Un’ora e mezzo dopo, con la testa ancora piena degli accordi iniziali di quella grande sonata, tornarono tutti al laboratorio.
«Vogliamo provare subito un metro?» fece Kingsley.
«Scommetto che è completamente bloccato,» rispose Barnett armeggiando sugli strumenti.
«No, non è bloccato, perbacco,» esclamò qualche minuto dopo, appena l’apparecchio fu caldo. «Passa. È incredibile, eppure è proprio così.»
«Cosa vuoi scommettere, Harry: cosa dici che succederà?»
«Questa volta non scommetto, Chris.»
«E io scommetto che si satura.»
«E per quale motivo?»
«Se si satura te lo dico. Se non si satura non te lo dico.»
«Vuoi giocare sul velluto, eh?»
«Il segnale va su,» canticchiò Barnett. «Pare che abbia ragione Chris. Va su! va su!»
Cinque minuti dopo il segnale da un metro era saturo, bloccato, completamente dalla jonosfera.
«E ora sotto col 10 centimetri,» ordinò Kingsley.
Per dieci o venti minuti guardarono tutti l’apparecchio senza dire parole. Dapprima la riflessione fu molto lieve. Poi il segnale riflesso cominciò ad acquistare rapidamente intensità.
«Ecco fatto. Dapprima il segnale penetra nella jonosfera. Poi, dopo pochi minuti, la jonizzazione cresce e siamo completamente bloccati. È così, Chris?» chiese Leicester.
«Torniamo su a pensarci. Se Ann e Yvette saranno così gentili da prepararci un’altra cuccuma di caffè, forse noi riusciremo a trovare il capo di questa matassa.»
Mentre preparavano il caffè entrò McNeil. Era andato a visitare un bambino ammalato.
«Che aria solenne! Che cosa è successo?»
«Arrivi proprio in tempo, John. Stiamo per discutere i fatti. Ma ci siamo promessi di non cominciare prima che sia pronto il caffè.»
Arrivò il caffè e Kingsley cominciò a riassumere la situazione.
«Comincerò daccapo, in modo che anche John possa seguirci. Il comportamento delle onde radio, una volta trasmesse, dipende da due cose: e cioè dalla lunghezza d’onda e dalla jonizzazione dell’atmosfera. Supponiamo di avere scelto per le nostre trasmissioni una particolare lunghezza d’onda e vediamo cosa accede quando cresce la jonizzazione. Intanto, quando la jonizzazione è bassa, l’energia radio esce fuori dall’atmosfera e solo una parte minima viene riflessa. Poi, crescendo la jonizzazione, aumenta anche la riflessione, sempre più rapidamente e alla fine l’energia radio viene riflessa e non riesce più a staccarsi dall’atmosfera terrestre. In questo caso diciamo che il segnale è saturo. È tutto chiaro, John?»
«Una cosa vorrei sapere: cosa c’entra la lunghezza d’onda.»
«Be’, quanto più l’onda è corta tanto maggiore deve essere la jonizzazione per raggiungere il punto di saturazione.»
«Perciò mentre una certa lunghezza d’onda può essere riflessa completamente dall’atmosfera, un’onda di lunghezza minore può penetrarvi e raggiungere lo spazio esterno.»
«Precisamente. Ma torniamo alla nostra lunghezza d’onda e agli effetti della crescente jonizzazione. Per maggior comodità lo chiameremo .»
«Cosa vuol chiamare così?» chiese Parkinson.
Ecco cosa intendo:
1) bassa jonizzazione che consente un passaggio completo;
2) crescente jonizzazione che dà un segnale riflesso di forza crescente;
3) jonizzazione massima con riflessione complete.
«Tutto questo lo chiameremo .»
«E lo schema B?» chiese Ann Halsey.
«Non c’è nessuno schema B.»
«E allora perchè chiamarlo A?»
«Dio ci scampi dall’ottusità delle donne! Lo chiamo schema A perchè mi piace. Me lo permetti?»
«Certo, caro. Ma perchè lo vuoi chiamare così?»
«Vài avanti, Chris, ti sta prendendo in giro.»
«Ebbene, ecco un quadro di ciò che è successo questo pomeriggio e stasera. Ve lo leggo.»
Lunghezza
d’onda
Ora della
trasmissione
Esito
1 metro
14,45
Lo schema A impiega circa mezz’ora
10 centimetri
15,15
Lo schema A impiega circa mezz’ora
1 centimetro
15,45
Penetrazione complete della jonosfera in periodo di tre ore circa
10 centimetri
19
Lo schema A impiega circa mezz’ora
nessuna trasmissione tra le 19,30 e le 21
1 metro
21
Lo schema A impiega circa mezz’ora
10 centimetri
21,30
Lo schema A impiega circa mezz’ora
«Ha un’aria molto sistematica, messo in questo modo,» disse Leicester.
«Vero?»
«Temo di non capirci niente,» fece Parkinson.
«Nemmeno io,» ammise McNeil.
«Per quanto ne so, questi fatti si possono spiegare con una sola ipotesi, ma vi avverto subito che è un’ipotesi completamente assurda.» Kingsley parlava lentamente.
«Chris, per favore, smettila di scherzare; vuoi dirci in parole povere qual è la tua ipotesi assurda?»
«Benissimo. Mi faccio coraggio e la dico tutta d’un fiato: su qualunque lunghezza d’onda da pochi centimetri in su le nostre trasmissioni producono automaticamente un aumento della jonizzazione che continua fino al punto di saturazione.»
«È semplicemente impossibile.» Leicester scosse la testa.
«Non ho detto che sia possibile,» rispose Kingsley. «Ho detto solo che poteva spiegare i fatti. E li spiega, spiega tutta la mia tavola.»
«Forse ho capito dove vuoi arrivare,» osservò McNeil. «Devo supporre che la jonizzazione diminuisca appena cessiamo di trasmettere?»
«Si. Quando fermiamo la trasmissione, il fattore jonizzante vien meno, qualunque esso sia — forse le scariche elettriche di Bill. Così la jonizzazione decresce rapidamente. Avete visto che questa jonizzazione è bassa nell’atmosfera, in modo anormale; a quell’altezza la densità del gas è tale che si possono formare con rapidità estrema joni negativi di ossigeno. Perciò la jonizzazione cessa molto rapidamente, a meno che qualcosa non la rinnovi.»
«Guardiamo la cosa un po’ più da vicino,» cominciò Marlowe, da dentro la sua nube di fumo che sapeva di anice. «Secondo me è giusta questa idea dell’ipotetico fattore jonizzante. Supponiamo di trasmettere sui 10 centimetri: in questo caso, secondo l’idea di Chris, il fattore, qualunque esso sia, fa crescere la jonizzazione fino a che le onde da 10 centimetri non restano bloccate entro l’atmosfera terrestre. Poi — ed ecco dove volevo arrivare — la jonizzazione non va oltre. Pare che ogni cosa sia predisposta a puntino. Pare che il fattore sappia fin dove giungere e non voglia andare oltre.»
«E questo a me non sembra plausibile,» disse Weichart.
«Ma ci sono anche altre difficoltà. Per esempio perchè abbiamo potuto continuare per tanto tempo sui 25 centimetri? Non si è trattato di mezz’ora, abbiamo trasmesso per giorni e giorni. Perchè la cosa — lo schema A, come dice Kingsley — non succede quando trasmettiamo sulla lunghezza di un centimetro?»
«Cattiva filosofia, accidenti,» brontolò Alexandrov. «Fiato sprecato. Ipotesi giudicata su previsioni. Solo metodo buono.»
Leicester diede un’occhiata all’orologio.
«È passata un’ora dalla nostra ultima trasmissione. Se Chris ha ragione, noi dovremmo avere il suo schema A trasmettendo ancora sui 10 centimetri, e forse anche sul metro. Proviamo.»
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