«A New York abbiamo ratti grandi come puledri, ingorghi di macchine da Harlem a Battery e due fiumi traboccanti di pesci morti e di contribuenti assassinati.»
Augusta batté una mano sul tavolo. «Noi siamo più inquinati e più assassini di voi. Ha notato le industrie chimiche lungo il fiume? Sono lì grazie a un formale contratto sottoscritto da Satana in persona. Producono veleni e in più appestano aria e acqua. Un bell'affare, eh? Qui in Louisiana noi non tolleriamo la corruzione, la esigiamo. Tutto quel che voi avete, Riker, è un'isoletta insignificante con un grave problema di traffico. Io so tutto di New York.»
«Signora Trebec, credo di essermi innamorato di lei.»
«Allora mi devi chiamare Augusta.» Sorrise con squisita insincerità.
Riker si sciolse un po'. Aveva gli occhi colmi di ammirazione, ma questo non gli impedì di sferrare il colpo finale.
«Augusta, sei una dura, devo riconoscerlo. Quindi, quando Mallory si è presentata alla porta, le hai tirato un sasso e lei è fuggita via, è andata così?»
Riker si appoggiò allo schienale della sedia e si accese una sigaretta. La stanza era così silenziosa che il suo fiammifero spento fece un udibile ping nel centrare il portacenere di vetro. «Ho bisogno di parlare con Mallory. È importante. Diglielo.» Soffiò una nuvola di fumo e fissò una porta laterale come se potesse visualizzare Mallory nell'altra stanza.
Augusta tamburellò con le dita sul tavolo. «Non credo che verrà. Mi piace credere che la mia reputazione di spietata brutalità mi preceda. Ma se la vedo, le sparerò certamente da parte tua.»
«Mi può trovare nell'albergo della piazza.»
«O nell'ufficio dello sceriffo» disse Augusta in tono accusatorio.
«Appunto. Ma per ora non ho intenzione di riferirgli di questa nostra chiacchierata» aggiunse Riker.
«Non ho segreti per lo sceriffo» replicò Augusta, senza fare una piega. «Qualche volta, quando era più giovane, mi è toccato sculacciarlo o soffiargli il naso. Magari glielo dirò io stessa. Oh, scusa. Non ci pensavo. Ti creerebbe dei problemi, se Tom pensasse che non gli dici tutto?»
Riker si alzò e abbozzò un beffardo inchino, concedendo la vittoria ad Augusta. Poi fece un gesto così lontano dalla sua natura che Charles trasalì. Si piegò sull'anziana donna, le prese la mano e gliela baciò.
Charles uscì con lui. «Hai trovato pane per i tuoi denti, mi sembra.»
«Una donna eccezionale.» Riker guardò la porta fra le due scalinate. Mise una mano sulla spalla di Charles e insieme a lui si allontanò un po' dalla casa. Il suo tono era confidenziale. «Ho dato uno sguardo a quella cappella, lo studio del tuo amico. Charles, non ti sembra che quell'uomo abbia una fissazione per Mallory e sua madre? Una fissazione potenzialmente pericolosa?»
«Assurdo. È un tipo molto pacifico.» Un tipo che teneva un macabro elenco di presunti assassini e partecipava allegramente a un piano per torturare gli abitanti di Dayborn, ma, ciononostante, un'anima mite. Si liberò della mano di Riker. «Non riesco a immaginarmi Henry che uccide…»
«Calmati, Charles. Ti ho fatto una semplice domanda. Non mi guardare con tanta ostilità. Sei fuori di te e la colpa è di Mallory.»
«Non sai quel che dici. Non le ho parlato da quando sei arrivato. Credi di conoscerla tanto a fondo e te ne stai qui a calunniare…»
«Ieri mi hai chiesto se sapessi che suonava il piano. L'ho sentita suonare una volta. A una festa a sorpresa per Lou Markowitz. I musicisti se ne erano andati e anche i familiari. Eravamo rimasti solo noi poliziotti, ma la festa non accennava a finire.»
Charles sapeva che l'amico stava solo tentando di ammansirlo, ma Riker era un mago nel raccontare storie e lui ci cascava sempre.
«A un tratto Lou grida: "Ci vuole un po' di musica".»
All'epoca la vita gli sorrideva. Helen, sua moglie, non era ancora stata aggredita dal cancro. Louis era un uomo tutto casa e famiglia con una figlia che faceva la poliziotta. Il padre e il nonno avevano fatto lo stesso mestiere e la tradizione di famiglia sarebbe proseguita.
«Il vecchio era di ottimo umore quella sera. Voleva che la festa e la musica continuassero. In piedi accanto al piano, urlava: "Possibile che nessuno di voi bastardi sappia suonare?". Così Mallory si sedette al piano e cominciò a suonare un semplice pezzo per principianti. Mia nipote si esercitava con lo stesso brano durante le prime lezioni di piano. Era un motivetto dolce, orecchiabile. Sulla sala piena di poliziotti sbronzi scese il silenzio. Non volava una mosca, si sentiva solo la musica.»
Quel che Riker ricordava meglio era l'espressione sul viso di Louis. Aveva allevato Mallory da quando aveva dieci anni, senza mai sospettare che sapesse suonare il piano. Era sempre stata reticente circa il suo passato. Ma quella notte Mallory aveva suonato. Solo quella volta, solo per lui e poi mai più.
«Lou Markowitz mi ha dato un grosso dolore facendosi uccidere. Ora ho paura per sua figlia. Sto sveglio la notte per il timore che possa andar fuori di testa, senza qualcuno al suo fianco che si preoccupi per lei e la tenga ancorata alla realtà. So quel che provi per lei, Charles, e lo sapeva anche Lou. Penso che il vecchio contasse su di te perché le dessi un po' di equilibrio. Ma tu hai perso la bussola. Lei è qui per fare del male a un sacco di gente, e tu la stai aiutando.»
«Questo è sleale, Riker.» Ed era sleale, no?
«Ieri sera ero all'ospedale. Volevo parlare con Travis, ma lui non era in condizioni di ricevere visite. Ti ricordi quella donna che ieri è strisciata fuori dal cimitero? Si chiama Alma Furgueson. La stavano portando dentro quando io sono uscito. Il conducente dell'ambulanza mi ha detto che si era tagliata le vene.»
«Cristo.»
«L'hanno ricoverata appena in tempo. Ce la farà. Ma se fosse morta? Sei arrivato quasi al punto di uccidere per amore di Mallory.» Charles rifletté. Fin dove era pronto a spingersi per Mallory? Oh, la risposta era in basso, giù fino al centro della terra, dove immaginava ci fosse l'inferno. Il paradiso poteva scordarselo, dopo quello che aveva fatto ad Alma.
In quel momento la macchina dello sceriffo sbucò dagli alberi slittando sul terreno bagnato. Si impantanò, le ruote girarono a vuoto, poi fecero presa e la macchina si fermò a qualche metro da Riker e Charles. Era coperta di fango e di graffi causati dai rami bassi.
Lo sceriffo si sporse dal finestrino e urlò: «Riker, se vuoi ancora parlare con Travis, è meglio che ti sbrighi. Vuole rendere una confessione. Il medico dice che non durerà per molto».
«Continuiamo dopo» disse Riker a Charles.
«Ci vediamo in ospedale» ribatté Charles. «Ho deciso di far visita ad Alma Furgueson.»
«Buona idea.» Riker raggiunse la macchina dello sceriffo. La portiera anteriore era spalancata.
Quando l'auto fu scomparsa oltre gli alberi, Charles sentì dietro di sé la porta aprirsi e poi richiudersi. Si voltò, non troppo sorpreso nello scorgere Mallory, ma stupito dal cambiamento che notava nel suo aspetto. Le scarpe da corsa erano state sostituite da stivali e indossava una blusa bianca di un'altra epoca, lunga e fluente. Il collo era coperto da un foulard nero. Una larga cintura scendeva sul fianco destro, appesantita dal grosso revolver.
Fatti pochi metri la macchina dello sceriffo affrontò una pozzanghera particolarmente insidiosa.
Riker si sporse ad accendere la sigaretta che pendeva dalle labbra dello sceriffo. «Non sarebbe stato più semplice lasciare la macchina a casa di Roth e venire da Augusta a piedi?»
«Già, ma ogni tanto mi piace dar fastidio alla vecchia. Crede che casa sua sia inaccessibile al resto del mondo. Così io mi presento in macchina giusto per provocarla. La maggior parte delle volte mi grida dietro, ed è molto più divertente. Sai com'è la vita nei piccoli paesi. Ci divertiamo con poco.»
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