Carol O'Connell - Amanda È Morta Nel Parco

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Il cadavere di una donna dalle mani spappolate viene ritrovato al Central Park di Manhattan. In assenza di impronte e di documenti il detective Palanski identifica la vittima in base al nome sull'etichetta della giacca: è Cathy Mallory, geniale e irriducibile cane sciolto della sezione Crimini Speciali della Polizia di New York, recentemente sospesa dal servizio per motivi disciplinari. Quando il notiziario di mezzogiorno la informa della propria morte, Mallory si getta nelle indagini con foga. E scopre che la vittima è in realtà Amanda Bosh, venticinquenne da tempo coinvolta nella relazione con un facoltoso uomo sposato. Per stanare l'assassino Mallory è pronta a tutto, persino a trasformarsi in un vera e propria esca umana.

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«Il giudice è sempre sui giornali. Roba piuttosto noiosa… resoconti delle udienze, fotografìe del candidato e della sua famiglia. Ti ho detto che penso abbia ucciso la vecchia madre?»

«Me l'ha accennato Slope, al poker. Ma lui non ne è convinto. Non ci sono prove. Pure supposizioni.»

«A volte le supposizioni sono l'unica cosa a cui puoi aggrapparti, Charles. D'altronde sei stato tu a sottolineare la possibilità che abbia già ucciso. L'assassino di sua madre. Secondo te l'eventualità che una tendenza matricida sia ereditaria può dissuadere una donna dall'avere un bambino?»

«Forse. Dalla tua descrizione, Harry Kipling sembrerebbe piuttosto innocuo.»

«Esattamente il tipo che si fa prendere dal panico. Il testosterone in quel matrimonio ce l'ha tutto Angel.»

Rimasero seduti in silenzio per un'ora, mentre Mallory faceva scorrere i nastri e di tanto in tanto fermava l'immagine per controllare i dettagli più da vicino. Nell'arco delle apparizioni televisive delle ultime due settimane, Charles notò in Heart una tensione crescente.

«Adesso guarda il giudice che mente a questa giornalista.»

Una giovane donna si avvicinava al giudice con un sorriso radioso, che il giudice ricambiava con il suo, paterno.

«Chiuderò il caso il ventisei» disse Mallory. «E che rimanga tra noi, non tra noi Coffey e Riker.»

«Come fai a prevedere il giorno? Se non sai neanche qual è dei tre.»

«Non solo il giorno. Sono in grado di prevedere grosso modo anche il momento.»

«Come?»

«L'ho sempre tenuto sotto controllo, Charles. Azionerò la telecamera e poi cercherò di fargli saltare i nervi. Per Franz e Kipling farò leva sulle solite cose. Al giudice, invece, annuncerò la mia intenzione di far riesumare la salma della madre.»

«Slope non appoggerà…»

«Non ho bisogno del permesso di Slope per far riesumare una salma.»

In effetti sembrava che Mallory non avesse bisogno di nessuno. «Sospetti di qualcuno in particolare, giusto?»

Mallory lo ignorò.

«Chiuderò il caso il giorno dopo Natale.»

«È il mio caso che vuole chiudere?» chiese una vocina alle loro spalle.

Justin Riccalo era sulla porta. Guardava ora uno ora l'altra. «Parlava di me?»

«Sei preoccupato?» chiese Mallory. Non aspettò la risposta, e gli voltò la schiena. «Charles, se anche i bambini possono entrare nell'edificio, direi che abbiamo un problema di sicurezza.»

Charles guardò il ragazzo. «Come hai fatto a entrare, Justin? Perché non hai usato il citofono?»

«Sono entrato con un vecchio che camminava sulle stampelle. Ha fatto cadere un pacco, così gliel'ho raccolto. Mi sembrava stupido uscire di nuovo e usare il citofono. Fuori si gela.»

«Mugridge ti ha fatto entrare?» Mallory sembrava scettica, e a ragione. Il vecchio Mugridge era il più preoccupato di tutti per la sicurezza nell'edificio.

«Sissignora. Io ho bussato alla porta dell'ufficio. Probabilmente non mi avete sentito.»

«C'è un campanello sulla porta» disse Mallory.

Con l'intento di evitargli ulteriori domande da parte di Mallory, Charles scortò il ragazzo nel suo ufficio e chiuse la porta.

«Mallory mi odia, vero, signor Butler?»

«Sospetta di tutti, anche di me. Non prenderla come una cosa personale. Cosa posso fare per te, Justin?»

«Mi stavo chiedendo se possiamo tornare nello scantinato.»

«Non credevo che avresti voluto. Non dopo…»

«Invece sì. Dopotutto la magia mi piace.»

«Ai tuoi genitori non importa se perdi un giorno di scuola?»

«Non c'è scuola oggi. Ci sono le vacanze di Natale.»

Naturalmente. Era la vigilia di Natale. Dove aveva la testa?

«Gli darò un colpo di telefono giusto perché sappiano dove sei.»

«Preferirei che non lo facesse. Dovrei essere alla Tanner School in questo momento.»

«Ma hai appena detto…»

« Io sono in vacanza. Ma dovrebbero tenermi a scuola. Servizio festivo per i genitori che lavorano. Oggi pomeriggio i miei saranno occupati in un giro di cocktail. Tutte le aziende in città hanno organizzato una festa natalizia. Così preferiscono che io me ne stia a scuola.»

Il ragazzo sedeva eretto sul bordo della sedia, agitando i piedi che sfioravano il tappeto. Le mani erano aggrappate ai braccioli laterali, come per assicurarsi che la sedia stesse ferma.

«Capisco.» Anche se Robert Riccalo non avrebbe apprezzato. «In effetti mi fa piacere avere un'altra possibilità di parlare con te da solo. Ho l'impressione che i tuoi ti rendano un po' nervoso.»

«Mi fanno impazzire, tutti e due. Anche la sua socia mi rende nervoso. Crede che sia io a fare i trucchi. Lei non crede a questa fesseria della levitazione, vero?»

«Già. L'umanità ha problemi a sufficienza anche senza tirare in ballo l'occulto. Però credo che uno di voi sia piuttosto bravo come illusionista.» O forse no. Se anche fosse stato un lavoro da dilettanti, nessuno si mette a cercare il filo invisibile attaccato a un oggetto appuntito che vola nella sua direzione.

«Io scommetto che è la mia matrigna.»

«Lei sembrerebbe piuttosto il bersaglio.»

«Credo che stia usando questo sistema per mettermi contro mio padre. Non mi vuole più bene. Evita di guardarmi. Lo stesso è successo con la sua socia. Un giorno ho visto Sally parlarle per la strada. È a causa sua se Mallory non mi può vedere.»

«Dove si sono incontrate?»

«Di fronte a casa di Mallory, il Coventry Arms.»

«La tua matrigna l'ha seguita fin là?»

«Sì. Mi ha detto di aspettare in macchina in fondo all'isolato, ma io l'ho seguita. So quello che sta cercando di farmi, e nessuno mi crede.»

«Justin, io sono davvero dalla tua parte.» Il ragazzo non sembrava convinto. «Ho in mente qualcosa che ti tirerà su.» Prese le chiavi dal cassetto della scrivania. «Andiamo nel seminterrato. Ma questa volta niente musica, solo magia.»

Mentre si avviavano lungo il corridoio, videro Mallory che si infilava nell'ascensore senza un saluto né un "Ci vediamo stasera". Di solito non era incline a sprechi di parole. Ma non mancava mai a un appuntamento. Il sole avrebbe potuto non sorgere, ma Mallory sarebbe rientrata alle otto per cena.

Charles e il ragazzo percorsero il corridoio ciascuno immerso nei propri pensieri. Charles guardava Justin, che appariva chiaramente infelice. Ma non spaventato. Questa volta il ragazzo fece strada per la scala a chiocciola fino alla stanza di sotto, attratto da quel che restava dello Spettacolo di Magia Itinerante di Maximillian Candle. Justin entrò per primo, senza aspettare la luce della sfera per cominciare le sue esplorazioni. La luce fioca catturò il ragazzo che vagava per la stanza e proiettò un'ombra sfuocata che si muoveva sui bauli colmi di oggetti di scena e costumi.

«Fantastico!» disse Justin dall'altra parte del paravento cinese. E Charles seppe che il ragazzo aveva scoperto la ghigliottina. Tuttavia quando girò attorno ai pannelli di carta di riso, si rese conto che ad attirare l'attenzione di Justin erano stati i coltelli. Charles toccò un'altra sfera e si accese un'altra luce, mentre il ragazzo fissava incantato la rastrelliera con i coltelli.

Guardò Charles e poi il vecchio bersaglio rosso e bianco pieno di buchi, appoggiato su un vecchio cavalietto. Una mano si mosse verso la rastrelliera con i coltelli, poi esitò prima di afferrarne uno. Gli occhi di Justin cercarono quelli di Charles per chiedergli il permesso.

Assentì. «Starai attento, vero?»

Justin afferrò il primo coltello e mancò il bersaglio, nonostante fosse grande e vicino.

«Non preoccuparti. Ci vuole un po' di pratica. Max aveva molti anni di esperienza.»

«Si vede» disse il ragazzo, avvicinandosi al bersaglio, costellato di sfregi. Il suo dito tracciò il contorno di un corpo umano che racchiudeva la zona priva di buchi. «È qui che si metteva la sua assistente, vero?»

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