Carol O'Connell - Amanda È Morta Nel Parco

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Il cadavere di una donna dalle mani spappolate viene ritrovato al Central Park di Manhattan. In assenza di impronte e di documenti il detective Palanski identifica la vittima in base al nome sull'etichetta della giacca: è Cathy Mallory, geniale e irriducibile cane sciolto della sezione Crimini Speciali della Polizia di New York, recentemente sospesa dal servizio per motivi disciplinari. Quando il notiziario di mezzogiorno la informa della propria morte, Mallory si getta nelle indagini con foga. E scopre che la vittima è in realtà Amanda Bosh, venticinquenne da tempo coinvolta nella relazione con un facoltoso uomo sposato. Per stanare l'assassino Mallory è pronta a tutto, persino a trasformarsi in un vera e propria esca umana.

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«Sì.»

«Li lanciava molto vicini al suo corpo. Si vedono i buchi dei coltelli tra le dita. Lei saprebbe farlo?»

«Una volta, quando avevo la tua età, mi misi al centro del bersaglio. Fu un regalo di compleanno di Max.»

«Sta scherzando. Non aveva paura?»

«No. Poi Max mi passò i coltelli e lui si mise al centro del bersaglio.»

«Allora lo sa fare? Davvero?»

«Davvero.»

Il ragazzo si spostò al centro del bersaglio e si appiattì contro di esso. «Lo faccia. Mi fido. Avanti.»

«Aspetta, ti spiego come funziona: le lame spuntano dal bersaglio stesso, non lo colpiscono dall'esterno. Si finge di lanciarlo, ma in realtà il coltello cade in questa tasca.»

Girò un tavolino perché Justin potesse vedere la borsa di velluto nera che pendeva dal piano del tavolo. Indicò la leva nera accanto a una gamba del tavolo e il tracciato dei fili che andava dal tavolino verso il bersaglio.

«La levetta per i coltelli è nel pedale. Vedi? Una molla caricata in precedenza fa scattare le lame. Ma il pubblico vede ciò che è stato condizionato a vedere. Viene lanciato un coltello, e un coltello appare sul bersaglio. Mi ci vorrebbero pochi minuti per preparare le molle. Non c'è il minimo rischio, una volta che si sa come funziona il trucco.»

Justin si allontanò dal bersaglio, verso il quale aveva perso ogni interesse. Guardò la ghigliottina. «E anche quella è solo un trucco, giusto?»

«Sì, spiacente. L'aspetto è orribile, ma è innocua.»

Charles ricordò che da bambino erano i trucchi a incantarlo, non il pericolo. Justin era l'opposto. Sembrava che a deluderlo fosse la mancanza di pericolo. Forse l'illusionismo non gli interessava. Dunque quale membro della famiglia vi si cimentava? La matrigna? Il padre?

«Justin, so che ti hanno detto qual è il tuo quoziente intellettivo. Hai mai pensato al futuro, a cosa potresti fare del tuo potenziale, a come potresti svilupparlo?»

«Cosa c'è da sviluppare? Un cervello è un cervello. E se lei mi crede quando le dico che non faccio volare gli oggetti per casa, allora non ho alcuno speciale talento.»

«Be', potresti avere talento per l'osservazione e per il ragionamento deduttivo. Ecco qualcosa che possiamo controllare. E potrebbe persino essere divertente. Immagina che io ti aiuti a capire come volano gli oggetti. A quel punto saprai cosa cercare. Lavorerai con me per un po', e ci aiuteremo a vicenda. Affare fatto?»

«Affare fatto» disse il ragazzo, infilando la piccola mano in quella di Charles.

«Bene.» Stava sollevando una palla nera costellata di buchi da una scatola ai suoi piedi. «Questa era una delle illusioni volanti nel numero di Max. Ci vuole solo qualche minuto per prepararla.» Dov'era il contenitore del liquido?

Trovò la bottiglia che cercava in una scatola vicina coperta di polvere. Mentre Charles considerava la data di scadenza dei prodotti chimici, Justin esaminava un'altra scatola. Inavvertitamente fece scattare una molla, e dalla scatola uscì una pioggia di fazzoletti colorati, che si levarono e si gonfiarono in aria per poi ricadere sul pavimento in un ammasso di seta.

Justin tentò di ricacciare le sciarpe nella scatola più in fretta che poteva. Guardò Charles al di sopra della spalla. Sul volto erano dipinti senso di colpa e anche paura. «Mi scusi.»

«Non c'è problema, Justin. Lasciale dove sono. Non hai fatto danni, davvero.»

«Non è arrabbiato con me?»

«Ma no, naturalmente no.»

«In compenso la sua socia mi detesta.»

«Ne dubito.» Servendosi della pila, esaminò un'altra zona del seminterrato, cercando un tracciato. Ah, eccolo, e i fili erano ancora funzionanti. «Perché Mallory dovrebbe odiarti?»

«Mio padre dice che la gente odia gli altri per quello che odia di se stessa.»

«Immagino che a volte sia vero. Ma cosa potrebbe essere nel caso di Mallory?» Fiammiferi? Sì. Estrasse una vecchia scatola dalla cassettiera del baule aperto.

«Non lo so. Non so molto di lei.»

«È un tipo solitario, come te» disse Charles, scomparendo nel buio oltre il pallido tondo di luce della sfera, e poi ricomparendo a mani vuote. «Non è a suo agio con gli altri.»

Altre qualità in comune? Effettivamente c'era qualcosa tra lei e il ragazzo, una reciproca comprensione che lui non poteva afferrare.

«Bene, Justin. Sei pronto?»

Il ragazzo assentì.

Ci fu un lampo di luce, e una palla di fuoco luminescente fu scagliata nella loro direzione. Si arrestò a circa un metro dai suoi bersagli, l'uomo e il ragazzo, poi si alzò sopra le loro teste e si estinse nell'oscurità dietro di loro.

Justin fischiò e batté le mani.

« Questo è un oggetto volante» disse Charles. «Molto più divertente delle matite, non ti pare? Corre su un binario di filo elettrico. È l'unica illusione volante che conosco, ma ci sono casse piene di libri di magia, se vuoi dargli un'occhiata.»

«Non so. Forse meno ne so meglio è. Perché tutti pensano che sia io a far volare le matite?»

«Quando le forze dell'ordine vengono chiamate a intervenire in assurde faccende di fantasmi o qualche altro caso di attività paranormale, generalmente si scopre che la spiegazione ha le sembianze di tre ragazzini che se la fanno sotto dal ridere.»

«Ma nel mio caso non c'è nulla da ridere. Sally è andata fuori di testa. Non posso sedermi nella stessa stanza con lei senza che si agiti tutta. E mi fissa di continuo. Non smette mai. Ogni volta che è volato un oggetto eravamo presenti tutti e tre, ma la colpa è sempre toccata a me.» Justin diede un calcio a una scatola. «Ho bisogno di qualcuno che stia dalla mia parte. Qualcuno deve ascoltarmi.»

Erano uno di fronte all'altro quando udirono un sibilo alla loro sinistra. Charles si voltò e vide il coltello conficcato nel bersaglio, la lama che ancora vibrava. Questa volta Justin spalancò gli occhi. «Adesso non mi crederà mai» disse. Si girò e cominciò a correre. In un attimo fu fuori dal cerchio luminoso e nel buio, lanciato in una spasmodica ricerca di una via di fuga, di una luce che indicasse l'uscita. Le sue braccia sottili si agitavano nel tentativo di evitare scatole e bauli.

La memoria guidò Charles nell'oscurità, consentendogli di guadagnare in fretta la porta. La aprì e davanti a lui si materializzò un rettangolo di vivida luce. In un attimo il ragazzo lo attraversò e si lanciò su per le scale, ma, raggiunto il pianerottolo più alto, inciampò e cadde. Charles lo fece alzare e lo prese per le spalle.

«Stai bene?» No, era chiaro che il ragazzo non stava affatto bene. I suoi occhi si stavano riempiendo di lacrime. Justin si abbandonò contro il suo petto, e insieme attessero che la crisi passasse.

Il capitano Judd Thomas del distretto della West Side sedeva esattamente al centro nella gerarchia delle sedie sistemate nell'ufficio di Jack Coffey. Sfoggiava un sorriso diplomatico, inteso a comunicare il suo desiderio di un incontro amichevole. Niente spargimenti di sangue per quel giorno.

«Palanski vuole essere coinvolto nelle indagini su questo caso.»

«Non credo che sia opportuno, Judd» disse Jack Coffey, che stava lavorando troppo, non aveva personale a sufficienza, e voleva solo che l'incontro finisse al più presto. Gli si leggeva tutto in faccia. Le ombre del sonno insufficiente, i segni di uno stress eccessivo.

«Palanski ci sa fare con il genere di gente ricca e potente che abita al Coventry.»

«Altro che!» disse Mallory.

Gli occhietti del capitano Thomas divennero ancora più piccoli mentre si girava verso di lei. «E questo che cosa vorrebbe significare?»

Mallory si alzò e uscì dalla stanza tanto in fretta che Coffey non ebbe il tempo di lanciarle lo sguardo di minaccia che certamente non avrebbe sortito alcun effetto.

Riker sorrise.

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