Bene, fra altri posti, i cilia si trovano nello strato di cellule che fodera i bronchi. Battono all’unisono e portano via muco dai polmoni… muco contenente particelle inalate accidentalmente, che vengono eliminate prima che si sviluppi il cancro.
Se però i cilia, vengono a mancare, per esposizione ad asbesto, a fumo di tabacco o ad altre sostanze, i polmoni non possono più mantenersi puliti. L’unico altro meccanismo per staccare il catarro ed eliminarlo è la tosse… persistente, torturante. Questa tosse non è però altrettanto efficace: le sostanze cancerogene rimangono più a lungo nei polmoni e si formano tumori. La tosse persistente a volte danneggia la superficie della massa tumorale e aggiunge sangue al catarro; come nel mio caso, il sangue nel catarro è spesso il primo sintomo di tumore ai polmoni.
Se Hollus e le persone che condividevano le sue convinzioni avevano ragione, i cilia erano stati progettati da un emerito ingegnere.
Allora forse sarebbe da querelare proprio quel figlio di puttana.
— La mia amica, all’università, ha avuto il rapporto preliminare sul tuo dna — dissi a Hollus, qualche giorno dopo avere ricevuto il campione richiesto; un Forhilnor diverso da Hollus aveva consegnato a Raghubir il campione e anche i dati sulle supernovae promessi a Donald Chen.
— Sì?
Prima o poi gli avrei domandato che cosa stabiliva, quale bocca avrebbe usato, quando doveva pronunciare una sola sillaba. — Non crede che sia d’origine extraterrestre.
Hollus spostò il peso del corpo dall’uno all’altro di tutti e sei i piedi: aveva sempre i crampi, nel mio ufficio. — Si sbaglia, naturalmente. Confesso che non è il mio dna personale, Lablok ha prelevato il suo, ma anche lei è Forhilnor.
— La mia amica ha individuato centinaia di geni che paiono gli stessi di quelli delle forme di vita terrestri. Il gene che crea l’emoglobina, per esempio.
— Esiste solo un limitato numero di possibili composti chimici in grado di portare ossigeno nel flusso sanguigno.
— Forse si aspettava qualcosa di più… be’, alieno.
— Sono una creatura aliena quanto qualsiasi altra potreste incontrare — disse Hollus. — Ossia la differenza fra la struttura del vostro corpo e del mio è la maggiore che abbiamo trovato. Vi sono vincoli pratici d’ingegneria su quanto può essere bizzarra la vita, in fin dei conti, anche se — alzò la mano nel saluto dei vulcaniani — i vostri soggettisti cinematografici sembrano incapaci di avvicinarsi alla varietà possibile.
— Lo penso anch’io.
Hollus ballonzolò. — Il numero minimo di geni richiesto per la vita è circa 300. Questa quantità però è sufficiente solo per creature davvero primitive; quasi tutte le cellule eucariote hanno un gruppo centrale di circa tremila geni, che si trovano in ogni cosa, dalle forme di vita unicellulari ad animali complessi come noi; e sono gli stessi, o quasi gli stessi, in ogni pianeta da noi esaminato. Inoltre, esistono 4000 geni addizionali condivisi da tutte le forme di vita pluricellulari, che codificano proteine per l’adesione cellula a cellula, per la trasmissione di segnali fra le cellule eccetera. Oltre a questi, esistono altre migliaia di geni condivisi da tutti gli animali a sangue caldo. Naturalmente, se continua a cercare, la sua amica troverà nel dna forhilnor decine di migliaia di geni senza controparte nelle forme di vita terrestri, per quanto sia ovviamente più facile confrontare geni noti che trovarne di ignoti. In realtà ci sono solo poche soluzioni possibili ai problemi posti dalla vita e si ripresentano su un pianeta dopo l’altro.
Scossi la testa. — Non mi sarei aspettato che la vita su Beta Hydri usasse lo stesso codice genetico della vita sulla Terra, altro che qualche gene identico! Voglio dire, già qui ci sono perfino alcune variazioni nel codice: dei 64 codoni, quattro hanno nel dna mitocondriale un significato diverso che nel dna nucleico.
— Tutte le forme di vita da noi esaminate hanno essenzialmente lo stesso codice genetico. Restammo sorpresi anche noi, all’inizio.
— Ma non ha senso! — obiettai. — Gli aminoacidi si presentano in due isomeri, levogiro e destrogiro, ma tutta la vita sulla Terra usa il tipo levogiro. Tanto per cominciare, le probabilità che due ecosistemi usino la stessa orientazione dovrebbero essere di una su due. E di una su quattro, che la usino tre ecosistemi… il vostro, il nostro e quello dei Wreed.
— Già — disse Hollus.
— Inoltre, anche considerando solo l’isomero levogiro, ci sono sempre più di cento aminoacidi diversi, ma la vita sulla Terra ne usa solo venti. Quante sono le probabilità che la vita su altri pianeti usi proprio gli stessi venti?
— Maledettamente poche.
Sorrisi: mi ero aspettato che Hollus desse una precisa risposta statistica. — Maledettamente poche davvero — dissi.
— Ma la scelta non è casuale: Dio ha progettato in questo modo.
Emisi un lungo sospiro, — Non riesco a convincermi.
— Lo so — disse Hollus, come se disperasse per la mia ignoranza. — Senti — riprese dopo un poco — non sono un mistico. Credo in Dio perché per me ha senso scientifico crederci; in realtà sospetto che Dio esista in questo universo proprio a causa della scienza.
Cominciavo ad avere mal di testa. — Come sarebbe a dire?
— Il nostro è un universo chiuso, come ho già detto, e alla fine collasserà in un Big Crunch. Un evento simile si è verificato dopo miliardi di anni nell’universo che ha preceduto quest’ultimo… e con miliardi di anni a disposizione, chissà quali cose fenomenali la scienza potrebbe rendere possibili! Diamine, potrebbe perfino rendere possibile che un’intelligenza, o uno schema di dati che la rappresenti, sopravviva a un Big Crunch ed esista ancora nel successivo ciclo di creazione. Una simile entità potrebbe perfino possedere scienza sufficiente a permetterle di influenzare i parametri per il ciclo successivo, creando un universo dove quella stessa entità rinascerà già armata della conoscenza e della sapienza di miliardi di anni.
Scossi la testa: mi ero aspettato qualcosa di meglio.
— Anche se così fosse — dissi — non si risolverebbe il problema dell’esistenza di Dio. Ci si limita a spingere indietro ancora di un passo la creazione della vita. Com’è iniziata la vita nell’universo prima di questo? — Corrugai la fronte. — Se non lo puoi spiegare, non hai spiegato un bel niente.
— Non credo che l’essere che è nostro Dio sia mai stato vivente, nel senso di entità biologica — disse Hollus.
— Sospetto che questo universo sia il primo dove biologia ed evoluzione hanno avuto luogo.
— Allora cos’è questa entità-Dio?
— Non vedo prova che voi terrestri abbiate già realizzato l’intelligenza artificiale.
La risposta mi parve un non sequitur, ma annuii. — Esatto, anche se un mucchio di gente vi lavora.
— Noi abbiamo macchine con autocoscienza. La mia astronave, la Merelcas, è di questo tipo. Abbiamo scoperto che l’intelligenza è una caratteristica imprevista, compare spontaneamente in sistemi di ordine e complessità sufficienti. Penso che l’attuale Dio di questo universo fosse un’intelligenza non materiale sorta per fluttuazioni casuali in un precedente universo privo di biologia. Credo che quella entità, esistente in isolamento, cercasse di assicurarsi che l’universo successivo brulicasse di vita indipendente, in grado di riprodursi da sé. Pare improbabile che la biologia sia iniziata da sola in un qualsiasi universo generato casualmente; ma una circoscritta matrice spaziotemporale abbastanza complessa da diventare senziente potrebbe ragionevolmente sorgere per caso dopo solo alcuni miliardi di anni di fluttuazioni quantiche, soprattutto in universi dissimili da questo, dove le cinque forze fondamentali hanno valori relativi meno divergenti. — Tacque un istante. — L’ipotesi che uno scienziato abbia creato il nostro attuale universo spiegherebbe l’enigma filosofico di antica data, ossia perché questo universo è davvero comprensibile alla mente scientifica; perché astrazioni umane e forhilnor, come la matematica e l’induzione e l’estetica, siano applicabili alla natura della realtà. U nostro universo è scientificamente comprensibile perché fu creato da un’intelligenza enormemente sviluppata che usava gli utensili della scienza.
Читать дальше