Il gatto alzò lo sguardo su di lui: si poteva vedere molto di Mallory nel colore e nell'aspetto di quegli occhi.
Charles si chinò con l'intenzione di portargli via il topo per ucciderlo rapidamente. Il gatto emise un basso ringhio di avvertimento, la coda si agitava minacciosamente mentre la mano di Charles esitava.
"Indietro", dicevano gli occhi del gatto. "È il mio giocattolo, non il tuo."
Angel Kipling si strinse addosso la seta trapuntata della vestaglia, come se la stanza fosse fredda. Non era così.
Seduta davanti al computer, fissava attonita le parole nella finestra MESSAGGI PERSONALI. Vedeva suo marito riflesso nello schermo. Una minuscola copia di Harry fluttuava verso di lei. Avvertì il calore del corpo di lui, in piedi dietro la sua sedia.
«Angel, cosa c'è?»
«Oh, niente, Harry.» Continuava a fissare lo schermo. «È un messaggio personale. Credo che sia per te.»
Si alzò e si avviò a passi lenti in direzione della camera da letto in cui da tempo dormiva sola. Si girò e lo vide curvarsi verso il monitor del computer e leggere il messaggio che scorreva sullo schermo: BUGIARDO, BUGIARDO, BUGIARDO, BUGIARDO…
Voleva allontanarsi dal luogo in cui il gatto stava mangiando il topo. Uscì sul pianerottolo e aprì la porta dell'ufficio. Al tocco di un pulsante, la stanza si riempì della morbida luce proveniente dagli antichi paralumi di vetro colorato.
Nella stanza accanto, l'ufficio di Mallory era un altro pianeta. Lo scatto dell'interruttore lo inondò di una luce cruda, acida, proiettando Charles dritto nell'era dell'elettronica. Le macchine brillavano e lo fissavano con occhi grigi privi di vita.
Il collage di immagini sul pannello di sughero sul muro opposto alla porta lo fece trasalire. Come aveva fatto Mallory a raccogliere tanto materiale in così poco tempo? Non dormiva mai?
C'erano fotografie di Amanda, del suo appartamento, campioni della sua grafia, un'immagine di una vecchia culla di legno in attesa di un bambino mai nato.
Guardò le foto dell'autopsia, quelle del luogo del delitto, mentre in lui cresceva la sensazione di conoscere profondamente quella donna.
Mentalmente sovrappose la rosea carne viva della foto di Riker a quella bianca e morta. Amanda aprì gli occhi e gli sorrise. Charles scoprì che poteva modificare quel sorriso in un'espressione più appropriata alle circostanze. Ora lo sguardo di Amanda era amichevole e interrogativo. "E adesso?" chiedeva. Trattenne questa nuova immagine di lei troppo a lungo, tanto che gli sarebbe rimasta nella memoria per anni.
Scorse l'inventario degli oggetti trovati nel suo appartamento. Notò la presenza di una bottiglia di profumo alla rosa che compariva anche in una foto della mensola del bagno. Il nome e la marca erano quelli di un flacone che ricordava di aver visto in cantina, tra i costumi adorni di lustrini, le scatole del trucco e gli attrezzi da illusionista un tempo appartenuti a Maximillian Candle.
Quando entrò nella stanza, suo marito stava fissando lo schermo del computer.
Pansy Heart si avvicinò silenziosamente. I rumori di qualsiasi tipo lo irritavano. Al di sopra della sua spalla lesse le parole BUGIARDO, BUGIARDO, BUGIARDO, BUGIARDO. Riempivano l'intero schermo.
Suo marito si voltò a guardarla. La sua faccia era rossa di rabbia.
«Cosa fai, mi spii? Non sgattaiolare mai più alle mie spalle in questo modo!»
Pansy si ritirò in fretta, la mano istintivamente alzata a proteggersi. Ma lui si limitò a girare di nuovo la faccia verso lo schermo. Colpì la consolle con un pugno, mandando all'aria libri e carte. Pansy si inginocchiò sul tappeto e cominciò a raccogliere gli oggetti caduti.
«Fuori di qui!» urlò lui. «Fuori!»
Procedette carponi fino alla porta, poi si rizzò in piedi e si allontanò svelta lungo il corridoio. Quando entrò in camera da letto, lo specchio le restituì l'immagine di sé che correva incontro. Si fermò di scatto e represse un grido.
Quando era dimagrita così tanto?
Con i capelli tirati indietro, come lui insisteva che li portasse, con la magrezza del suo corpo e l'espressione da animale braccato, era l'immagine vivente della defunta madre del giudice Emery Heart.
La stampante braille emise il messaggio, riempiendo foglio dopo foglio con la stessa maledetta parola.
Eric Franz sedeva immobile, intento a osservare una scena che si svolgeva dentro la sua testa, un film dell'orrore che non finiva mai. Un lenzuolo di neve brillante cadeva oltre l'ampia finestra, grandi fiocchi illuminati dalle luci esterne dell'edificio. Eric Franz si allontanò dalla finestra e liberò il rotolo di carta dalla stampante.
Un momento dopo nevicava anche in casa, mentre Eric strappava la stampata in una cascata di piccolissimi pezzi. Lavorava al buio.
Aveva le mani piene quando tornò nel soggiorno del suo appartamento. Charles allineò gli ingredienti per fare una donna sul tavolino da tè. Avrebbe usato anche il pacchetto di sigarette dimenticato da Riker. Secondo il rapporto del medico legale, Amanda era stata una fumatrice. Non c'erano sigarette nel meticoloso inventario affisso sul pannello di Mallory. Amanda poteva aver smesso quando aveva saputo di essere incinta, ma il suo romanzo traboccava di immagini legate al fumo: fiammiferi sfregati nel buio quando si svegliava da sola nel cuore della notte, portaceneri pieni, granelli di polvere che turbinavano nel fumo bluastro.
Il contributo del cugino Max era la boccetta di profumo alla rosa che Charles aveva recuperato da un baule della cantina. La Louise ricreata da Malakhai era perennemente avvolta da una fragranza di gardenia.
Evocò il viso di Amanda, proiettandolo mentalmente sul muro di fronte a sé.
Qual era la ricetta di Malakhai?
Probabilmente avrebbe dovuto cominciare da un bel trauma cranico grave quanto quello che Malakhai aveva sofferto durante la guerra di Corea.
Be', in assenza di traumi fisici, poteva senz'altro fare affidamento sulle ferite del cuore e della mente. Ne aveva riportate in abbondanza, e qualcuna si poteva considerare il contributo di Mallory a quella stregonesca faccenda.
Gli anni di solitaria detenzione che il vecchio mago aveva trascorso in una cella coreana erano un secondo ingrediente difficilmente reperibile. Malakhai era riemerso dalla prigione in compagnia del fantasma di Louise.
Charles rifletté sui propri anni di isolamento. Un grande campus universitario era difficilmente paragonabile a una cella di neanche sei metri quadrati. Ma poi pensò ai semestri di assoluta solitudine, quando era un ragazzino precoce e "strano" in mezzo a studenti di dieci anni più grandi di lui. Poi era stata la volta dell'Istituto di Effrim Wilde, un grembo accogliente in grado di proteggerlo dalle insidie del mondo esterno, e infine della società di consulenza, il suo attuale rifugio.
Per la maggior parte della sua vita Charles era stato un essere a parte, un alieno in mezzo alla gente normale. Un'esperienza per certi versi affine all'isolamento patito da Malakhai in Corea.
Ma Charles non aveva bisogno di andare tanto indietro nel tempo per percepire acutamente il peso della propria solitudine. Si sentiva disperatamente solo ogni volta che Mallory lasciava una stanza.
Un altro contributo alla mia impresa, grazie, Mallory.
Se fosse accaduto qualcosa a Mallory, non sarebbe stato possibile ricostruirla come Malakhai aveva fatto con Louise, come Charles avrebbe tentato di fare con Amanda Bosch. Nessuno aveva accesso ai pensieri e ai sentimenti di Mallory.
Oh, che sciocco! A un tratto si ricordò della musica. Il concerto era stato un ingrediente essenziale nella creazione di Louise da parte di Malakhai. La sua copia del concerto era irreparabilmente danneggiata, ma da qualche parte in cantina doveva esserci un vecchio 78 giri, e il giradischi adatto a suonarlo. Tuttavia per il momento si sarebbe accontentato di immaginare la musica. Aveva ascoltato il pezzo infinite volte, fin da bambino.
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