«Per questo non hanno avuto figli?»
«Sa, c'è stata una volta in cui avrei giurato che Annie fosse incinta. Aveva quella certa aria di maternità incombente. Quell'aura speciale che circonda chi vomita ogni mattina. Ma poi, quando l'ho vista di nuovo, era tornata quella di prima: splendida e spaventosamente all'erta.»
«Crede che abbia abortito?»
«Sì, ma non c'è modo di appurarlo. Normalmente non mi faccio molti scrupoli, ma chissà perché non me la sento di chiedere a un cieco se sua moglie ha abortito il loro unico figlio. Be'… potrei provarci se ne valesse davvero la pena. Lei che ne dice?»
«Ha detto a Eric che ero un poliziotto prima di entrare nella società di consulenza?»
«No, cara. Gli ho solo detto che era interessata a raccattare qualche ghiotta informazione sul giudice. Ma tutti i notiziari hanno parlato di lei e mostrato la foto della poliziotta morta.»
«Lunedì scorso è morto un pompiere. Se ne ricorda?»
«Sì, è morto per salvare un vecchio.»
«Qual era il nome del pompiere?»
«Non mi… Ah, ho capito. Notizie vecchie – chi ricorda i particolari, i nomi, le facce? Ma lei, mia cara, ha una faccia che non si dimentica.»
«Ed Eric Franz è cieco.»
Quando rientrò a casa, appese i vestiti nell'armadio come le aveva insegnato Helen. Il gatto aveva già avvertito la sua presenza e le stava dando il benvenuto con morbidi colpi di zampa sulla porta del bagno. Premette il pulsante per l'ascolto dei messaggi sulla segreteria, poi andò in cucina per aprire una scatola di tonno da dare al suo testimone più importante. Dalla segreteria uscì la voce di Riker. «Mallory, qualcuno dei sospettati possiede un cane?»
Charles abbassò le luci del soggiorno e si sistemò sul divano. Il regalo natalizio di Mallory giaceva precocemente scartato di fronte a lui.
Era l'ennesimo tentativo di Mallory di attirarlo nel ventunesimo secolo. Charles aveva una notevole raccolta di dischi e un gran bel giradischi che agli occhi di Mallory era un dinosauro. Per lei non contava la musica, ma solo la tecnologia.
Si aspettava davvero che lui se ne andasse in giro per le strade con le cuffiette attaccate a un lettore CD portatile?
Quanta ostinazione mostravano nello scambiarsi regali inutili. Lui le regalava gioielli dalla montatura antica che lei non si sarebbe mai sognata di indossare. Lei gli regalava gioielli tecnologici sui quali, tra una visita e l'altra della signora Ortega, si accumulava la polvere.
Premette il tasto per aprire il coperchio del lettore, nell'assurda speranza di trovare un messaggio sentimentale vergato sul lato interno. C'era un disco nell'apparecchio, pronto a suonare se avesse premuto un tasto. Non fu troppo sorpreso di scoprire che si trattava del Concerto di Louise.
Dalla scatoletta nera che teneva fra le mani spuntò un paio di cuffie. Ma non gli servivano. Il concerto era chiuso nella sua memoria e stava già suonando…
La visione di Amanda, quel pomeriggio, lo aveva lasciato stordito come un animale bastonato prima dell'ingresso al mattatoio.
Non voleva rischiare di evocarla nuovamente. Gli faceva paura. Sentiva che quel genere di giochetti minacciava la sua salute mentale.
Al mio posto Mallory non si tirerebbe indietro.
E di cosa aveva paura, esattamente? Era solo un'illusione, no? Una semplice olografia del ricordo. La magica follia di Malakhai era la sua forma di talento. Com'era suo mestiere, Charles aveva trovato un'applicazione pratica per quel talento. Se fosse riuscito a ricreare un'immagine completa e fedele di Amanda, lei avrebbe potuto dirgli qualcosa di utile alle indagini di Mallory. Se Mallory poteva affrontare le pallottole, lui poteva affrontare Amanda. Non era una cosa così pericolosa: una semplice conversazione all'interno della mente.
La memoria lo riportò ai momenti immediatamente precedenti l'inizio dello spettacolo di Malakhai. Ritornò bambino. La bacchetta del direttore d'orchestra si stava sollevando, mentre la sala piombava in un silenzio di tomba. Il concerto era iniziato. La musica interiore fuggì dai confini del suo cervello e si levò attorno a lui in un muro di suono oltre il quale si snodavano immaginali corridoi colmi del profumo delle rose. L'arresto momentaneo della musica preannunciò il grande buco nero che si parava davanti a lui. In quel silenzio incantato, nel quale ascoltatori diversi proiettavano cose diverse, udì una donna gemere, lamentare una morte, mentre gli veniva incontro nella luce.
Portava gli abiti di quando era morta, il blazer, i jeans e le scarpe da jogging. La memoria di Charles aveva ricreato fedelmente una macchia di sangue sulla stoffa e quella più spaventosa sui capelli dorati, che la ferita aveva ingarbugliato in ciocche di cordicelle vermiglie.
Come cominciava Malakhai? Ah, sì. Era così facile.
«Buona sera, Amanda.»
Lei gli sorrise timidamente mentre si sedeva sulla poltrona di fronte. Provò sollievo nel constatare che la sua creatura non era fatta di una sostanza tale da lasciare un'impronta sull'imbottitura. Amanda appoggiò le mani sui braccioli della poltrona. Charles guardò il muro, ancor più sollevato nel vedere che Amanda non proiettava un'ombra che si sovrapponesse alla sua.
«Buona sera, Charles.»
La sua voce avrebbe potuto essere quella di Mallory, ma nella gola di Amanda i suoni risultavano addolciti. Anche i suoi occhi erano dolci.
«Amanda, quando ti ho vista stamattina, vicino al bambino…»
«Stava soffrendo» disse lei, guardandosi le mani bianche e morbide in grembo. «Non riuscivo a sopportarlo.»
«Volevi solo consolarlo.»
«Sì. Un bambino così turbato. Adoro i bambini.»
«Lo so. Per me è difficile capire perché tu abbia deciso di rinunciare al bambino che aspettavi.»
Amanda guardò il pavimento cercando le parole e, non trovandole, tornò ad alzare su di lui gli occhi pieni di lacrime. Alzò le mani in un gesto di impotenza.
«Desideravi tanto quel bambino, vero?»
«Oh, sì. Era tutto per me, il senso della vita, tutto.»
«Allora perché? Perché l'hai fatto? Hai chiesto al dottore di strappartelo via. Cosa aveva fatto di tanto orribile quell'uomo per costringerti ad abortire?»
Amanda si alzò e si allontanò da lui, tornando nell'ombra. Procedeva stancamente, con fatica. Strapparsi dal grembo quel bambino tanto desiderato aveva costituito una prova durissima. Troppo dura per lei.
24 dicembre
Seduta al computer, Angel Kipling scorreva la sezione dei messaggi, a caccia di un indizio che rivelasse nuove bugie, chiedendosi quanto le sarebbe costato questa volta. Forse, oltre al denaro necessario per tenere il suo nome fuori dai giornali, le sarebbe costato un marito.
Quando Harry le baciava la guancia si ritraeva disgustata, chiedendosi dove fosse stato, chiedendosi cosa avesse fatto… doveva chiederselo, non riusciva a farne a meno. Le bugie che le raccontava erano snervanti, e la logica con cui Angel le portava allo scoperto implacabile.
Il sole del primo mattino, riflettendosi sul monitor, oscurava solo alcune righe che si ripetevano incessanti.
«Non farti prendere dal panico, Angel» sussurrò a se stessa. «Ti fai sempre prendere dal panico.»
Probabilmente si trattava di un tentativo di estorsione.
Altrimenti il caso sarebbe già esploso su tutti i media.
Osservò la sua immagine riflessa nello schermo.
A volte desiderava che Harry morisse. Niente più scuse, pretesti, bugie. Finché fosse stato vivo, lei non avrebbe avuto pace. Si era scusato assai amabilmente per aver ipotecato illegalmente l'appartamento. Ma suo marito era il tipo che si scusava per essersi schiarito la voce. Si scusava con il cane. Poi, con lo stesso tono di voce, si scusava anche con lei.
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