David Baldacci - Il biglietto vincente

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l destino sembra sorridere a LuAnn, giovane disoccupata: il misterioso signor Jackson le offre infatti il biglietto vincente di una lotteria che vale milioni di dollari. Ma prima di riuscire a godere della sua grande occasione, la ragazza trova a casa il cadavere del suo uomo in un lago di sangue e si scopre braccata dalla polizia, preda di una trappola mortale.
Un intrigo micidiale, costruito come un congegno a orologeria.

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LuAnn Tyler. Era sua la foto sulla quale Jackson si era fermato. Delle sue dodici gallinelle, LuAnn Tyler era stata di gran lunga la più memorabile. Quella donna significava pericolo, sfida. La sua inafferabilità, con il trascorrere del tempo, continuava ad attirarlo come una calamita.

All’epoca, Jackson aveva trascorso parecchie settimane a Rikersville, in Georgia, una località scelta per una semplice ragione: era strangolata in un circolo vizioso di depressione, decadenza e povertà. L’America era piena di posti come quello. Luoghi che i rapporti governativi descrivevano usando espressioni asettiche: livelli di reddito pro-capite inferiori alla media, risorse sanitarie e scolastiche al di sotto dello standard minimo nazionale, crescita economica negativa. In parole povere, gente in caduta libera verso la più crudele miseria. Per certi versi, Jackson il Capitalista riteneva di poter addirittura fare del bene, lì in quel buco. Forse sarebbe stato più facile far cadere nella rete uomini ricchi dominati dall’avidità, ma mai e poi mai lui avrebbe scelto qualcuno che fosse benestante.

Aveva scoperto LuAnn Tyler durante un tragitto in autobus. Jackson, una figura macilenta in jeans luridi, stivali scalcagnati, barba incolta sotto la visiera di un berretto bisunto, era rimasto a studiarla a lungo dal sedile di fronte a quello di lei. In quel paesaggio umano di disoccupati, analfabeti, barboni e alcolizzati, tutti quanti in attesa di finire sottoterra, LuAnn Tyler rappresentava qualcosa di completamente diverso.

Jackson l’aveva osservata mentre giocava con sua figlia, l’aveva ascoltata salutare quelli che conosceva, aveva notato come la sua sola presenza fosse in grado di gettare una luce su quel cupo paesaggio umano. Aveva ricostruito la sua infanzia di stenti, fino alla vita miserabile nella roulotte di Duane Harvey. Quando nessuno dei due era presente, Jackson aveva addirittura esplorato più volte la carcassa parcheggiata nella radura dei relitti. Aveva notato i piccoli tentativi di LuAnn di trasformare quel lercio cubicolo in una casa vera e propria, a dispetto dello sciagurato stile di vita del suo compagno. Qualsiasi cosa avesse a che fare con Lisa era tenuto lindo e pulito. Per LuAnn Tyler, la figlia era tutto.

Travestito poi da camionista, Jackson si era fermato molte volte alla tavola calda lungo la interstatale dove LuAnn lavorava come cameriera. Aveva continuato a osservarla, a studiarla. Aveva visto la vita di lei scivolare senza scampo verso la disgregazione più completa. Aveva visto lo sguardo di lei farsi sempre più disperato ogni volta che si posava su sua figlia. Forse era stato a quel punto che Jackson aveva preso la decisione di inserire LuAnn Tyler tra i suoi vincitori. Dieci anni prima.

Dal momento del loro singolare addio all’aeroporto Kennedy, Jackson non aveva mai più incontrato LuAnn Tyler e non le aveva mai più parlato. Al tempo stesso, quasi non c’era stata settimana in cui il suo pensiero non si fosse soffermato su di lei. Nel periodo immediatamente successivo alla sua fuga, Jackson aveva continuato a tenerla d’occhio. Aveva seguito i movimenti che le aveva organizzato da uno Stato all’altro, da un continente all’altro. Nel tempo, la sorveglianza si era progressivamente allentata e adesso, dopo dieci interi anni, l’aveva perduta. Le ultime notizie su di lei la davano in Nuova Zelanda. Poi, forse, LuAnn Tyler sarebbe riapparsa a Monaco o in Scandinavia o in Cina. In fondo, il posto non aveva molta importanza, perché LuAnn Tyler avrebbe comunque continuato a peregrinare da un orizzonte all’altro fino al giorno della sua morte. Non avrebbe mai fatto ritorno negli Stati Uniti. Di questo, Jackson era assolutamente certo.

Quali incredibili opposti rappresentavano loro due! Jackson era cresciuto circondato da una grande ricchezza e poi quella ricchezza era stata dissipata. Ma servendosi della sua intelligenza, della sua tenacia e del suo coraggio l’aveva infine ricostituita e moltiplicata a dismisura.

LuAnn Tyler era cresciuta con nulla, si era spezzata la schiena per una paga da fame e non aveva mai avuto alcuna via d’uscita fino al momento in cui lui non era entrato nella sua vita. Lui le aveva messo il mondo in tasca, consentendole di diventare qualcuno di completamente diverso da LuAnn Tyler. Jackson sorrise al pensiero di quella fantastica ironia della sorte: lui aveva passato tutta la sua vita adulta a essere qualcun altro, lei aveva passato gli ultimi dieci anni a vivere la vita di qualcun altro.

Poi studiò il volto nella foto. Quei profondi occhi azzurri, quegli zigomi pronunciati, quei lunghi capelli. Seguì con la punta dell’indice la curva perfetta del collo di lei. Due treni. Due treni lanciati verso un ineluttabile scontro finale.

21

Thomas Donovan studiò i fogli sparsi sul tavolo del soggiorno del suo appartamento. C’era voluto tempo per mettere insieme quelle carte. Molto tempo, più dozzine di telefonate e scarpinate a non finire.

All’inizio era sembrata una ricerca impossibile, un’impresa destinata a fallire semplicemente per l’immane mole di numeri da analizzare. Nell’anno in cui LuAnn Tyler era svanita nel nulla, l’aeroporto John Fitzgerald Kennedy di New York aveva smaltito un traffico internazionale passeggeri di oltre settantamila voli. Il giorno della sua scomparsa, della sua ipotetica fuga all’estero, erano partiti duecento voli. Poiché dall’una alle sei del mattino il traffico era sospeso, la media era di dieci all’ora.

Donovan aveva ristretto il raggio della ricerca alla giornata in cui aveva avuto luogo la conferenza stampa per la presentazione del vincitore alla Commissione Lotterie. Il suo obiettivo erano le donne in età compresa tra i venti e i trent’anni, in partenza dal JFK tra le sette di sera e l’una del mattino. In realtà, la conferenza stampa si era conclusa alle sei e mezzo di sera e Donovan dubitava che LuAnn Tyler ce l’avesse fatta a prendere un volo alle sette, ma siccome il JFK era famoso per i suoi ritardi cronici, Donovan aveva preferito non escludere nessuna possibilità. Ciò significava dover controllare sessanta voli e circa quindicimila passeggeri.

Donovan aveva scoperto che la maggior parte delle linee aeree conservava le liste dei passeggeri per cinque anni, dopo di che venivano archiviate nei computer. Un grosso ostacolo era emerso quando si era trattato di mettere le mani sugli elenchi passeggeri vecchi di dieci anni. Solamente l’Fbi era autorizzato a esaminare quel tipo di dati, e solamente con un’ingiunzione del tribunale.

Ma non si lavora nel giornalismo investigativo per trent’anni senza farsi degli amici. E uno di questi amici era nel Bureau. Senza entrare nel dettaglio e senza fare nomi, Donovan gli aveva comunicato che la donna sulla quale stava indagando aveva verosimilmente viaggiato con un passaporto appena rilasciato, e che aveva con sé una bambina piccola. L’ambito della ricerca si era così ulteriormente ristretto: solo tre donne rispondevano a quei parametri altamente selettivi. Ed erano i loro tre nomi che Donovan aveva sotto gli occhi in quel momento, con il loro ultimo domicilio conosciuto. L’uomo prese la propria agendina, cercò il numero della Best Data e chiamò.

Si trattava di una delle più grosse società di verifica del credito su scala nazionale. Negli anni, la Best Data aveva messo insieme un mastodontico archivio di nomi, indirizzi e, elemento molto più cruciale, numeri della Sicurezza Sociale. La Best Data forniva quel genere d’informazioni alle società che le richiedevano, generalmente agenzie di collocamento e istituti bancari. In pochi minuti Donovan ottenne i numeri della Sicurezza Sociale delle tre donne, il loro ultimo domicilio conosciuto, più cinque indirizzi di vicini di casa. Confrontò questi dati con quelli delle compagnie aeree. Due delle donne si erano trasferite, e considerando l’età di allora e la possibilità di carriere e matrimoni, ciò non rappresentava una sorpresa. In dieci anni, soltanto la terza donna non aveva cambiato indirizzo. Catherine Savage era tuttora registrata come abitante a Charlottesville, in Virginia.

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