«Mi saprebbe dire che cos'ha fatto la notte del 16 aprile e la notte del 19 maggio, vale a dire due settimane fa?»
«Non ne ho idea. Chiederò a casa. Lei se lo ricorderà senz'altro, ricorda tutti i miei spostamenti.» L'espressione sul suo volto rimase immutata. «È la mia segretaria sociale, la mia memoria.»
Jack stava cercando una cartina nelle tasche. «Non appena se ne ricorderà, mi faccia uno squillo.»
«È tutto?»
«Se non ha nient'altro da dirmi…»
«È ovvio che non avete granché in mano.»
«C'è la prova del DNA.»
«Naturalmente.» Cook si alzò; non era alto, aveva gambe e braccia paffute e mani grandi. «Mi farò sentire.» Estrasse gli occhiali da sole dalla tasca posteriore dei pantaloni e, infilandoseli, uscì verso la biblioteca.
Nella stanza buia, Jack annusò l'aria. Cook aveva lasciato un odore lieve, aspro, simile a un miscuglio di latte acido e patchouli. Immerso nei suoi pensieri, prese a tamburellare con la penna sul tavolo.
Dopo un momento scrisse: Cook: dice che è sposato/vive con qualcuno. Dobbiamo credergli? Rifletté e poi scribacchiò di getto: no.
I due investigatori pranzarono da Ashburnham Arms con un piatto di pasta ai funghi e una birra Spitfire. Quando tornarono all'ospedale per gli interrogatori pomeridiani, la biblioteca sembrava più tranquilla. Paul si allontanò per andare a chiamare il personale di radiologia, e Jack si sedette accanto alla finestra, scorrendo gli appunti raccolti nella mattinata. D'un tratto notò una figura dai capelli grigi, seduta di fronte a un leggio in fondo alla sezione periodici. L'uomo, che indossava un camice bianco, teneva la testa piegata e sembrava assorto nello studio. Aveva un'aria familiare.
Jack gli si avvicinò. «Buonasera.»
L'uomo si tolse gli occhiali dalla montatura d'acciaio e alzò lentamente lo sguardo. «Buonasera.»
«Mi dispiace interromperla.»
«Non mi disturba affatto. Posso esserle utile?»
«Sì.» L'investigatore si sedette e, appoggiando i gomiti sul tavolo, aggiunse: «Lei è il dottor Cavendish, vero?»
«Sì.»
«Non lavora più al Guy's?»
«No, no…» Cavendish chiuse il libro e ripose gli occhiali in tasca. «Mi trovo qui soltanto per una collaborazione. È per l'anemia falciforme: si è verificato un numero insolitamente elevato di casi nel sud-est di Londra…»
«Noi ci siamo già incontrati, ricorda?»
Il medico sembrava imbarazzato. «Mi perdoni. Se ho un difetto, questo è la scarsa memoria fotografica, soprattutto per i volti. Sì, insomma, non sono particolarmente sensibile agli stimoli visivi, una caratteristica che mia moglie ha apprezzato sempre più col passare degli anni.»
Jack sorrise. «Ci siamo conosciuti circa quattro mesi fa. Lei stava seguendo una mia amica per l'Hodgkin. Le ha fatto un'ecografia.»
«Possibile, possibile. Per controllare la milza.»
«Le siamo molto grati.»
«Grazie. Come sta ora?»
«Non bene. Ha avuto una recidiva. L'ha trattata ieri pomeriggio al Guy's.»
Cavendish socchiuse gli occhi. «Ah, sì, ora capisco. Credo che lei mi stia confondendo col dottor Bostall.»
«No, parlo di Veronica Marks. L'ha vista ieri.»
«Sì, certo, il nome mi è familiare, ma io non…» S'interruppe e accavallò le gambe. «Lei capirà che sono vincolato dall'etica professionale. Col rischio di sembrarle scortese, preferirei astenermi dal discutere di singoli casi.»
«Ma l'ha vista o no, ieri?»
«Hmm…» L'uomo aprì il libro e si rimise gli occhiali. «Penso sarebbe meglio troncare qui la conversazione, signor…?»
«Caffery», completò Jack e gli si sedette di fronte, col cuore in tumulto. «Dottor Cavendish, devo chiederle una cosa.»
«Non credo sia il caso. Sappia che sono piuttosto imbarazzato da questa situazione.»
«La mia domanda non riguarda un caso in particolare. Il fatto è che m'interessano molto alcuni nuovi test diagnostici per l'Hodgkin.»
Il medico sollevò lo sguardo. «Una spiccata curiosità è salutare nonché auspicabile, specialmente nei giovani.»
«Il test della colorazione.»
«Mi assicura che non riguarda nessun caso in particolare?»
«Sì.»
«Si riferisce alla scintigrafia col gallio o alla linfangiografia?»
«A quella sostanza che viene iniettata nei piedi, quella che rimane visibile.»
«Ah, si riferisce alla linfangiografia, allora. Indica se il cancro si è diffuso nella parte inferiore del corpo. I miei pazienti però mi hanno indotto a ritenere che sia una procedura non troppo gradita.»
«Recentemente non ha per caso modificato il test? Non inietta una colorazione differente? Una che scompare in modo più veloce?»
«No, no. Utilizzo sempre l'olio di semi di lino. Occorrono molti giorni, talvolta settimane, perché venga eliminato dall'organismo.» Poi, passandosi un dito sulle labbra aride, proseguì: «Signor Caffery, se è veramente interessato a questo argomento, le consiglio di leggere un articolo sulla vinblastina, pubblicato sul British Medical Journal di questo mese. È molto interessante… Per una circostanza fortuita è stato scritto da un mio collega, ma io lo raccomando con assoluta imparzialità».
«La ringrazio», esclamò Jack porgendogli la mano, «ma credo che lei mi abbia già detto tutto ciò che desideravo sapere.»
Erano ormai le sette di sera, soffiava un vento forte e il cielo era attraversato da nuvole scure. Gli automobilisti abbassavano i parasole per ripararsi dagli sprazzi di luce del tramonto.
Jack non aveva voglia di tornare a casa. Veronica sarebbe stata là, col suo finto pallore e la sua finta spossatezza, e lui aveva paura di ciò che avrebbe potuto dirle… o farle. Non voleva neppure andare in ufficio per evitare che il tono delle conversazioni si abbassasse al suo passaggio perché lui si ostinava a tutelare un perdente, perché continuava a difendere Gemini che, in quel preciso momento, veniva portato alla stazione di polizia di Greenwich. Ciò che voleva era vedere Rebecca. E per farlo aveva un pretesto perfettamente legittimo.
Lasciò Paul alla stazione e, sotto un improvviso acquazzone, fece un'inversione a U e ritornò sui suoi passi, immettendosi nel traffico di punta di Trafalgar Road. A Bugsy Way la pioggia cessò altrettanto improvvisamente e il sole rosso tornò a splendere un'ultima volta, nel tentativo di asciugare il mondo, scintillando sul fangoso Tamigi e proiettando sulla strada le lunghe ombre dei manifesti pubblicitari strappati. Le uniche cose che si muovevano erano i sacchetti di plastica che rotolavano lungo le corsie preferenziali vuote, e Jack fu colpito ancora una volta dalla strana e infinita desolazione di quel paesaggio.
L'area industriale appariva irriconoscibile. L'ingresso lì era ancora vietato, ma la Scientifica aveva terminato la ricerca delle impronte digitali; il GPR era stato rimosso, il nastro trasportatore e i setacci giacevano abbandonati, come le transenne di metallo, collocate intorno alla zona per arginare la massa di giornalisti; attaccato a una di esse, un pezzo di nastro della polizia svolazzava pigramente.
L'agente Betts stava tranquillamente seduto nell'auto della squadra parcheggiata in fondo alla strada d'accesso. Jack gli fece un cenno e si chinò per oltrepassare il nastro. Da quand'era stato lì l'ultima volta, il terreno si era ricoperto di un sottile strato di vegetazione estiva, umida di pioggia. Si diresse verso Bugsy Way, ripercorrendo il tragitto che aveva compiuto con Fiona Quinn la prima notte. Era un percorso difficile, in mezzo a quelle strane erbe alte e nel fango che gli si appiccicava alle caviglie. Quando raggiunse il punto più lontano della recinzione, le ombre erano ormai più lunghe, e i suoi calzini fradici e cosparsi di semi.
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