«Meglio cominciare. Il tempo stringe,» disse Kingsley.
Nelle successive ventiquattro ore il morale migliorò a Nortonstowe. Il gruppo che si riunì davanti al nuovo impianto, la sera seguente, era, entro certi limiti, formato da gente soddisfatta.
«Comincia a nevicare,» osservò Barnett.
«Mi sembra che dovremo aspettarci una brutta invernata, a parte quei quindici giorni di gelo e di buio,» fece Weichart.
«Servirà a qualcosa questa pantomima?
«Non lo so. Non vedo cosa possiamo sperar di cogliere, stando a guardare questi schermi.»
«Nemmeno io.»
Il primo messaggio della Nuvola fu piuttosto confuso.
«Sarà bene, almeno da principio, che ascolti una sola persona. Più tardi, forse potrò istruire anche gli altri.»
«Ma io pensavo che ci sarebbe stata una seduta plenaria,» osservò qualcuno.
«No, è giusto,» fece Leicester. «Se guardate bene vi accorgete che gli schermi sono orientati in modo da adattarsi a una persona che stia seduta proprio su questa sedia. Su questo punto ci ha dato istruzioni precise. Non so cosa significhi ma spero che tutto sia a posto.?»
«Allora, a quanto pare, dovremo chiedere chi si offre volontario,» esclamò Marlowe. «Chi è il primo?»
Ci fu una lunga pause di silenzio imbarazzante. Poi parlò Weichart.
«Se gli altri si vergognano, mi offro io di far da cavia.»
McNeil lo fissò.
«C’è una cosa, Weichart. Si rende conto che quest’affare forse implica un certo pericolo? Le è chiaro questo, no?»
Weichart si mise a ridere.
«Non si preoccupi. Non è la prima volta che me ne sto per qualche ora a guardare uno schermo a raggi catodici.»
«Benissimo, allora, se vuol provare, si accomodi pure.»
«Attento alla sedia, Dave, forse Harry ci ha inserito la corrente,» fece Marlowe ridendo.
Poco dopo sugli schermi cominciarono a lampeggiare delle luci.
«Joe ha cominciato,» disse Leicester.
Era difficile dire se quelle luci avessero una qualche forma significativa.
«Che cosa dice, Dave? Ricevi il messaggio?» chiese Barnett.
«No, non capisco,» osservò Weichart allungando una gamba. «È un rompicapo incomprensibile. Ma io cerco di tirarne fuori un significato.»
Passava il tempo, e gli altri ormai non s’interessavano più di quelle luci lampeggianti. Chiacchieravano fra di loro e Weichart rimase solo a guardare. Alla fine Marlowe gli chiese:
«Come va, Dave?»
Non rispose.
«Ehi, Dave, che succede?»
Silenzio assoluto.
«Dave!»
Marlowe e McNeil si avvicinarono a Weichart.
«Dave, perchè non rispondi?»
McNeil gli toccò la spalla, ma nemmeno allora egli rispose. Si accorsero che i suoi occhi fissavano un gruppo di schermi e poi rapidamente si spostavano su un altro gruppo.
«Che succede, John?» chiese Kingsley.
«Pare che sia in una sorta di stato ipnotico. Pare che non abbia altra sensibilità che quella visiva, e tutta assorbita da quegli schermi.»
«Possibile?»
«Eppure non è un fatto nuovo che uno stato di ipnosi sia indotto grazie ad un mezzo visivo.»
«E credi che l’induzione sia volontaria?»
«Mi pare più che probabile. Non posso credere che sia avvenuta per caso. Guardagli gli occhi. Guarda come si muovono. Non è un caso. Sembra un fatto deliberato.»
«Chi l’avrebbe mai detto che Weichart fosse un buon soggetto per un ipnotizzatore?»
«Nemmeno io l’avrei creduto. È una cosa formidabile, singolarissima.»
«Come sarebbe?» chiese Marlowe.
«Ecco: un ipnotizzatore comune si servirebbe di mezzi visivi per indurre uno stato ipnotico, ma non userebbe mai tali mezzi soltanto per trasmettere una notizia. L’ipnotizzatore parla al soggetto, lo informa cioè mediante le parole. Ma qui non ci sono parole. Ecco perchè mi sembra tanto strano.»
«Avrebbe dovuto avvertirne Dave. Sapeva, McNeil che sarebbe successo tutto questo?»
«No, almeno nei particolari. Ma i più recenti sviluppi della neurofisiologia hanno dimostrato gli stranissimi effetti che si producono quando la luce colpisce l’occhio a una velocità prossima a quella del cervello; del resto è evidente che la Nuvola non poteva fare quanto aveva promesso senza causare qualcosa di strano.»
Kingsley si avvicinò alla sedia.
«Credete che occorra fare qualcosa? Non so, portarlo via. Potremmo farlo.»
«Non lo consiglierei, Chris, potrebbe dibattersi, con nostro pericolo. Tutto sommato è meglio lasciarlo stare. Guardate come tiene gli occhi sbarrati. Certo, io gli starò vicino, ma voi potete andarvene. Lasciate con me qualcuno che, se necessario, possa portarvi le notizie… Stoddard, per esempio… e poi, se succede qualcosa, vi mando a chiamare.»
«Benissimo. Se hai bisogno di noi, saremo pronti,» convenne Kingsley.
In verità nessuno voleva lasciare il laboratorio, ma capirono che quel che diceva McNeil era giusto.
«Sarebbe un bel guaio se restassimo tutti ipnotizzati,» osservò Barnett. «Spero solo che al vecchio Dave vada tutto bene,» aggiunse poi preoccupato.
«Forse avremmo dovuto staccare i contatti. Ma secondo McNeil poteva anche esser pericoloso. Uno choc, suppongo,» disse Leicester.
«Mi chiedo quali informazioni stia ricevendo Dave,» fece Marlowe.
«Be’, credo che lo sapremo presto. È poco probabile che la Nuvola vada avanti per parecchie ore. Non lo ha mai fatto prima,» osservò Parkinson.
Invece la trasmissione fu lunga. Dopo alcune ore ognuno si ritirò in camera sua.
«In questo modo non diamo nessun aiuto a Dave e perdiamo anche una buona occasione per dormire. Vado a buttarmi sul letto per un paio d’ore,» disse Marlowe; e quello era il parere di tutti.
Fu Stoddard a svegliare Kingsley.
«Il dottore la vuole, dottor Kingsley.»
Kingsley vide che Stoddard e McNeil erano riusciti a portare Weichart in una camera; l’avventura era finita, almeno per il momento.
«Che succede, John?»
«Non mi piace affatto, Chris. La temperatura cresce rapidamente. Non serve a nulla che tu lo vada a vedere. Sta delirando, e forse ha 40 di febbre.»
«Secondo te di che si tratta?»
«Impossibile dirlo: mai visto un caso simile. Se non sapessi come sono andate le cose, direi che Weichart soffre di una infiammazione dei tessuti cerebrali.»
«È una cosa seria.»
«Molto seria. Non possiamo farci nulla; tuttavia pensavo che tu volessi sapere.»
«Certo. Hai un’idea della possibile causa?»
«Be’, direi che si tratta di lavoro eccessivo, di uno sforzo troppo grande del sistema neurologico, a cui i tessuti non resistono. Ma, ti ripeto, è solo una mia idea.»
La temperatura di Weichart continuò a crescere per tutto il giorno. Nel tardo pomeriggio morì.
Per motivi professionali McNeil avrebbe voluto compiere l’autopsia, ma considerando i sentimenti degli altri decise di non farla. Se ne restò solo a pensare tristemente che avrebbe dovuto prevedere la tragedia e far qualcosa per impedirla. Ma non l’aveva previsto; non aveva previsto nemmeno quel che doveva succedere di lì a poco. La prima ad avvertirlo fu Ann Halsey. Pareva impazzita quando gli si avvicinò.
«John, devi fare qualcosa. Chris. Si ammazzerà.»
«Cosa?»
«Sta rifacendo l’esperienza di Dave Weichart. Per ora ho cercato di convincerlo, ma non ha voluto darmi retta. Dice che avvertirà la Nuvola di andare più piano; dice che la velocità ha ucciso Dave. È vero?»
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