Carol O'Connell - Il Volo Dell'angelo Di Pietra

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"Le parole della O'Connell sono lucide e affilate come un bisturi." (Carlo Lucarelli)
A volte la violenza esplode quando e dove meno te l'aspetti. Come a Dayborn, graziosa cittadina sprofondata nella calda, languida atmosfera della Louisiana. E' lа che, diciassette anni fa, la dottoressa Cass Shelley и morta sotto i colpi di una folla inferocita, lapidata senza pietа per una colpa immaginaria. Da allora, tutti a Dayborn hanno fatto del loro meglio per dimenticare. Tutti tranne Tom Jessop, lo sceriffo che da quasi vent'anni si interroga sul destino della piccola Kathy Shelley, scomparsa subito dopo l'omicidio della madre. Quella bambina oggi и una donna, a tutti nota con il nome di Kathy Mallory, detective della Crimini Speciali di New York. Messo da parte il distintivo e la sua nuova vita, Kathy torna a Dayborn decisa a ottenere non semplice giustizia, ma 'vendetta'. Per stanare gli assassini di sua madre deve affrontare un'indagine intricata e rischiosa, ai margini della legalitа. Solo quando la veritа verrа a galla in tutto il suo orrore, Cass Shelley potrа riposare in pace nella tomba vegliata dall'angelo di pietra.
"Una O'Connell in splendida forma per un thriller da non perdere." (Booklist)
"Ancora una volta Carol O'Connell avvince il lettore fino all'ultima pagina." (Publishers Weekly)
"Brava da morire." (Richard North Patterson)

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«Le storie che hai sentito, mio buon Charles,» disse Augusta sorridendo, senza staccare l'occhio dal cannocchiale «sono tutte vere. Io sono un'assassina. Ho ucciso mio padre.»

«Non stavo pensando a quello.»

«Il tuo amico Riker è nei guai. Lo hanno preso e circondato.»

Charles le strappò di mano il cannocchiale. Augusta lo aiutò a mettere a fuoco lo spiazzo dove fino a poche ore prima sorgeva il tendone. Al centro dello spiazzo adesso c'era un grosso camion addobbato con luci colorate. Sopra era sistemata una bara di vetro. Gli ricordò una teca per mettere in mostra un insetto imbalsamato.

Tutto intorno erano riunite un centinaio di persone, che brandivano bottiglie e bicchieri di carta. Le donne, cariche di gioielli vistosi, portavano sgargianti abiti da sera. Anche fra gli uomini c'era chi indossava abiti con paillette, e qua e là spuntavano costumi più adatti al carnevale che a un funerale. Un gruppo di suonatori e un tipo sui trampoli salirono sul camion. Accanto alla bara c'era una sedia, alta e dorata. Malcolm, vestito col suo abito da cerimonia, era seduto su quella specie di trono e indicava il centro della folla. La calca si aprì intorno a Riker, solo e fuori posto nel suo abito grigio.

26

Charles volò giù per le scale. Attraversò di corsa l'atrio, diretto alla stanza sul retro, dove c'era il telefono. Sul tavolo trovò un biglietto: «Vado all'ufficio dello sceriffo. Rimani dove sei! » .

Charles stava esaminando il filo del telefono spezzato, quando Augusta si precipitò nella stanza correndo e aprì la cassettiera.

«Un gruppo d'uomini sta attraversando il ponte. Vengono qui.» Stava cercando qualcosa nel primo cassetto in alto, tra la biancheria intima.

«Dobbiamo andar via, e in fretta.» Tirò fuori una piccolissima pistola e richiuse il cassetto. Gliela mostrò. «È una 45 monocolpo, ma è meglio di niente.» Se la infilò nella tasca del vestito e uscì di corsa dalla stanza. La gatta parve capire il senso di quella fuga prima di Charles, e corse dietro alla sua padrona.

Charles uscì nell'atrio, gareggiando in velocità con l'animale. Gli chiuse la porta sul muso, e la bestia cominciò a miagolare.

«Lasciala uscire» ordinò Augusta.

Lui aprì la porta e la gatta balzò fuori. Charles guardò Augusta, che nel frattempo era montata sul cavallo bianco, privo di sella. «Saranno già arrivati al cimitero. Salta su, o sei un uomo morto.»

«Non sarebbe meglio…»

«So riconoscere un branco di assassini pronti al linciaggio, Charles. Vuoi vivere? E allora salta su.»

Charles montò sul cavallo dietro ad Augusta.

«Tieniti più forte che puoi!» urlò lei, lanciando il cavallo al galoppo.

Non andava a cavallo da che era un bambino, e anche allora non era mai montato senza sella. Gli sembrava di cadere a ogni istante. I massicci muscoli dell'animale si allungavano e si contraevano nella corsa. Erano diretti verso l'argine, che si stagliava nero come la pece sullo sfondo del cielo.

Si piegò in avanti per farsi sentire da Augusta: «Seguiremo la base dell'argine, girando intorno all'Upland Bayou?».

«Non è possibile» gli rispose, filando dritto verso la barriera. «Il terreno è troppo bagnato e insidioso» gridò lei. «Il cavallo ci rimetterebbe le zampe prima ancora di arrivare alla casa di Henry.»

«E lui, quando sarà di ritorno?»

«Stanotte tardi. Avvinghiati bene con le gambe e affonda i talloni nei fianchi. Seguiremo la strada che il cavallo conosce meglio. L'ha percorsa migliaia di volte.» Con abilità guidò l'animale sul sentiero che si arrampicava sull'argine. Charles si teneva stretto, ginocchia e talloni contro il pelo del cavallo, le braccia attorno alla vita di Augusta, certo che sarebbe caduto non appena il cavallo avesse vacillato sulla salita erbosa. Ma l'animale non perse il suo slancio in avanti, trovando un punto d'appoggio nelle zone asciutte del terreno che si sbriciolavano sotto i suoi zoccoli.

Charles voltò il capo a guardare la casa. Un esercito di formiche con teste e mani biancastre stava spuntando dal viale delle querce per convergere su Casa Trebec.

Gli ampi calzoni dell'uomo sui trampoli impedivano la vista della bara trasparente mentre passeggiava avanti e indietro sul pianale del pick-up. Tra la folla, qualcuno aveva gli occhi celati dietro una maschera colorata, qualcun altro indossava piume e mantelli. Il costume da torero indossato da Malcolm brillava più di qualsiasi altro vestito. Aveva abbandonato il suo trono per mettersi a cavalcioni sulla bara: salutava con la mano i suoi sudditi e rideva.

Solo la banda dixieland era silenziosa. I suonatori si scambiavano occhiate ansiose, desiderosi di andarsene subito. Clark Kinkaid, il trombettista, ripose lo strumento e fece un cenno agli altri. Cominciarono ad allontanarsi, ma uno dei fratelli Laurie tagliò la strada al sassofonista: era Ray, armato di fucile.

I musicisti ci ripensarono e rinunciarono all'idea di andarsene. Una bella ragazza danzante arrivò con una bottiglia piena e la offrì alla banda. Stavano tutti bevendo da più di un'ora, ma il funerale doveva ancora incominciare.

Clark guardò la pila di bastoni con in cima gli stracci imbevuti di benzina: avrebbero dovuto essere accesi da tempo per dare inizio alla fiaccolata lungo Main Street. Ma il pick-up del crematorio era arrivato ed era stato rispedito indietro vuoto. A quanto sembrava, Malcolm aveva altri piani per i divertimenti della serata.

Clark aveva accettato un altro impegno per il gruppo, immaginando che tutto sarebbe finito prima delle otto. Ora si chiedeva con impazienza quando sarebbe iniziato lo spettacolo e chi fosse quell'uomo anziano in mezzo al cerchio di ubriachi. Uomini e donne serrarono le fila per restringere il cerchio e Clark salì sul parafango del camion per vedere meglio.

Tutti gli occhi erano puntati su Malcolm, che scavalcò la bara, si alzò in piedi e tese tutte e due le mani per imporre silenzio. «Questo Riker,» la voce di Malcolm era rabbiosa mentre indicava l'uomo dal vestito grigio, «questo ubriacone assatanato, questo rifiuto umano è stato trovato nel cimitero, nudo dalla cintola alle caviglie, sul cadavere dell'idiota del paese.»

Tutt'intorno al camion si levarono proteste e oscenità.

«Guardatelo, è così ubriaco che non riesce a stare in piedi. La sua vittima non è morta in fretta: è stata violentata e picchiata a morte per ore. Povero idiota indifeso. Abusare di un ritardato è come stuprare un bambino.»

«Malcolm» urlò Riker, nient'affatto ubriaco. «Tuo fratello stuprò Ira Wooley quando aveva solo sei anni. È un vizio di famiglia? Viene da lì la tua esperienza?»

«Fatelo tacere!»

Un uomo sferrò un pugno in faccia a Riker, che cadde in ginocchio. Aveva il labbro spaccato e la bocca piena di sangue. Malcolm era livido. Qualcosa era andato storto, e Clark si chiese se quel qualcosa avesse a che fare col fatto che Riker era del tutto sobrio.

Malcolm agitò il pugno rivolto al cielo. «Tre testimoni lo hanno trovato…»

«Fu quella la ragione dell'omicidio di Cass Shelley!» Riker si rialzò. «Lei aveva i risultati delle analisi. Babe aveva violentato anche Jimmy Simms. Ecco perché lui era scappato di casa quando aveva solo dodici anni.»

«Tappategli quella boccaccia che vomita bugie!»

Ma stavolta il solo a farsi avanti fu Dan Simms, il padre di Jimmy, che ascoltava con profonda attenzione. Malcolm si volse verso il fratello Ray che, con un cenno di assenso, si infilò tra la folla per sistemare le cose. Riker continuò: «Lei non riusciva a spiegarsi come mai un piccolo di sei anni avesse contratto l'epatite come un drogato. Allora gli fece il test per la sifilide. Ricordate la festa per lo scolo di Babe? Lui…».

Le mani di Ray Laurie si serrarono attorno alla gola di Riker.

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