Ogni camera di degenza di quell’unità era controllata da una telecamera; monitor installati nel centro di controllo della caporeparto ricevevano suoni e immagini dalle varie stanze. I monitor avrebbero dovuto di norma essere tenuti sotto costante sorveglianza dall’infermiera di turno, sebbene durante il cambio questa procedura non venisse osservata per una ventina di minuti circa mentre le infermiere, sottoposte a ore e ore di eccessivo lavoro e sfruttate al limite delle forze, si davano disperatamente da fare per concentrare un’ora di lavoro in un terzo dello stesso tempo. Tuttavia gli apparati di controllo delle funzioni vitali dei pazienti in ogni stanza erano dotati di sistemi d’allarme elettronici, che avrebbero immediatamente avvertito il personale ospedaliero di ogni cambiamento delle loro condizioni.
Poco dopo che Remmy se n’era andata, una persona entrò nel reparto dallo stesso ingresso posteriore da cui Remmy Battle era uscita pochi minuti prima. Abbigliato con un camice bianco da medico, soprascarpe asettiche, cuffietta e mascherina che gli copriva la parte inferiore del volto, e con l’aria di essere perfettamente a suo agio nell’ambiente ospedaliero, l’individuo passò davanti alla porta della camera di Bobby Battle, lanciò un’occhiata all’interno e vide che il paziente era solo. Una fugace sbirciata oltre l’angolo del corridoio rivelò che la postazione dell’infermiera di turno era incustodita. L’intruso entrò nella stanza di Bobby Battle e chiuse la porta.
Senza perdere tempo mosse leggermente la telecamera di controllo fissata sulla parete di fronte al letto in modo che l’angolo di ripresa in diretta non mostrasse la zona a sinistra del letto. Poi si affrettò a oltrepassare l’apparecchiatura di controllo vicino al letto, estrasse da una tasca del camice una siringa ipodermica e con l’ago bucò una delle sacche di soluzioni collegate al braccio del paziente, premendo poi lo stantuffo della siringa e iniettandovi tutto il contenuto della stessa. Lo sconosciuto lanciò solo una volta una rapida occhiata a Bobby Battle che giaceva nel letto, sereno e tranquillo nel suo sonno profondo nonostante un tubicino in gola. L’intruso gli prese la mano sinistra, gli allacciò al polso l’orologio che aveva portato con sé e lo regolò sulle cinque. Infine estrasse da un’altra tasca del camice l’oggetto che intendeva lasciare in bell’evidenza e lo depose con cura sul torace di Battle.
Era una piuma bianca.
Pochi secondi dopo l’intruso si era precipitato fuori dell’entrata posteriore, aveva sceso le scale, si era allontanato dalla zona sparendo nel parcheggio esterno ed era salito su un’auto. La vettura si allontanò velocemente dall’ospedale.
Il conducente aveva una lettera ancora da scrivere e da imbucare.
Più o meno dieci minuti dopo che l’auto si era allontanata, un segnale d’allarme acustico cominciò a trillare a intermittenza su uno degli apparecchi elettronici nella stanza di Bobby Battle, seguito poco dopo da un altro. Nel giro di qualche secondo tutte le spie e i segnali dell’apparato di controllo delle funzioni vitali del paziente trillavano e lampeggiavano i loro sinistri allarmi.
Le infermiere si precipitarono in massa nella camera. Un minuto dopo un codice blu fu trasmesso sull’interfono della stanza e un’équipe medica altamente specializzata arrivò di corsa. Tutto per niente. Alle 22.23 Robert E. Lee Battle fu dichiarato morto.
All’inizio si pensò che il cuore di Battle avesse semplicemente ceduto per i postumi dell’ictus. La piuma bianca lasciata sul suo torace dall’assassino era scivolata sul pavimento senza che nessuno la notasse, mentre l’equipe medica tentava di rianimarlo. Quando la piuma fu scoperta più tardi da un tecnico ospedaliero, questi la posò sul tavolino accanto al letto del morto, forse pensando che provenisse da un cuscino. L’orologio che il killer aveva allacciato al polso di Battle fu coperto da vari cavetti dei monitor e anche in parte nascosto tra il braccialetto di identificazione del paziente e quello relativo ai farmaci somministrabili. Un’angosciata e furente Remmy Battle tornò nella stanza e se ne andò senza notare né l’orologio né la piuma. Fu solo dopo che un’infermiera ebbe sollevato la questione di quella piuma che il personale ospedaliero cominciò a porsi delle domande. Non era uscita da un cuscino dell’ospedale, dato che nessuno di essi era di piume. Per giunta, il repentino e imprevisto cambiamento delle condizioni di Battle era sconcertante, e di sicuro non sarebbe sfuggito a un esame minuzioso.
Tuttavia fu solo verso le tre di notte, quando stavano per trasferire la salma di Battle nell’obitorio dell’ospedale, che l’orologio venne finalmente notato al polso del morto, sollecitando un esame molto più attento del cadavere e successivamente dei sacchetti delle flebo. Fu a quel punto che il medico di guardia scoprì il forellino prodotto nel sacchetto dall’ago di una siringa ipodermica.
«Dio santo!» fu l’unica cosa che riuscì a dire.
Todd Williams fu buttato giù dal letto e strada facendo verso l’ospedale telefonò a King, il quale a sua volta telefonò a Michelle. Tutti e tre arrivarono all’ospedale quasi contemporaneamente. Furono molto sorpresi di trovarvi Chip Bailey. Williams fece delle rapide presentazioni tra l’agente dell’FBI e i suoi due collaboratori.
«Ero in un motel qui in città e avevo la mia radio della polizia accesa» spiegò Bailey. «Maledizione, Todd, dovevi proprio far venire all’ospedale tutta la stazione di polizia?»
«Si tratta di Bobby Battle» ribatté Williams risentito. «Uno dei cittadini più eminenti della zona.»
King concluse mentalmente il pensiero inespresso del capo. E ora stai per beccarti in pieno tutta l’ira della vedova.
Il personale ospedaliero li scortò nella stanza di Battle. Il defunto giaceva là sul suo letto ancora attaccato a tutti i cavi del monitor e con il tubicino del respiratore in gola, benché tutti gli apparecchi di controllo delle funzioni vitali e i vari monitor fossero stati spenti, non essendoci più la necessità dei loro “bip” e delle loro letture digitali. Michelle si scoprì a fissare più volte, e a lungo, Bobby Battle, un uomo di cui aveva sentito parlare molto ma che non aveva mai conosciuto. Per chissà quale ragione, e non solo per il modo in cui era deceduto, sembrava un morto affascinante esattamente come lo era stato in vita.
La caporeparto e il medico di guardia fornirono un breve resoconto di ciò che avevano scoperto riguardo alla piuma, l’orologio da polso e il foro nel sacchetto della flebo.
«È tutto molto insolito» dichiarò il dottore, concorrendo involontariamente al premio per la banalità dell’anno.
«Siamo assolutamente sicuri che non sono cose che accadono tutte le sere» ribatté King.
Williams esaminò l’orologio. «Non è uno Zodiac» disse in tono sommesso a King e Michelle. «Ma è regolato sulle cinque in punto e il perno della corona è stato tirato in fuori.»
Quando a Chip Bailey fu mostrata la piuma da Todd Williams, la reazione dell’agente fu più che evidente, ma non disse nulla finché il medico e la caporeparto non ebbero lasciato la stanza.
«Mary Martin Speck» spiegò loro quando furono soli. «Un’infermiera. Venne soprannominata “Florence Nighting- hell ”. La signora assassinò ventitré pazienti in sei Stati in un arco di tempo di dieci anni. Al momento la Speck sta scontando un ergastolo in un penitenziario federale della Georgia. Il suo “biglietto da visita” era una piuma bianca. Ha sempre affermato di stare compiendo l’opera del Signore.»
«Perciò dobbiamo aspettarci un’altra lettera» commentò King.
«Non abbiamo neanche avuto il tempo di ricevere quella relativa all’omicidio Hinson» si lagnò Williams. «Perché Bobby Battle? Perché l’assassino avrà voluto aggiungerlo all’elenco? Venir qui a ucciderlo nella sua camera è stato maledettamente rischioso.»
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