I due si scambiarono un'occhiata e poi guardarono le bottiglie ancora da aprire.
«Forza, servitevi» disse Riker, fingendo di non vedere la canna del fucile. «Non avrete paura che faccia la spia!» Scolò il bicchiere e lo scagliò per terra. Di colpo si ritrovò fucile e pistola puntati addosso. Ignorando la minaccia, Riker afferrò la bottiglia aperta. «Diamoci dentro sul serio, ragazzi.» Accostò la bottiglia alle labbra e la inclinò, poi la passò all'uomo alla sua destra, che impugnava la sua 38.
Quello accettò la bottiglia per forza d'abitudine, ma poi guardò il suo amico seduto al di là del tavolo, in cerca di approvazione.
Il tizio col fucile si strinse nelle spalle e disse: «E che cazzo!» e incominciarono a bere.
Mentre si passavano la bottiglia, Riker si chiese se quei due sapessero di avere a che fare con un alcolizzato, un bevitore di professione.
Dopo che si furono scolati due bottiglie, Riker cominciò a parlare in modo confuso e strascicato. Prese in considerazione la possibilità di crollare svenuto, ma lasciò perdere perché gli sembrò eccessivo.
Quando Mallory si alzò per scostare la tenda dalla finestra, sentì la spalla rigida e indolenzita. Aveva la testa stranamente annebbiata e le gambe molli. Il sole era tramontato e tutto era immerso nella silenziosa luce del crepuscolo.
Aveva perso un giorno, un giorno intero. Come era potuto accadere?
La gatta, seduta sull'orlo del letto, le soffiò contro. Mallory afferrò il cuscino, facendole capire le sue intenzioni. La gatta rispose con un sordo brontolio. Le lanciò il cuscino, che finì ad almeno mezzo metro dall'animale. Si stupì di aver mancato un bersaglio tanto facile.
A un tratto comprese che era stata drogata. Si infilò i jeans e scese di sotto.
Trovò Augusta in cucina che sistemava piatti e ciotole nella lavastoviglie. Charles era seduto a tavola e stava guardando un album di disegni.
«Buon giorno!» le disse.
Ma Mallory aveva occhi solo per Augusta: occhi rabbiosi, vendicativi. La vecchia signora, regina delle erbe, era la sua nemica del momento. Della gatta si era già dimenticata.
«Ma guarda che bell'aspetto riposato» esclamò Augusta, ignorando la sua espressione.
Il messaggio negli occhi di Mallory era chiarissimo: Te la farò pagare.
Per nulla impressionata, Augusta tornò a rigirare il contenuto di un grosso tegame sul fuoco. «Ora siediti, che ti scaldo la cena.»
Mallory aveva voglia di rompere qualcosa o far male a qualcuno. Guardò Charles, che però non aveva fatto nulla per irritarla. Accostò una sedia al tavolo. «Dov'è Riker?»
«Giù alla stazione di polizia» rispose Charles. «Lo sceriffo e la sua vice hanno portato Jimmy Simms a New Orleans.»
«Una mossa intelligente» commentò lei. «Ma tu cosa ci fai qui? Perché Riker è solo?»
Charles scrollò le spalle. «Mi ha detto lui di andarmene. Credo che volesse rifarsi del sonno perduto. Pensava che potessi essere più utile qua.»
«A fare cosa?»
Charles non aveva una risposta precisa, ma lei indovinò. Doveva farle la guardia. Comprese anche che Riker non stava dormendo. Se avesse deciso di chiudere gli occhi, anche solo per un'ora, avrebbe chiesto a Charles di restare nei pressi perché lo svegliasse in caso di bisogno.
Augusta le mise davanti una ciotola di carne e riso aromatizzato. Mallory la guardò con profondo sospetto.
«Vuoi che lo assaggi io per prima?» Augusta scoppiò in una risata, sedendosi e versandosi una tazza di caffè.
Mallory la ignorò e guardò fuori della finestra. Era buio, ma non abbastanza per offrirle protezione. «Voglio le chiavi dell'auto.»
«Non è qui» rispose Charles. «Riker mi ha detto di parcheggiarla davanti al bed & breakfast e di uscire dalla porta posteriore, in modo che nessuno mi seguisse.»
«Perché tante precauzioni? L'arresto di Jimmy non è più un segreto?»
«Forse Jane ha sentito qualcosa» ammise Charles.
«È la cosa peggiore» commentò Augusta. «Inventerà quel che non sa. Ma la notizia sta già circolando, ci puoi scommettere.»
Allora perché Riker si era sbarazzato di Charles?
«Cosa stava facendo Riker quando te ne sei andato?»
«Niente. Era tutto molto tranquillo. Perfino il telefono non è mai squillato finché sono rimasto là. Così è finita.»
Non era affatto finita. Ma Charles era in buona fede, non le stava nascondendo nulla. Mallory si rivolse ad Augusta: «Riker sa che mi hai drogata?».
Dal sorriso di Augusta dedusse di sì. Così Riker non aveva mandato Charles a fare il babysitter. Allora perché?
«Il solo mistero rimasto è cosa accadde al corpo di tua madre» disse Charles. Stava parlando a Mallory, ma guardava Augusta. «Non sapere che fine avesse fatto il corpo deve aver causato non poche preoccupazioni agli assassini.»
Mallory annuì, sebbene avesse la mente altrove e stesse lottando contro l'intorpidimento del sonno.
«Credevo che la folla inferocita se lo fosse portato via.» Augusta avvicinò la ciotola a Mallory. «È innocuo. Fidati di me.»
Già, come no.
Augusta le lesse nel pensiero, e rise di nuovo. Ma Charles non sorrideva. C'era decisamente qualcosa che non andava. Cosa stava succedendo?
Charles le toccò il braccio per attirare la sua attenzione. «Tu cosa ne pensi, Mallory? Credi che la folla abbia portato via il cadavere?»
«No.» Mallory scosse il capo e decise di bere il caffè; ma dalla tazza di Augusta.
«Avrebbe avuto senso se avessero tentato di coprire il delitto, ma non fu così. Lasciarono le prove in bella vista.»
Al momento la incuriosiva di più il comportamento di Riker che non il corpo introvabile della madre. Quando rialzò il capo, Augusta era scomparsa e Charles stava uscendo dalla cucina.
Mallory guardò nella pentola sul fornello. C'era cibo sufficiente per diversi giorni. Augusta non poteva averlo drogato tutto. Mallory vuotò nella spazzatura il piatto che le aveva servito. Poi impugnò il mestolo.
Ma qualcosa non andava.
Stava lentamente ritrovando la lucidità. Lasciò cadere il mestolo nella pentola e andò nell'altra stanza, quella del telefono. Fece in tempo a vedere la porta delle scale che si chiudeva alle spalle di Charles.
Alzò la cornetta e compose il numero dell'ufficio dello sceriffo. La gatta le girava intorno osservandola con ostilità. Quattro squilli.
Riker, tira su la cornetta.
La gatta balzò sul tavolo e fece cadere il telefono sul pavimento. Mallory e l'animale si fissarono per qualche istante. Il ricevitore non dava più segni di vita, e il cavo spezzato penzolava sul pavimento.
La gatta, saggiamente, si dileguò.
Charles seguì Augusta su per le scale, fino all'ultimo piano. Turandosi il naso, attraversò la soffitta e raggiunse la postazione con il cannocchiale. Una fresca brezza filtrava dai buchi nel tetto. In una scatola di cartone ripiena di pezzetti di giornale c'era un pipistrello con un'ala distesa e una vistosa fasciatura. Inginocchiata sul pavimento, Augusta sollevò l'animale, tenendolo delicatamente fra le mani. Srotolò la benda che copriva quasi tutta l'ala. Il pipistrello emise un acuto strillo, e lei gli somministrò un liquido col contagocce. L'animale si calmò e Augusta si mise al lavoro sulla ferita.
Dopo alcuni minuti, Charles ruppe il silenzio.
«Non sapere dove fosse il corpo deve averli fatti impazzire.»
«L'hai già detto, Charles.» Augusta continuava a tenere gli occhi sulla delicata membrana dell'ala del pipistrello.
Charles si sedette accanto a lei. «Tutti questi anni senza la certezza che lei fosse morta, senza la sicurezza di averla fatta franca. Un cadavere scomparso alimenta la suspense. »
Augusta annuì. «Un po' di suspense piace a tutti. Il mistero del cadavere ha incentivato il turismo. Così, secondo te, a farlo sparire sarebbe stata Betty Hale?»
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