«Un novellino nel campo delle avventure extraconiugali è capace di mentire efficacemente oppure no?»
«Normalmente pensa, erroneamente, di essere bravo a mentire.»
Nel taccuino, Riker aveva scritto solo: "Porta fuori il cane".
«Riker, pensi che Mallory abbia ragione? L'assassino si è fatto prendere dal panico ed è scappato?»
«Penso che Mallory lo sottovaluti. E convinta che si tratti di uno stronzetto che scapperebbe allo squittio di un topo.»
Puttane. Tutte le donne sono puttane.
Lei si illudeva forse che lui non l'avrebbe riconosciuta come sua nemica? Com'era ingenua, e stupida.
Era nella doccia, e si faceva scorrere addosso l'odio per lei insieme con l'acqua. Lei era il nemico. Uscì dalla doccia e l'acqua formò una pozza ai suoi piedi mentre puliva una parte dello specchio per guardarsi. Fissò lo specchio finché i suoi occhi non gli parvero fluttuare, indipendenti dal resto.
Che intelligenza c'era là dentro, che prontezza di pensiero, pensieri che viravano al rosso. Ma quell'insetto che strisciava sulle piastrelle sullo sfondo della sua immagine riflessa, quello inquinava la sua serenità. Meglio affrontare subito la cosa. Lo schiacciò. E vide il suo nemico che urlava e moriva. Colpendo il cuscino la sfregiò in viso, poi si chiese perché non riuscisse a dormire. Quando il sonno arrivò, i suoi sogni furono tutti di morte, una morte piena di rabbia. Adesso il cancro dell'odio era tutto, nella veglia e nel sonno. Completo e invincibile.
I semplici umani non si erano mai dimostrati degni avversarii per il cancro. Non esisteva cura.
Con la lunga unghia laccata di rosso, Mallory tamburellava sul mucchio di carte che era passato dalle mani di Edward Slope a quelle di Charles e infine nelle sue. Studiò il viso preoccupato del giovane investigatore dell'ufficio del medico legale, che evitava accuratamente di incontrare il suo sguardo. Le mani giocherellavano inquiete con la tazza di caffè ormai freddo. Mallory congedò la cameriera con un cenno.
«Slope non crede che tu abbia qualcosa da nascondere, ma io sì. So quanti soldi hai in banca. Conosco ogni transazione del tuo portafoglio di azioni, e so quanto guadagni.»
«Il tuo vecchio non faceva mai la spia.»
«No. Ma li faceva trasferire dritti all'inferno. Molti di loro mollavano il colpo. Licenziarsi sembrava loro l'unica via d'uscita. Con te posso fare anche di meglio: esistono situazioni peggiori del prepensionamento a stipendio ridotto.»
Calmati, Kathy, la esortò il ricordo di Markowitz. Se gli metti troppa paura al primo giro di giostra potrebbe decidere di affidarsi a un avvocato.
Cambiò posizione sulla sedia. «Volevo solo darti qualcosa a cui pensare durante le vacanze, lasciarti un po' di tempo per rimettere a posto gli appunti che hai preso in occasione della tua piccola spedizione al Coventry Arms. Buon Natale. Ci rivediamo presto.»
Così si fa, bambina, disse il ricordo di Markowitz, che si rifiutava di essere relegato in quella parte della mente riservata ai morti.
Pansy Heart era sdraiata a letto, e lo guardò alzarsi e dirigersi nel bagno. Per un istante immaginò che suo marito si spostasse strisciando su otto zampe, come un ragno ripugnante.
Rimase in silenzio, ascoltando i rumori provenienti dal bagno e poi il fruscio delle lenzuola e lo scatto dell'abatjour. Sospirò nel buio, chiedendosi se l'avesse udita. Adesso riusciva di nuovo a respirare; a respirare, ma non a dormire. Solo quando il respiro di suo marito si fece regolare e Pansy seppe che non si sarebbe svegliato sino alla mattina, la donna poté finalmente prendere sonno, spossata dalla paura.
Angel Kipling alzò la testa mentre Harry entrava in cucina, l'espressione intontita dal sonno. Esitò sulla porta come a valutare se stesse entrando in una zona di pace o di guerra. Angel partì all'attacco.
«Dimmi, Harry, cos'hai combinato questa volta?»
«Niente» disse Harry Kipling, aprendo il frigorifero e tirando fuori il pollo avanzato dalla cena.
Lei fissò la sua faccia sorridente, e provò il desiderio di colpirlo con un pugno.
Pansy fu svegliata da un colpo alla testa. Non forte, come di striscio. Nella penombra della camera da letto vide il pugno librarsi in aria, e la sua mano si mosse per intercettarlo. Accese la lampada. Il viso di Emery era imperlato di sudore, i suoi capelli un'aureola sparsa sul cuscino attorno a un volto in preda a un'angoscia cieca.
«Emery, svegliati!»
Gli occhi castani si aprirono di scatto. Pansy si ritrasse come davanti a una parola sgarbata. L'aveva addestrata lui a comportarsi così, proprio come aveva fatto con il cane. E cosa aveva fatto al cane? Perché non voleva dirle la verità? Cosa gli aveva fatto?
«Hai avuto un incubo, Emery?»
Stavi sognando di Rosie o di tua madre?
«Sì, un incubo. Guardavo in un buco ed era pieno di vermi, e io ci finivo dentro. Va tutto in malora. Chi mi sta facendo questo?»
Se Pansy avesse creduto nei fantasmi, avrebbe avuto una risposta a quella domanda. Aveva visto la faccia della madre di Emery nello specchio della stanza, ed era la propria faccia.
Il buttafuori e il barista tenevano la stracciona dai capelli rossi ciascuno per un braccio flaccido, e anche così dovevano lottare per trascinarla fuori. Quando furono sul marciapiede e fuori dalla portata dell'udito di Betty Hyde, i due omoni e la donna si scambiarono insulti gridando finché lei non si fu allontanata.
La Hyde si guardò intorno, prendendo mentalmente appunti sui topi che scorrazzavano sul pavimento. Il Comitato per la salute dei cittadini non avrebbe assegnato un buon voto al locale.
Sul volto di ogni ubriacone nel bar vedeva riflesso il ricordo di qualche sfortunato membro della sua famiglia d'origine. Il suo bicchiere recava tracce di rossetto della cliente che lo aveva usato prima di lei. La cameriera era scoppiata a ridere quando lei se ne era lamentata, ma poi un biglietto da un dollaro l'aveva convinta a tornare al suo tavolo con un bicchiere pulito, e la Hyde ne aveva bevuto il contenuto d'un fiato. Si poteva sopportare qualunque cosa, con la giusta quantità di whisky in corpo.
Rivolgendosi alla donna che sedeva dall'altro lato del tavolo, si sporse in avanti.
«Mallory, come fa a trovare questi posti?»
La logica della scelta le era chiara. Nessun inquilino del Coventry Arms sarebbe potuto spuntare in un luogo come quello senza una guardia del corpo. Il rigonfiamento sotto il cappotto di Mallory poteva essere solo una pistola. La cosa la confortò.
«Mi parli ancora di Eric Franz» disse Mallory.
«Qualcosa in particolare?» Cosa poteva avere Eric in comune con un giudice e un gigolò?
«È sicura che sia cieco?»
«Assolutamente sicura» disse Betty Hyde.
«Perché?»
«Se non fosse cieco, la moglie lo avrebbe saputo. Come si può tenere nascosta una cosa del genere alla propria moglie?»
«Forse lui ci vede e lei lo sapeva.»
«No, Mallory.»
«Come fa a esserne così sicura?»
«Le ho detto che sua moglie aveva un interessante senso dell'umorismo… per essere la serpe che era. Flirtava con gli uomini davanti a lui. Senza parlare, si limitava a strusciarsi contro di loro. Annie faceva con gli altri uomini cose che Eric non poteva né sentire né vedere. Erano uno spettacolo, loro due in pubblico. E c'erano altri scherzi a sue spese: smorfie, gesti osceni. Un umorismo tra i più neri. Di fronte a quelle esibizioni si restava senza parole, come ipnotizzati.»
«Perché lo odiava così?»
«Perché lui la amava tanto, troppo. Se solo fosse stato sgarbato con lei una volta ogni tanto, la cosa avrebbe fatto un gran bene al loro matrimonio. Era fatta così.»
«E lui? Il genere zerbino?»
«Un ragazzo adorabile. Ma ha ragione. Lei lo disprezzava.»
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