«C'è dell'altro» disse Riker.
Jimmy stava fissando la lettera azzurra e piagnucolava.
«Avanti, ragazzo, non ti fermare.»
Di nuovo Jimmy guardò Riker per ricevere istruzioni, e il detective annuì.
«Andammo tutti a Casa Shelley. Al momento non mi chiesi perché. Ricordo di aver scalciato inavvertitamente una pietra dell'aiuola davanti all'ingresso. Mi piegai e la rimisi a posto. La dottoressa Cass teneva molto ai suoi fiori.»
Adorava le piante. Fiorivano tutt'intorno alla casa, in ogni stagione.
«Poi vidi di nuovo la lettera azzurra. La gente intorno a me bisbigliava. Avremmo sistemato tutto, così nessun altro avrebbe saputo.»
Uccidendo Cass, che non ti aveva mai fatto del male né te ne avrebbe mai fatto.
«Qualcuno tirò un sasso e la colpì alla testa. Lei non pianse, non disse una parola. Era come guardare la televisione senza audio. Un'altra pietra la colpì alla spalla. Poi qualcuno mi mise in mano un sasso. Era lì, nella mia mano, e una voce mi sussurrava all'orecchio: "Tiralo, tiralo". E io lo tirai, mirando al ginocchio. Quel colpo la fece cadere. Si accasciò in silenzio.»
«E poi cosa accadde?»
Jimmy guardò lo sceriffo con una certa sorpresa. «Tornai all'aiuola a prendere un'altra pietra.»
Lo disse come se fosse la risposta più ovvia, la cosa più naturale da fare, perché aveva scagliato la sua pietra e gliene serviva un'altra. Jimmy si rivolse a Riker. «E quella seconda pietra le spezzò i denti.»
Riker sorrise e approvò con un cenno del capo.
Dietro la testa di Jimmy, la mano dello sceriffo si era levata minacciosa come una mazza. L'odio di Jessop era palpabile, saturava l'aria. Charles Butler fece per alzarsi. Riker lo afferrò per la manica della camicia. «Restane fuori, Charles.»
Jimmy guardò in su e vide il grosso pugno dello sceriffo sospeso su di lui. Poi si fissò le mani raccolte in grembo. Irrigidì le spalle, in attesa delle botte. La sua voce era calma quando disse: «Mi dispiace, ma non volevo che loro sapessero quel che lui mi aveva fatto».
La mano dello sceriffo non si mosse.
Con la stessa voce ragionevole Jimmy disse: «Il cane mi ha perdonato».
Riker raccolse un altro mazzetto di fogli azzurri. «Jimmy era stato ripetutamente stuprato. Dallo zio, secondo la sua testimonianza.» Fece scivolare i documenti lungo il tavolo. «Babe abusò di lui fino ai tredici anni. Ma la stessa sorte toccò anche ad altri bambini.»
Ecco perché il ragazzo era scappato. E lui, Tom, lo aveva riacciuffato e ricacciato all'inferno. Lo sceriffo lesse il referto degli esami del sangue di un bambino di sei anni, identificato solo da un numero.
«Un altro caso di epatite.» Poi guardò un altro foglio che riguardava lo stesso bambino. La data era posteriore, e il piccolo era risultato positivo alla sifilide. «Perché Cass fece testare per la sifilide un bambino di sei anni? Avevamo già avuto casi di epatite nelle scuole. Era un fatto relativamente comune.»
Charles disse: «Non la varietà che si trasmette col sangue. I bambini piccoli possono contrarre una forma di epatite molto contagiosa usando il gabinetto senza le necessarie precauzioni igieniche. Ma anche questa forma si incontra raramente tra i ragazzini dell'età che Jimmy aveva allora. Per rientrare in un gruppo ad alto rischio per l'epatite B, bisogna essere sessualmente attivi, oppure bucarsi. L'epatite B riscontrata in un bimbo di sei anni è un chiaro indicatore di abuso sessuale.»
Lo sceriffo prese l'ultimo foglio, il test positivo alla sifilide di un diciannovenne. Guardò Charles. «Non c'è il nome. È sicuro che si tratti di Babe?»
Charles annuì. «Il codice numerico coincide con quello attribuitogli da Cass in occasione di un precedente esame.»
Jessop scorse di nuovo i referti, confrontandoli. Il bambino di sei anni era stato l'ultimo a contrarre la sifilide. I valori del test di Jimmy portavano a escludere l'ipotesi che potesse averla contratta durante la sua breve fuga da casa.
«Babe era in uno stadio molto più avanzato della malattia,» disse Riker «già all'epoca della festa per la prima malattia venerea al Dayborn bar & grill.»
«Dobbiamo dedurre che non si sia curato» concluse Charles. «Ciò spiega le sue condizioni di salute al momento della morte.»
Riker riprese a parlare, illustrando ulteriori prove a supporto del movente dell'omicidio di Cass: dalle attività illegali di Babe alla sua natura di pedofilo con un debole per i bimbi molto piccoli.
Lo sceriffo non lo ascoltava. Stranamente, non provava rancore mentre leggeva la confessione di Jimmy Simms. In fondo all'ultima pagina c'era l'elenco degli assassini di Cass Shelley. Gli occhi di Jessop andarono da un nome all'altro, distrattamente, poi i fogli gli caddero di mano finendo sul tavolo.
Non era il finale nel quale aveva sperato. Che bidone.
Si era aspettato qualcosa di più grande, di più spettacolare, come l'angelo vendicatore descritto da Lilith. Il momento da lui tanto atteso era arrivato… e non era abbastanza.
Lilith restò di guardia al prigioniero piangente. Tom Jessop uscì dalla stanza con addosso una sensazione di vuoto, come se avesse saltato un pasto. Non uno, ma tutti i pasti, per diciassette, lunghissimi anni.
Accompagnò Riker e Charles lungo il corridoio, parlando meccanicamente. «Io e Lilith porteremo via Jimmy passando dal retro. Sarà più al sicuro in una cella di New Orleans. Devo procurarmi ventitré mandati d'arresto e non mi viene in mente nessun giudice che mi debba un favore. Mi ci vorrà un po' di tempo. Riker, puoi badare all'ufficio e restare a portata di telefono? Potrei aver bisogno del tuo aiuto per convincere un giudice a collaborare.»
«Non c'è problema» rispose Riker.
In sala di attesa si imbatterono nel volto sorridente di Jane. Era seduta sulla panca vicino alla porta e aveva in grembo un vassoio coperto da un pezzo di stagnola. «Salve, Tom. Ho visto arrivare il nuovo detenuto. Ho pensato di portargli il pranzo.»
«Non è più necessario, Jane. L'ho liberato dieci minuti fa. Mandami il conto per il vassoio, d'accordo?»
Jane continuava a sorridere. Di certo non si sarebbe accontentata dei pochi dollari del conto.
Quando la porta si chiuse alle spalle della donna, lo sceriffo si rivolse a Riker: «Qualsiasi cosa abbia sentito, prima di pranzo lo saprà tutto il paese».
«Quanto ti ci vorrà per avere i mandati?»
«Troppo. Stasera a Owltown si terrà il funerale di Babe. Ci saranno solo la famiglia e pochi intimi, il che significa un centinaio di ubriaconi a fare casino per le strade. La cosa migliore è muoversi domattina all'alba con la polizia di Stato e arrestare i sospetti prima che possano smaltire i postumi della sbornia.»
All'una Charles tornò all'ufficio dello sceriffo con panini e caffè acquistati al Jane's Café. «Non mi è parso che circolasse alcun pettegolezzo. Forse Jane non ha sentito niente.»
«Ne dubito.» Gli occhi di Riker non si staccarono dalla finestra che dava sulla piazza mentre infilava una mano nel sacchetto e ne estraeva un panino. Stava fissando uno dei clienti di Jane. Appena uscito dal locale, girò la testa verso l'ufficio dello sceriffo.
Charles sembrava di buon umore mentre sorseggiava il caffè. «Alla fine, Mallory ha agito secondo le regole.»
«Ha commesso tre reati gravi nella raccolta delle prove. Di quali regole parli?»
«Be', non ha fatto del male a nessuno.»
Sicuro?
Riker non ribatté. Il panino era sul piano della scrivania, intatto. Stava guardando l'uomo sulla piazza, che era stato raggiunto da un amico. I due tenevano d'occhio la porta dello sceriffo, come sentinelle.
«Riker, non vorrai ricominciare con i tuoi sospetti! Credi ancora che lei…»
«Mallory è tornata a Dayborn per regolare i conti con gli assassini di sua madre, e ora finalmente ne ha l'elenco completo.» Si abbandonò contro lo schienale della poltrona e allungò i piedi sulla scrivania. «Vorrei che tornassi da Augusta e la tenessi occupata per un po'.»
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