Aveva infranto la barriera del suono per portare Ira all'ospedale in tredici minuti esatti: non voleva vederlo morire nell'attesa di un dottore. Si rivolse a Lilith: «Portami uno di quei bastardi con lo stetoscopio. Non mi frega come ci riesci».
Lo sceriffo depositò Ira sul banco dell'accettazione. Intorno a loro, i medici correvano da una parte all'altra e le infermiere spingevano le lettighe verso le sale operatorie, in fondo al corridoio.
Darlene era china su suo figlio, la testa vicinissima alla sua. Ascoltava il suo respiro, pronta a respirare per lui se Ira avesse smesso.
Lo sceriffo seguì con gli occhi Lilith che camminava con passo deciso lungo il corridoio. La ragazza spalancò una porta: all'interno c'erano alcuni distributori automatici di vivande e un comodo salottino, e l'aria sapeva di fumo.
Lilith accostò un dottore.
Dapprima l'uomo parve seccato, ma poi sorrise: osservò attentamente la giovane che aveva di fronte, facendo un inventario del suo corpo, soffermandosi in particolare sui seni, come se ne avesse diritto. Lei gli mormorò qualcosa all'orecchio, poi gli agguantò una mano e lo trascinò lungo il corridoio.
Il dottore si piegò su Ira, ed esaminò le lesioni. «Va operato. Temo che un polmone sia collassato. Servirebbero un'infermiera e la sala operatoria, ma…»
«Agli ordini, dottore» rispose Lilith, scivolando nel corridoio in cerca di un'infermiera da terrorizzare e di una sala operatoria da requisire.
Mentre Ira veniva preparato per l'intervento, lo sceriffo accompagnò Darlene nella sala d'attesa, una sorta di manicomio pieno di grida isteriche, lacrime, e preghiere. La fece accomodare nell'unica sedia libera. Per tutto il tempo aveva pianto in silenzio e a pugni stretti, e solo ora aprì una mano e si ritrovò a fissare il telefono cellulare di Mallory.
«Kathy!» esclamò.
Darlene aveva tutta l'attenzione dello sceriffo.
«Kathy è andata a Owltown.» Gli strinse forte il braccio. «Temo che voglia ammazzare qualcuno.»
«Avrà bisogno d'aiuto» e prima che Darlene potesse replicare, Jessop stava attraversando l'atrio a passi concitati. Spinse la porta a vetri e raggiunse la macchina. Mentre usciva dal parcheggio, la portiera del passeggero si aprì e la vicesceriffo Beaudare salì a bordo.
La bara era stata scaraventata via dall'esplosione. Ora giaceva fracassata al suolo. Il coperchio di vetro si era rotto lasciando rotolare il cadavere sul terreno. Le fiamme provenienti dal camion si estesero fin lì. Gli abiti di Babe presero fuoco e le fiamme gli lambirono la testa, divorando la cera con cui era stato ricostruito il cranio spaccato.
Ma la folla lo aveva già dimenticato. Tutti fissavano la strada buia dove brillava la luce del lampione. A un tratto si spense, e un altro, più vicino, si accese: sotto c'era Mallory. Avanzò così verso di loro, entrando e uscendo dal buio. Quando si accese l'ultimo lampione, nel cono di luce non c'era nessuno. La folla rimase lì inchiodata a guardare, in attesa.
Ma lei era già fra loro.
Sollevò lo spolverino per lasciare bene in vista la fondina con la pistola. Senza fretta, quasi con indifferenza, raggiunse Riker. Piazzò sulla propria spalla il braccio dell'uomo ancora incosciente e gli cinse la vita.
Si rivolse a Charles. «Cammina e non fermarti per nessun motivo.» La mano libera era stretta attorno al calcio della pistola.
Quattro uomini sbarrarono loro la strada. Avevano in mano delle pietre.
Uno fece un passo avanti e sogghignò mentre piegava il braccio all'indietro per scagliare la prima.
Mallory estrasse l'arma dalla fondina.
L'uomo sentì il colpo e vide il lampo della pistola; poi, abbassò uno sguardo incredulo sulla propria gamba squarciata. Cadde in terra e strisciò via piangendo. La folla si aprì per lasciarlo passare, ma nessuno si fece avanti per aiutarlo.
Charles e Mallory avanzavano lentamente, trascinando il corpo di Riker. Il branco, non più compatto, camminava al loro fianco.
Una donna vestita di raso rosso insultò Mallory e le lanciò contro una bottiglia, mancandola di oltre un metro. Quando un proiettile le perforò la manica del vestito, la donna fuggì in preda al panico.
Charles e Mallory continuavano a camminare. Un adolescente corse loro incontro e lanciò un mattone che sfiorò Charles: Mallory sparò. L'assalitore capì che la sua giovane età non lo avrebbe protetto e corse a nascondersi nella massa di adulti sul marciapiede.
«Non hanno più un capo, sono allo sbando» disse Mallory. «Se restiamo calmi possiamo farcela.»
Già, come no.
Un tizio basso e tarchiato tirò una pietra che colpì Mallory alla spalla. Lei puntò la pistola e fece fuoco. L'uomo cadde, urlando e tenendosi il fianco dove era stato colpito. Un'altra pietra fu lanciata da dietro una macchina. Lei sparò ancora, mandando in frantumi il finestrino della vettura, e poi ancora, sopra il mare di teste della folla, che, impietrita da quella lotteria di pallottole, cominciava ad acquistare coscienza della propria mortalità. Molti scapparono quando lei alzò l'arma per l'ennesima volta.
Un sasso colpì Mallory in mezzo alle scapole. Lei si girò e prese di mira l'uomo che l'aveva lanciato. Quello alzò una mano come per fermare la pallottola e scomparve. Mallory aveva finito i colpi. «Charles, reggi Riker per un secondo, e non fermarti.» Staccò il caricatore dalla cintura e infilò le pallottole nella camera di caricamento. Poi tornò ad afferrare il braccio di Riker.
Charles sentiva calde vampate alla schiena. Stava già voltando la testa quando lei gli disse: «Non guardare. Le case stanno bruciando. Non c'è nient'altro da vedere».
Alle spalle della folla, una sottile figura dalla fluente chioma bianca si spostava da una casa all'altra con in mano una tanica di benzina, appiccando le fiamme. Un'altra pietra fu scagliata contro Mallory e la colpì alla gamba, per l'esultanza dei presenti.
Due grossi topi attraversarono di corsa il portico di una casa vicina, in fuga dal fumo nero che avvolgeva le assi.
Un secondo dopo, due finestre sulla facciata scoppiarono e ondate di fiamme inghiottirono il muro esterno.
Il fuoco era ovunque. Charles sentiva il calore sul viso e gli bruciavano gli occhi. Il vento trascinava il fumo verso il Lower Bayou. L'incendio montava.
«Non aver paura.» Il tono di Mallory era tranquillo.
Comprese. Era spacciato, lo era stato fin dal momento in cui si era sdraiato a coprire il corpo di Riker.
Mallory gli aveva regalato qualche altro minuto di vita, tutto qui.
A un tratto lei ricominciò a sparare. La folla, respinta al di là di una linea invisibile, non osava avvicinarsi, limitandosi a lanciare oggetti e grida disumane.
Un'altra casa fu aggredita dal fuoco. Sul lato opposto della strada, Charles notò due ragazzi che, seduti all'ombra di un portico, osservavano la scena muovendo le labbra all'unisono. Stavano contando i colpi che ancora restavano a Mallory.
Quando una pietra la mancò per un pelo Mallory sparò a vuoto. I due ragazzi lasciarono il portico e corsero verso di loro armati di sassi.
«Alla tua destra» avvertì Charles.
Lei lanciò la pistola contro quello più vicino, che si accasciò, colpito alla testa. Il suo compagno esitò.
«Prendi Riker,» gridò Mallory «e continua a camminare.» Si avventò sul ragazzo, gli afferrò un braccio e glielo torse fino a spezzarlo. Poi proseguì senza voltarsi.
Ormai le fiamme erano dappertutto. La folla si stava diradando, le donne e gli uomini più anziani si erano dileguati da un pezzo. Un gruppo di ragazzi si rifugiò in una delle poche case rimaste intatte.
Dalla finestra più in alto partì una fucilata. Mallory si rivolse a Charles. «La maggior parte delle persone ha una pessima mira, specie quando il bersaglio è in movimento.»
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