L'uomo del panino tornò ad avvicinarglisi. «Ho bisogno di una risposta diretta a una domanda diretta, Ira. Sai chi gettò pietre a Cass? Hai visto…»
«Papà.» Cominciò a dondolare, sempre di più, consolandosi come solo lui poteva fare. Non guardava mai fuori da sé per cercare conforto. Fuori c'era solo dolore.
«Cosa?»
«Papà gettò la prima pietra alla dottoressa Cass.» Ira sbatté la testa contro la parete.
L'uomo del panino lo fermò. «Tuo padre faceva parte del branco?»
«Sì!» urlò il ragazzo, scivolando con le spalle lungo la parete e lasciandosi cadere per terra. «Papà! Papà tirò le pietre a Cass!»
«Adesso basta!» La porta si aprì. Sulla soglia c'era Darlene, tremante, che si copriva il viso con le mani.
«Mammina, fallo andar via!»
E la sua piccola mamma cacciò quell'omone. Lo spinse fuori dalla stanza e gli sbatté dietro la porta.
Poi si avvicinò ad Ira, cadendo in ginocchio mentre lui raccoglieva le gambe al petto, chiudendosi a riccio. Le mani di lei gli sfiorarono il corpo senza mai toccarlo, limitandosi a fluttuare nell'aria come uccellini terrorizzati che non osassero posarsi sul ramo.
Quando Charles bussò alla porta di Augusta, fu Henry Roth a farlo entrare, facendogli cenno di tacere.
« Augusta ha ospiti. »
Charles entrò in cucina mentre Riker stava porgendo alla donna il proprio documento d'identità con annesso distintivo della polizia.
Strizzando gli occhi, lei si chinò sulla tessera con la foto del detective. «Ho bisogno degli occhiali. Vado a prenderli.» Passandogli accanto, fece un brusco cenno di saluto a Charles, e scomparve frettolosa nell'atrio.
Occhiali?
Fino a quel momento non ne aveva mai avuto bisogno. In effetti, il giorno in cui si erano conosciuti, lui si era meravigliato del fatto che lei potesse leggere senza problemi i caratteri minuscoli del suo biglietto da visita.
Si rivolse a Riker, che si stava guardando intorno con grande interesse.
«Lasciami indovinare» disse Charles. «Ti sei messo a pedinare Henry.»
«Già.» Riker si voltò a guardare lo scultore. Parlava lentamente per farsi capire da quel tipo che credeva sordo e abituato a leggere le labbra. «Ma non è colpa tua, amico. Sei stato in gamba a liberarti da quella pivella della vicesceriffo, ma non immaginavi che sulle tue tracce ci fosse un altro poliziotto, vero?»
Augusta tornò con un paio di occhiali piazzati sulla punta del naso. L'antica montatura dalle spesse lenti doveva essere appartenuta a qualche antenato con gravi problemi di vista. I suoi occhi risultavano molto ingranditi.
Curioso.
«Diamo un'occhiata» disse, studiando il documento di Riker. Poi fissò il suo volto. «Lei è molto fotogenico.» Lo presentò a Henry e a Charles, aggiungendo: «Il signor Butler è tanto gentile da aiutarmi a risolvere alcuni problemi legali riguardanti una proprietà terriera».
Charles e Riker si strinsero la mano come se si incontrassero per la prima volta.
Augusta si avvicinò ai fornelli e prese a rimestare il contenuto di una pentola. «Spero intendiate fermarvi tutti a pranzo.»
«Non vorrei disturbare, signora» si schermì Riker. «Sono qui per raccogliere informazioni sulla detenuta dello sceriffo. Si chiama Mallory.»
«Bene, posso dirle come arrivare all'ufficio dello sceriffo. Attraversi il cimitero, prenda la strada del ponte e…»
«Ho già incontrato lo sceriffo. Mi ha detto che l'altroieri la prigioniera è evasa.»
«Oh, Signore mio!» Augusta si girò lentamente e ritornò al tavolo con passo incerto. Allarmato, Charles si mosse verso di lei. In piedi alle spalle di Riker, Henry Roth gli fece segno di stare indietro.
Augusta si lasciò cadere su una sedia accanto al tavolo, e le mani di Henry volteggiarono in una spiegazione silenziosa: « È la tipica strategia della donna del Sud. È più forte di te e me messi insieme, ma in questo momento vuol dare a intendere di essere fragile » .
Sembrava riuscirci piuttosto bene. Il volto di Riker esprimeva genuina preoccupazione. Lui vedeva solo i capelli grigi, il volto rugoso, gli occhi azzurri e smarriti di una donna che doveva essere mezza cieca per aver bisogno di lenti così spesse.
«Sono spiacente, signora» esclamò Riker. «Non era mia intenzione spaventarla.»
Augusta mosse debolmente una mano, come se le mancasse il respiro. «Acqua!»
Riker si fiondò al lavandino e le riempì un bicchiere. Glielo portò, poi prese una sedia e si sedette dall'altro lato del tavolo.
«Oh, grazie.» Lei afferrò il bicchiere con tutte e due le mani e sorseggiò un po' d'acqua. «Non posso pensarci. Un'assassina in giro per Dayborn.»
«Non so se abbia veramente ucciso qualcuno» puntualizzò Riker. «E comunque credo che lei non corra alcun pericolo.»
«Ciò mi conforta molto. Riuscirà a catturarla presto?»
«Non ho l'autorità di arrestare nessuno, signora. Sono solo un turista, qui in Louisiana.»
Augusta sbatté le ciglia con civetteria «Oh, ma che bello!»
«Io penso che questa tizia, Mallory, potrebbe darmi una mano» disse Riker. «Vede, mi sto occupando di un vecchio omicidio.»
Augusta atteggiò la bocca in una smorfia inorridita.
«Ho sentito che sua madre fu uccisa da una folla inferocita. Lei ha qualche idea su…»
Augusta gemette premendosi la fronte col dorso della mano. «Non ho la forza di rivangare quel terribile episodio.»
«Mi spiace insistere, signora» continuò Riker. «Ma ho davvero bisogno del suo aiuto.»
«Sono lusingata che lei mi ritenga in grado di aiutarla.»
Charles guardò Henry, che scosse il capo. « Non offrirebbe mai aiuto e conforto al nemico, nemmeno se Riker stesse morendo dissanguato. »
Quando Augusta afferrò un foglio di carta e cominciò a farsi vento alzando gli occhi al soffitto, fu chiaro che era andata troppo in là nel recitare la parte. Lo sguardo di Riker ebbe un lampo improvviso, quasi a dire: "Ora capisco!". Aveva compreso di avere di fronte non già una vecchietta sconvolta, ma una temibile avversaria.
Riker osservò attentamente la cucina, passando con lo sguardo da una superficie all'altra. Trasse un respiro profondo, inalando l'odore dei detergenti. Allora anche Charles si guardò attorno con maggior attenzione.
Il giorno precedente la cucina era abbastanza in ordine, ma oggi era immacolata. Il vetro della credenza era invisibile adesso, senza il velo giallo lasciato dal tabacco dei sigari di Augusta. Negli armadietti i cibi in scatola e gli altri barattoli erano perfettamente allineati. Le pentole di rame erano lucide e splendenti. Perfino i vasi delle erbe aromatiche sul davanzale della finestra erano stati lustrati e sistemati in bell'ordine. Un lavoro di pulizia ben al di là della norma, addirittura maniacale.
Riker aveva trovato Mallory.
«Signora, capisco perfettamente il suo turbamento, dopo tutto Dayborn è una cittadina tranquilla» commentò Riker, adesso molto sicuro di sé.
«Vede, a New York saranno almeno un migliaio gli evasi e i latitanti pronti a tagliare la gola a chiunque per qualche spicciolo. Nella metropoli tutto gira più in fretta. È un posto infernale.» Si sporse verso di lei e sorrise. «Per sopravvivere bisogna usare il cervello» concluse con un vago accento di sfida.
Augusta ricambiò il sorriso e piegò appena la testa come per segnalare che le regole del gioco erano cambiate. Coltelli e pistole non erano ammessi, ma poco ci mancava.
«Crede forse che solamente New York sia pericolosa, detective Riker?» Si tolse gli occhiali. «Noi abbiamo cinque varietà di serpenti velenosi, e ragni dal morso mortale. I nostri alligatori sono più lunghi di due newyorchesi messi in fila, e le nostre zanzare potrebbero reggere il peso di una sella.»
Читать дальше