Il tono di Riker era insolitamente morbido, sommesso. «Indagando su un omicidio si imparano troppe cose sul conto della vittima. Una donna sconosciuta giace sul tavolo dell'obitorio, e tu trascorri le tue giornate interrogando amici e parenti, apprendendo nuovi particolari sulla sua vita. A un certo punto ti accorgi di chiamarla per nome, come se fosse una vecchia amica. E allora tutto diventa più difficile, vero? Ma in questo caso, Mallory, tu chiami la vittima "mamma". È il nome con cui ogni bambina chiama sua madre, il solo nome che tu hai per lei.»
La voce di Riker era sul punto di spezzarsi.
«Lo conquisterò, gli terrò la mano e gli massaggerò la schiena, gli dirò che, viste le circostanze, il suo comportamento fu giustificabile, una reazione perfettamente naturale… Piegare il corpo di tua madre con le pietre, spezzarle i denti, lasciarla per terra, a morire dissanguata.»
Incapace di parlare, Mallory assentì col capo.
Avevano un patto.
Riker fu attento a non guardarla in viso mentre le camminava accanto nell'atrio, diretto verso la cucina illuminata.
Augusta spostò una pila di fogli e piazzò un boccale di caffè bollente sul tavolo della cucina.
Riker era seduto, con i gomiti sul tavolo.
Si copriva le orecchie con le mani nel tentativo di difendersi dall'incessante cinguettio mattutino degli uccelli. Provava nostalgia per la colonna sonora tipica della sua città: antifurto ossessivi, sirene dei pompieri, urla e spari.
«Ma non la smettono mai?»
«No. Cantano tutto il giorno.» Augusta piegò la testa verso il corridoio, in ascolto. «È Charles alla porta. Ha un suo modo di bussare, molto delicato.»
Augusta andò ad aprire e Jimmy Simms si mosse sulla sedia accanto a quella di Riker. Il giovane russava piano, con la testa appoggiata sulle braccia. Il suo volto assopito era innocente, senza una ruga.
Riker si strofinò gli occhi arrossati e trangugiò il caffè senza neppure darsi il tempo di gustarne il sapore. Era troppo vecchio per quelle notti in bianco. Si chiese se si sarebbe mai più sentito pulito, dopo essere entrato nella mente marcia di Jimmy.
«Buongiorno, Riker.» Charles si sedette di fronte a lui. «Mallory non si è ancora alzata?»
Riker invidiò l'aspetto riposato dell'amico. Guardò l'orologio. Erano appena passate le otto. «Ieri ha avuto una giornata piuttosto piena.»
«E io, di nascosto, le ho corretto la cena con una bella dose di passiflora e valeriana» disse Augusta, preparando dell'altro caffè. «La ragazza ha bisogno di riposo: dormirà per il resto della giornata.»
«Ben fatto» commentò Riker, sogghignando.
Charles esaminò le carte sul tavolo. «C'è tutto?»
Riker raccolse un mazzetto di fogli azzurri, ognuno con l'intestazione del laboratorio di analisi ospedaliero. «Uno di questi dev'essere la copia della lettera azzurra di Alma.» Erano tutti indirizzati alla dottoressa Cassandra Shelley, nel suo ruolo di ufficiale sanitario del distretto di St. Jude. «Con la confessione di Jimmy e tutto quello che Mallory ha ricavato dai computer ce n'è più che abbastanza per processare l'intero branco.»
Riker guardò Jimmy addormentato e poi Charles. «Hai presente quelle giornate in cui ti sembra di scoppiare d'odio?» Poi si rese conto che stava parlando alla persona sbagliata. Si girò verso i fornelli, dove Augusta stava rimestando le sue pentole. Lei disse: «Amen».
Riker si passò una mano fra i capelli grigi. Era così stanco. «Charles, perché non torni da Henry a recuperare la macchina? Tra qualche minuto arriverò insieme a Jimmy. Non voglio che qualcuno veda il teste chiave dell'accusa finché non sarà in carcere.»
«Non lascerò che Charles se ne vada senza aver mangiato.» Augusta gli porse una tazza di caffè e un piatto colmo di cibo.
Riker, che a colazione era abituato a mangiare solo caffè e pane tostato, inorridì. Alla fine, però, si lasciò tentare dalla cucina di Augusta, che lo sedusse con frittelle di patate e morbidi pancake imbevuti di sciroppo di canna. Quando fu sazio, lei, per divertirsi, gli spalmò del burro su un panino caldo. Lui slacciò la cintura e ne prese un altro.
Infine Augusta uscì a dar da mangiare agli uccelli. Allora Charles rivolse a Riker la domanda che covava da quando era arrivato.
«Devi consegnare Jimmy allo sceriffo?» La sua voce era bassa, il tono cospiratorio.
Riker si accese una sigaretta e fece una pausa, aspettando l'effetto della nicotina. «Ti crea problemi? C'è qualcosa che dovrei sapere?»
«Diciamo che Mallory ha risolto il caso molto in fretta, mentre allo sceriffo non sono bastati diciassette anni.»
Fantastico! Adesso giochi a fare l'investigatore.
«Credi che lo sceriffo abbia qualcosa da nascondere?»
«È una ragionevole conclusione, dato che…»
«Questa è bella. A furia di frequentare Mallory, sei diventato sospettoso.» Riker si stiracchiò, sbadigliando.
Così Mallory aveva contagiato Charles. Era un vero peccato. Riker non aveva dubbi, preferiva il vecchio Charles Butler, una brava persona che per natura si fidava della gente. Non certo un buon candidato per una carriera da detective, ma in compenso un essere umano di prim'ordine.
Maledetta Mallory.
«Sto semplicemente usando la logica» disse Charles, sulla difensiva. «Mallory non c'entra.»
Riker posò una mano sulla pila di documenti. «La ragazza non ha fatto tutto questo in un giorno. Per mesi si è introdotta illegalmente in database riservati, ha inseguito indizi senza un mandato, ha violato la Costituzione degli Stati Uniti e seminato bugie a destra e a manca.»
Indicò i fogli azzurri. «Questi li ha rubati dopo essersi introdotta illegalmente nell'archivio dell'ospedale e aver danneggiato la proprietà dello Stato. Oh, e non dimenticare che era presente il giorno in cui uccisero sua madre. Partiva avvantaggiata, rispetto allo sceriffo.»
«Ma Jessop conosceva l'identità di alcuni colpevoli.»
«Aveva dei sospetti. C'è una bella differenza. E comunque non avrebbe ottenuto una confessione da quei bastardi. Non è il tipo da leccare il culo alla feccia. Devi avere un bello stomaco per riuscire a convincere i peggiori vermi a fidarsi di te.»
«Avrebbe potuto stargli dietro e…»
«Senza prove, non poteva arrestare nessuno. Se avesse portato dentro un sospetto, tutti gli altri sarebbero fuggiti. Dayborn è molto piccola, Charles. Jessop non ha le risorse per inseguire chi scappa fuori dello Stato.»
Dio, salvami dai dilettanti.
«Ha rintracciato la vedova di Babe Laurie» disse Charles. «L'ha fatta estradare da un altro Stato.»
«Già, ma si è scontrato con l'ostruzionismo di quei politicanti della Georgia. Ho visto la documentazione. Se Sally Laurie non avesse rinunciato ai suoi diritti, la faccenda avrebbe potuto protrarsi per mesi.»
«Altri poliziotti lo fanno. Cooperano con…»
«I federali? Secondo le mie fonti, Tom Jessop non è disposto a fare comunella con loro: si è sempre apertamente rifiutato di spiare i propri concittadini. Scommetto venti dollari che i federali hanno fatto pressioni sui ragazzi della Georgia perché ostacolassero il suo lavoro.»
Charles sembrava un po' disorientato. «E che mi dici di Babe Laurie? Tutti presumono che fosse appostato ad aspettare l'arrivo di Mallory. Non trovi che sia…»
«Credi che ci sia dietro lo zampino dello sceriffo? Se ti schieri dalla parte di Mallory, tutti diventano tuoi nemici. Il risultato, Charles, è che non sai più riconoscere un brav'uomo quando lo incontri.» Riker schiacciò la sigaretta nel posacenere. «Sei diventato cieco. L'unica colpa di Jessop è quella di non esser riuscito a superare la morte di Cass Shelley.» Riker guardò il fumo che dal mozzicone saliva verso il soffitto. «Povero diavolo. E tu lo sospetti di essere coinvolto in un omicidio? O in un tentativo di insabbiamento? Perfino Augusta non ti convince… Chi altro c'è sulla lista dei sospetti? Henry?»
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