Improvvisamente ci fu qualcosa. Nient’altro che una percezione indefinita al limite del suo campo visivo. Lo sguardo di LuAnn volò alla grande finestra del locale ed esplorò la zona sul retro della casa. C’era una specie di casotto. La porta era socchiusa, ed era da lì che le era venuta quella sensazione di movimento. LuAnn si alzò con la destra stretta sul calcio della .38 che teneva in tasca.
Appena uscita dalla casa, si stava affrettando verso la macchina quando si bloccò, sopraffatta dalla curiosità, e tornò sui suoi passi. Guardinga, raggiunse la porta socchiusa del casotto.
Da dentro, filtrava una lama di luce. LuAnn sbirciò nell’apertura e vide il fascio di luce di una potente alogena a soffitto che illuminava un ambiente organizzato a officina-magazzino. Banchi da lavoro di meccanica e di carpenteria, con sopra più utensili di quanti ne avesse mai visti, correvano lungo due linee parallele. Legno da costruzione, accuratamente tagliato e suddiviso per dimensioni, era sistemato sulle pareti interamente coperte di scaffali metallici. Una scala contro il muro di fondo portava a un soppalco.
LuAnn superò i banchi da lavoro, arrivò alla scala, la salì velocemente fino al soppalco. Un tempo, doveva essere stato il deposito delle balle di fieno. Adesso pareva una stazione di sorveglianza: una poltrona di pelle con ottomana da un lato, due scaffali e una vecchia stufa a legna dall’altro. Un vecchio telescopio era puntato sul paesaggio che si allargava oltre un’ampia finestra panoramica.
E parcheggiato proprio sotto la finestra, c’era il furgone di Matt Riggs.
Quando LuAnn girò su se stessa per scendere dal soppalco, si ritrovò a pochi centimetri dagli occhi la bocca da fuoco di un fucile calibro 12.
— È per una nobile causa, John — disse Charlie rilassandosi nella poltroncina e bevendo un sorso di caffè caldo. — E la signorina Savage è sempre a favore delle nobili cause.
Erano seduti a un tavolo d’angolo al Boar’s Head Inn, un locale classico su Ivy Road, a pochi isolati dall’Università della Virginia. Davanti a loro c’erano i resti di una robusta colazione a base di uova strapazzate e salsicce.
— Charlie, non posso dirti quanto questo significhi per la comunità di Charlottesville. — L’uomo seduto di fronte a Charlie ebbe un sorriso raggiante. — Averla qui, avervi qui entrambi, è… meraviglioso, ecco.
John Pemberton, capelli ondulati, costoso abito a doppio petto, cravatta a pois e fazzoletto da taschino di seta cruda in tinta, era uno dei cavalli di razza del mercato immobiliare di Charlottesville. Era anche copresidente di parecchi comitati sociali e istituti di beneficenza della zona. Se esisteva un uomo informato di qualsiasi cosa accadesse nell’area di Charlottesville, quell’uomo era John Pemberton, diventato grande amico di Charlie dopo aver intascato la cospicua commissione sulla vendita di Wicken’s Hunt.
— E in un futuro che mi auguro molto prossimo — riprese Pemberton studiandosi le dita ben curate — forse riusciremo addirittura a incontrare la signorina Savage.
— Assolutamente, John, senza dubbio. Anche lei è ansiosa d’incontrare te e tutti quanti nella comunità. Ci vorrà solo un po’ di tempo. Come ti ho detto, è una persona molto riservata. Tu mi capisci, vero?
— Ma naturale. Charlottesville è piena di gente altrettanto riservata. Stelle del cinema, scrittori, imprenditori… Gente che ha talmente tanti soldi da non sapere che cosa farsene.
Un sorriso mellifluo apparve sulle labbra di Pemberton. Probabilmente, il suo registratore di cassa mentale aveva già cominciato a fare i conti di altre grasse commissioni immobiliari a venire nel momento in cui tutta quella gente così riservata avesse deciso di trasferirsi fuori o dentro l’area.
— Per ora, John, mi sa che dovrai rassegnarti alla mia di compagnia, almeno per un po’ — disse Charlie sorridendo a sua volta.
— Compagnia quanto mai piacevole — fece Pemberton con l’automatismo di una macchinetta a gettone.
Charlie posò la tazza del caffè, allontanando il piatto vuoto. Cristo, quanto aveva voglia di una sigaretta. — Matt Riggs sta facendo dei lavori per noi.
— La recinzione e i sistemi di sicurezza — ribatté Pemberton. — L’incarico più grosso che abbia mai avuto.
Charlie lo fissò dritto negli occhi, senza parlare.
— Sai com’è — si affrettò ad aggiungere Pemberton quasi scusandosi — sotto un’apparenza cosmopolita, Charlottesville è ancora una piccola città. Tutti sanno più o meno tutto di tutti.
A quelle parole Charlie si sentì sprofondare. Forse Matt Riggs aveva già sbandierato l’incidente della Honda nera ai quattro venti? Avevano commesso un catastrofico errore a stabilirsi lì, invece di seppellirsi nell’anonimato di una metropoli come New York?
Charlie fece uno sforzo per scrollarsi di dosso quei pensieri paralizzanti. — Esatto. E Riggs aveva referenze di prima classe.
— Nessun dubbio in merito. Un uomo competente, affidabile e molto professionale. Non è qui da molto, almeno secondo gli standard locali, meno di cinque anni. Ma non ho mai sentito una sola parola negativa su di lui.
— Di dov’è?
— Washington. — Pemberton fece cenno al cameriere di portargli dell’altro tè. — Proprio della capitale.
— Costruttore anche là?
— No, la licenza l’ha avuta qui in Virginia.
— Forse però il mestiere lo sapeva già.
— È un carpentiere di prim’ordine, questo sì, ma ha fatto due anni alle dipendenze di Ralph Steed, uno dei più grossi costruttori di queste parti. Quando Ralph è morto, Riggs si è messo in proprio. Gli è andata bene. Un gran lavoratore. E con l’incarico di Wicken’s Hunt gli andrà anche meglio.
— Arrivare in un’altra città e ricominciare daccapo — disse Charlie. — Ci vogliono le palle per farlo. Quando l’ho incontrato, non mi ha dato l’idea di un ragazzino fresco di liceo.
— Non lo è — replicò Pemberton gettando un cauto sguardo alla piccola sala da pranzo del ristorante, quindi si protese verso Charlie. — Sono girate certe voci in merito a Riggs… — Accennò a bassa voce.
— Quali voci? — Charlie si protese a sua volta, con aria da cospiratore. — Ah, gli oscuri meandri di Charlottesville.
— Non quelli di Charlottesville, quelli di Washington. — Pemberton non appariva più tanto divertito. — Naturalmente sono solo voci, tu capisci, però sembra che Riggs fosse un pezzo grosso… — fece una pausa a effetto — nei servizi segreti.
Charlie si mantenne impassibile, ma avrebbe voluto alzarsi e scappare a gambe levate. LuAnn era stata infinitamente fortunata a essere fra i prescelti di Jackson per vincere la lotteria, ma dopo questa rivelazione pareva che una dose di sfortuna non meno grande le fosse piovuta sulla testa.
— Servizi segreti — ripeté lentamente Charlie. — Tipo Cia, Fbi?
— E chi lo sa? — Pemberton corrugò la fronte. — Quella è gente che manda giù una pillola di cianuro piuttosto che dirti che ore sono. E se fai troppe domande…
Charlie respirò a fondo. — Ti pianta una pallottola in testa.
Quando Riggs vide che si trattava di Catherine Savage, abbassò il fucile.
— Cosa diavolo ci fa lei qui?
LuAnn fece per passargli davanti, ma lui la afferrò per un braccio. Lei si divincolò immediatamente. — Lei mi ha spaventata a morte.
— Mi dispiace. Ma ripeto: cosa diavolo ci fa qui?
— Quindi è così che lei accoglie gli ospiti inattesi?
— Gli ospiti, inattesi e non, di solito passano dalla porta principale. E solo dopo che io sono andato ad aprire.
— Ho bussato alla porta principale — disse LuAnn con voce apparentemente ferma — ma nessuno è venuto ad aprire.
LuAnn si scostò leggermente e si guardò intorno. — Carino questo posto, che ne direbbe di costruire qualcosa di simile anche a Wicken’s Hunt?
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