Jack Vance - I racconti inediti
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- Название:I racconti inediti
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- Год:1995
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Gardius fissò la parola con la testa che gli girava. C’era del rumore dietro di lui, delle voci, uno scalpiccio di piedi, uno scoppio di risate.
«Seimila e cinquecento,» disse una voce, «e sento seicento e sessanta… sessanta… sessanta… settanta… Signori miei, signori miei, un bocconcino delicato. Parlate, signori, parlate! Seicento e ottanta… e novanta… seicento e novanta… ah, settemila da Lord Erulite. Settemila… settemila… è tutto signori? Tu, forse, Lord Spangle? No? Venduta a Lord Erulite per settemila milreis. Venduta, parola mia.»
Gardius si voltò, e nell’arena vide sua sorella. Il suo acquirente, un uomo alto e robusto di mezza età con un naso carnoso, una testa mezza calva e la carnagione rosa porporina, le stava girando attorno, evidentemente compiaciuto della sua proprietà.
Gardius la chiamò: « Thalla! »
Lord Erulite alzò gli occhi; il banditore rivolse uno sguardo sbigottito all’arena mentre Gardius vi entrava correndo.
«Jaime! Hanno preso anche te?»
Gardius si spinse oltre il torvo Erulite, prese tra le braccia la ragazza. Stava tremando, ansimava.
«Sono venuto più in fretta che ho potuto per riportarvi tutti indietro,» disse Gardius.
Thalla gli disse: «Jaime, la mamma è morta questa mattina.» Si abbandonò singhiozzando contro la sua spalla.
Gardius si rivolse a Lord Erulite, che se ne stava poco lontano con espressione minacciosa. «Signore, questa è mia sorella. Volete permettermi di pagare l’importo dell’incanto, e di riportarla a casa?»
Lord Erulite farfugliò e divenne rosso in volto. Infine rispose: «Adesso è di mia proprietà. Non mi va di separarmene. L’ho avuta legalmente…»
Gardius disse: «Signore, ti prego umilmente di non portarmi via questa poveretta. Ho percorso diciotto anni luce per trovare lei e gli altri della mia famiglia. Sicuramente non vorrete ostacolarci così grandemente.»
Una voce da dietro esclamò: «Fai valere i tuoi diritti, Erulite. Non lasciare che l’Orth ti persuada a forza di moine. L’hai comprata e pagata.»
Lord Erulite spinse in fuori il petto. «Fatti da parte, allora. Meglio per te essere discreto.»
La voce disse: «È qui solo col permesso di visitatore, sulla sua buona condotta. Se solo infrange il codice stradale può venire preso e venduto anche lui.»
«Jaime, è inutile,» disse Thalla con voce fioca, spenta ed esangue.
«Lord Erulite,» disse Gardius, «ti pagherò diecimila milreis per mia sorella.»
Erulite si spostò di fianco per esaminare meglio il suo acquisto.
«Assolutamente no,» disse con voce compiaciuta. «Nemmeno per quindicimila. Dubito che la venderei per ventimila.»
Gardius insistette. «Te ne darò quattordicimila in contanti, e il mio impegno per settemila.»
Erulite aggrottò la fronte colto da una furia improvvisa. «Vattene, tu e le tue proposte!»
Thalla si strinse a Gardius. Era fredda, tesa, tremante. «Ho mancato,» mormorò Gardius depresso. «Ho mancato al mio impegno!»
Thalla si agitò, emise un sospiro profondo e singhiozzante. «Non preoccuparti, Jaime, starò bene. Non puoi aiutarmi ora. Stai attento, Jaime.»
Gardius rise sordamente. «Stai attento a cosa? A me stesso? Non mi importa cosa sarà di me.»
«Oh, Jaime, non dire così. Hai tutta la vita davanti. Forse puoi aiutare qualcun altro.» Deglutì a fatica. «C’è un’altra ragazza, che hanno tenuto per ultima. Mi ha aiutato a prendermi cura della mamma. Mi ha dato tutto il suo cibo. Jaime, se potessi aiutarla sarebbe come se aiutassi me.»
«Tenterò, Thalla. Dov’è la mamma?»
Thalla chiuse forte gli occhi, e disse con voce atona: «Poco prima che morisse l’hanno portata fuori. L’hanno messa in una stanza che chiamano il Mattatoio. È per quelli che sono morti, e per quelli che devono uccidere, anche, immagino…»
Gli occhi di Gardius erano palle di fuoco. «Un giorno, in un modo o nell’altro, cose come questa avranno fine.»
Erulite prese Thalla per un braccio e la tirò via. «Basta, basta, questa scena è molto commovente. Non può continuare più a lungo.»
Thalla rabbrividì sotto la sua stretta, si divincolò. Erulite la guardò adirato. «Niente storie, ragazzina, adesso sei una mia proprietà. Ti accorgerai che sono un padrone gentile, ma devi marcare il passo. Adesso vai nella sala d’aspetto, mentre vedo la fine dell’asta.»
Thalla si allontanò. Gardius rimase immobile, poi lentamente la seguì. La voce roca borbottò qualcosa a Erulite. Erulite disse: «Bene, allora, la prenderò io.» E mugghiò al banditore: «Quando ci fai vedere quel fiore di cui tessi tante lodi?»
«Tra poco, mio signore, venti minuti.»
Erulite chiamò Thalla: «Vieni, andiamo dal supervisore del registro.» E passò attraverso un portale. Thalla lo seguì, guardando infelice Gardius. Gardius fece un breve passo verso di lei, si fermò, poi la seguì.
Il corridoio fiancheggiava le camere di ispezione; Thalla si fermò davanti a una finestra. «È li dentro, Jaime, la ragazza nell’angolo. Cerca di aiutarla. Il suo nome è Mardien…»
Gardius vide una ragazza con un camiciotto azzurro, appoggiata contro il muro. Si stava fissando le mani, accarezzandole una con l’altra, e la sua espressione era rapita, quasi assente. Mentre guardavano mosse la testa, e un ricciolo di capelli chiari le scivolò sulla guancia.
«Vieni,» disse Erulite, a dieci iarde lungo il corridoio. «Ho poco tempo a disposizione.»
Thalla sussurrò: «L’aiuterai, Jaime?»
«Farò del mio meglio, Thalla.»
Si voltarono, seguirono Erulite su piedi che sembravano insensibili.
Davanti a una porta di ferro Thalla si fermò. «Questa è la stanza che chiamano il Mattatoio… e lì dentro c’è nostra madre.»
La mano di Gardius si tese come costretta da una forza che andava oltre la sua volontà. Spinse. La porta si aprì verso l’interno. L’aria gelida uscì a fiotti attorno alle loro ginocchia. Thalla sospirò a fondo, entrò nella stanza ondeggiando come una sonnambula. Gardius la seguì, rigido.
Le pareti della stanza erano di mattoni scuri, il soffitto era ad arco e sostenuto da contrafforti. A destra c’era una depressione quadrata nella quale si apriva un pozzo nero. Era stata lavata di fresco, ma l’acqua non aveva levato le macchie dai mattoni. Dalla parte opposta c’era un disordinato mucchio di cadaveri.
Thalla si lasciò cadere grottescamente sul pavimento di mattoni, e nascose la testa sulle ginocchia. Gardius era incapace di muoversi. Da qualche parte in quel mucchio di carne morta giaceva qualcuno che aveva amato. Meglio adesso lasciarla in pace, meglio voltarsi, spostare lo sguardo sull’uomo che li aveva portati lì: Arman.
Una voce rude e impaziente disse: «Vieni, andiamo… subito! »
Ringhiando, Gardius balzò avanti, dirigendo un colpo terribile alla faccia rosa porporino. Erulite barcollò all’indietro, con le sopracciglia alzate, la bocca aperta in un cerchio di carne molle. Il pugno di Gardius gli colpì ancora la spalla, sfiorò la guancia.
Erulite gracchiò, preso dalla rabbia: «Dannato Orth, adesso ti ucciderò!» Batté la mano dietro alla cintura, sganciò la pistola. Gardius gli si avvicinò, sferrò un pugno violento al fianco di Erulite. Erulite tirò il grilletto. Raggi ionici si dispersero per la stanza, bruciando dove cadevano. I cadaveri fremettero, si mossero a scatti.
Gardius si fece sotto, deviò con un colpo il braccio di Erulite, lo strinse alla gola. Il raggio si abbatté sul pavimento, schizzò sul soffitto.
La pistola cadde dalle dita ormai inerti di Lord Erulite, il corpo vibrò, si contrasse, la faccia perse mobilità, si rilassò. Gardius mollò la presa, si raddrizzò ansante. «Thalla…»
Thalla era morta. Uno sfregio scuro le correva diagonalmente al volto, dove gli ioni della pistola di Erulite avevano colpito.
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