania cinque banconote da cento milreis.

«Mille,» disse Ollifans.

Gardius arrivò a mille.

«Cosa sta succedendo qui?» domandò una voce roca. Apparve Lord Spangle, passando con occhi acuti dal denaro a Gardius a Ollifans. «Ho forse sorpreso il tentativo di corruzione di un servo del Distributore? Se è così…»

«No, no, mio signore,» protestò Ollifans, mettendo il denaro nella borsa che portava alla cintura. «Una regalia, mio signore, solo una regalia. Come ben sai, sono incorruttibile.»

Lord Spangle si rivolse a Gardius. «E allora sparisci, spandidenaro di un Orth, sparisci con la tua donna.»

Gardius si voltò lentamente verso la porta.

«Allora, Jonas,» disse Spangle in tono lamentoso. «Se quel pappamolla di Erulite tornasse come ha promesso, ce ne andremmo.»

Mentre uscivano dalla porta Mardien disse, esitante: «Ti ha chiamato Orth. Sei un forestiero, quindi?»

«Ti sembra che assomigli a uno di questi Sommi?»

«No… molto poco.»

«Sono venuto dalla Grande Isola Farees di Exar,» disse Gardius, «per comprare mia madre, le mie due sorelle e mio fratello. Ho fallito. Mia madre e una sorella sono morte. Mio fratello e mia sorella minore sono stati venduti, è come se fossero morti. La sorella che è morta, Thalla…»

Mardien gli lanciò uno sguardo esterrefatto. «Thalla… morta? »

«Sì,» disse Gardius. «Morta. Mi ha chiesto di comprarti e di portarti a casa. Lo farò al meglio delle mie capacità.»

La ragazza distolse lo sguardo. «Oh!»

Gardius la fissò intensamente. La sfumatura della sua voce non era certo di esultanza. Era forse tristezza per la morte di Thalla… disappunto?

«Pensavo che mi avessi comprata perché… ti serviva una schiava,» disse lentamente Mardien.

«No,» disse Gardius. «Non mi servono schiavi. Non appena lasceremo il pianeta — e lo lasceremo stanotte…» Si gettò un’occhiata alle spalle. Non c’era segno di agitazione. Il corpo di Erulite giaceva ancora nel Mattatoio. «…strapperò questo certificato rosa. Fino a quel momento… potrei dover esibire un attestato di possesso.»

Arrivarono dalla donna alla scrivania. La donna guardò distrattamente il foglio rosa, spinse un bottone. Il divisorio si aprì con uno scatto. Uscirono nella notte fredda e umida di Maxus. Gardius respirò a fondo. Lì fuori almeno poteva correre.

Tre delle cinque lune erano già alte nel cielo, e i rigorosi edifici di Alambar erano canuti e smerigliati dal gelo nella luce bianca.

Mardien rabbrividì. Il leggero camiciotto azzurro non era certo caldo. Gardius si levò la cappa e gliela pose sulle spalle.

Con fare introverso Mardien disse: «Non voglio andarmene da Maxus.»

« Che cosa? »

«Ho una missione qui.»

Gardius si sentì travolgere da una rabbia improvvisa e testarda. «Di che missione si tratta?»

Nella stessa voce assente, la ragazza gli rispose: «Una faccenda privata.»

Gardius si allontanò. «Privata o no, tu vieni via con me.»

Mardien gli lanciò un’occhiata lunga e fredda che sembrava irriderlo, come per dirgli: «Hai fallito nel recare aiuto alla tua famiglia, perciò volente o nolente io devo essere trascinata a casa per placare il tuo ego.»

«Dov’è casa tua?» le chiese Gardius bruscamente.

«Non è su Exar.»

«Dove allora?»

L’atteggiamento forzatamente distaccato l’abbandonò per un istante. La sua espressione rivelò un mondo interno di fuoco e di emozioni, di colori sontuosi solo temporaneamente celati.

«Non te lo dirò.»

È proprio una situazione confusa , pensò Gardius. Ingratitudine, perversità, come diceva quella citazione?: la donna è la tua dannazione. Che andasse al diavolo, allora! L’avrebbe scaricata sul primo pianeta civilizzato e avrebbe considerato compiuto il suo dovere.

Poi… davanti a lui si stendeva il corso della sua vita. Come sembrava facile e largo! Nessuna ambiguità, nessuna esitazione; il futuro era fissato. Prima — e Gardius sorrise, un sorriso ampio che gli scoprì i denti — prima Arman. Arman!

Aggrottò la fronte. Chi era Arman? Mardien forse lo sapeva. Mentre lo svincolo li portava attraverso il tunnel, adesso fiocamente illuminato da una lunga tubatura azzurra, le chiese: «Tu devi avere visto Arman.»

La ragazza si irrigidì. «Sì.»

«Com’è il suo aspetto?»

La sua voce era diffidente. «È un uomo magnifico. Giovane come te, più alto, un viso… oh, meraviglioso! Come il sogno di Penthe. La sua voce è pronta, diretta, come una tromba. Sta ritto sul ponte dalla sua nave come un dio dello spazio.»

Gardius torse la bocca. «Parli come se lo ammirassi.»

Mardien tacque un momento. Poi disse: «Tu non lo conosci?»

«Intendo conoscerlo,» disse Gardius. «E bene anche. E lui mi conoscerà altrettanto bene. La mia sarà l’ultima faccia che guarderà.»

Mardien si ritirò in se stessa. Gardius non notò nemmeno lo sdegno col quale alzò la testa. Come trovare Arman? Come attraversare l’estremità settentrionale della galassia con il suo mezzo bilione di stelle e dire: «Qui posso trovare l’uomo che cerco?»

Ma c’era un uomo su Maxus che doveva sapere dove si trovava Arman: l’Alto Ricognitore. E l’Alto Ricognitore aveva suggerito un secondo colloquio.

La mente di Gardius ribolliva. Uscirono in fretta dal tunnel, scesero il pendio fiancheggiato dal mercato alimentare, ormai chiuso per la notte. Un grosso gatto nero fuggì a precipizio davanti a loro lungo la striscia. Tra gli alberi alla loro sinistra si vedeva lo scintillio metallico delle tre lune su uno dei fiumi di Alambar.

Gardius tentò di ordinare gli elementi della situazione. Innanzitutto il corpo di Erulite sarebbe stato presto scoperto. Poi un grido d’allarme si sarebbe levato contro Gardius. E se l’avessero preso non l’avrebbero sprecato per un’esecuzione. Sarebbe stato assegnato a una squadra nelle miniere di piombo sotto la calotta glaciale di Sraban. Non avrebbe mai più rivisto il cielo. Perciò era meglio lasciare Maxus finché era ancora in tempo.

Eppure… doveva trovare Arman. L’Alto Ricognitore poteva saperlo, ma glielo avrebbe rivelato? Un mercante di schiavi di successo era un bene da tenere caro per i Sommi di Maxus.

Poi c’era Mardien. Le lanciò un’occhiata obliqua, vide il luccichio dei suoi occhi sparire di colpo. Allora lo stava guardando. Sentì un fremito per la sua vicinanza, inquietante, conturbante. La sua bellezza era più di una conformazione di carne e ossa. Era un incantesimo della mente. Era una ninfa, una creatura di seta e sogno, un pallido loto notturno della Foresta Calda.

Poteva portarla sulla nave con sé senza subire una grande tensione mentale? E se avesse dimenticato la sua missione, dimenticato la sua promessa a Thalla, e avesse pensato di prendere la sua dolcezza, e se lei avesse resistito, non avrebbe forse potuto conquistare con la violenza ciò che non gli fosse stato dato spontaneamente? E allora… dove sarebbe stata la sua integrità, l’anima pura che gli avrebbe consentito di uccidere Arman senza dolore né dubbio?

E se l’avesse presa, avrebbe nello stesso tempo perso la parte migliore di lei, anche se fra sé non si esprimeva certo così. Dannata donna! Che cosa poteva volere su Maxus? Arman ce l’aveva portata. Era stata scelta per uno scopo. Ovviamente la sua bellezza aveva giocato una parte importante nella selezione. Le belle donne erano buone spie.

Ma… che valore avevano le spie su Maxus, quando uno schiavo, dopo essere passato attraverso il Distributore, era perduto per tutto il resto dell’universo? Un moderno adagio diceva che mandare una spia su Maxus era come dare del latte a un pesce. Dannata donna! Gardius si chinò in avanti.

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