David Baldacci - Il biglietto vincente

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Il biglietto vincente: краткое содержание, описание и аннотация

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l destino sembra sorridere a LuAnn, giovane disoccupata: il misterioso signor Jackson le offre infatti il biglietto vincente di una lotteria che vale milioni di dollari. Ma prima di riuscire a godere della sua grande occasione, la ragazza trova a casa il cadavere del suo uomo in un lago di sangue e si scopre braccata dalla polizia, preda di una trappola mortale.
Un intrigo micidiale, costruito come un congegno a orologeria.

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Lui la guardò, leggermente sorpreso. — Non sarà necessario.

Dal frigobar del veicolo, Charlie estrasse una birra, un’acqua tonica, un paio di panini e qualche stuzzichino. Fece apparire un tavolino apribile e lo apparecchiò con un tovagliolo immacolato, con tanto di piatto, posate e bicchiere. LuAnn seguì i movimenti precisi ed efficienti delle sue grandi mani come una ragazzina incantata per la prima volta dalle luci di un luna-park.

— Sapevo che con te ci sarebbe stata la bambina — proseguì Charlie — così ho fatto mettere in macchina latte, biberon e cose del genere. All’albergo troverai qualsiasi cosa ti possa servire.

LuAnn preparò subito un biberon per Lisa e la ninnò con un braccio, divorando a sua volta un panino.

— La tua bambina è bellissima — disse Charlie studiando madre e figlia con un sorriso amichevole. — Come si chiama?

— Lisa, Lisa Marie. Come la figlia di Elvis, lo sai, no?

— Mi sembri un po’ troppo giovane per essere una fan di Elvis Presley.

— Be’, io non ascolto quella musica. L’ascoltava la mia mamma. Andava matta per Elvis. L’ho fatto per lei. Il nome di Lisa, voglio dire.

— Lo avrà apprezzato, immagino.

— Mah, lo spero. È morta prima che nascesse.

— Mi dispiace. — Charlie ebbe una battuta d’arresto. — Tu che genere di musica ascolti?

— Quella classica. Non è che me ne intendo, ma mi piace il suono. Mi fa sentire come pulita dentro. Come nuotare in un lago in montagna, con l’acqua così chiara che puoi vedere il fondo.

— Mai pensato alla musica classica in quei termini — commentò Charlie sorridendo. — Io vado matto per il jazz. Me la cavo un po’ con la tromba. Dopo quelli di New Orleans, i migliori jazz club stanno proprio qui a New York. Certi sono aperti fino all’alba. E nemmeno troppo lontano dall’albergo.

— E in che albergo andiamo?

— Waldorf-Astoria. — Charlie mandò giù una sorsata di acqua tonica e si rilassò contro lo schienale, slacciandosi la giacca. — Prima volta a New York?

LuAnn diede un altro morso al panino. — Prima volta dappertutto.

Charlie abbozzò una risata. — Be’, come inizio, New York è il massimo.

— E l’albergo com’è?

— Prima classe. Molto bello. Certo non è come il Plaza. Ma dopotutto, cos’è paragonabile al Plaza? Però può anche darsi che un giorno ci andrai, al Plaza.

LuAnn lo osservò asciugarsi le labbra con un tovagliolo di carta. Le dita erano dure e spesse, massicce. Dita estremamente forti.

— Charlie…

— Sì?

LuAnn lo stava guardando nervosamente mentre finiva il panino e beveva un sorso della sua bibita. — Sai perché sono qui?

— Limitiamoci a dire che so quanto basta per convincermi a non fare troppe domande.

— Ma il signor Jackson lo hai mai incontrato?

— Perché non lasciamo perdere, LuAnn?

— Sono solo curiosa, tutto qui.

— Sai che cosa è successo alla gatta curiosa, no? — Gli occhi scuri di lui erano privi di espressione. — Tieni la testa sulle spalle, fa’ quel che ti viene detto e tu e la tua bambina non avrete più nemmeno l’ombra di un problema. Che ne pensi come programma?

— Be’, niente male.

LuAnn tenne Lisa più stretta contro di sé. Charlie aprì un altro compartimento dell’abitacolo e ne tolse un soprabito di pelle nera e un cappello scuro, a tesa larga.

— Lascia perdere il tuo cappello e indossa questi. Per ovvie ragioni, non vogliamo che tu venga notata.

LuAnn ubbidì e indossò i nuovi indumenti.

La limousine imboccò la corsia riservata di fronte al Waldorf.

— Mi occuperò io della reception — disse Charlie. — La tua suite è a nome Linda Freeman, donna d’affari americana di base a Londra. Sei in viaggio con tua figlia, lavoro e diletto.

— Donna d’affari? E se qualcuno mi fa delle domande?

— Nessuno ti farà domande.

— Allora, adesso, io sono questa Linda Freeman?

— Lo sarai fino al gran giorno. Dopodiché, potrai tornare a essere LuAnn Tyler.

E chi mai vuole tornare a essere LuAnn Tyler?

La suite si trovava al trentaduesimo piano.

LuAnn, sentendosi come Alice nel Paese delle Meraviglie, vagò per l’elegante soggiorno, la sontuosa camera da letto e la stanza da bagno da favola.

— Ma si possono mettere queste cose qui? — LuAnn accarezzò il soffice cotone degli accappatoi.

— Puoi mettere tutto quello che vuoi — rispose Charlie. — E se ci tieni a comprare uno di quegli accappatoi, per settantacinque dollari è tuo.

LuAnn scostò parzialmente le tende della finestra panoramica. Un vasto arco del profilo di New York riempiva il paesaggio: una selva di torri acuminate contro il cielo che imbruniva, pieno di nubi scure.

— Non ho mai visto cosi tanti grattacieli tutti insieme in questo modo. Ma la gente come fa a distinguerli? — domandò LuAnn girandosi verso Charlie. — Mi sembrano tutti uguali.

— LuAnn, va bene divertirsi — rispose Charlie scuotendo il capo — ma ora non è più necessario che tu faccia la parte della ragazzotta di campagna.

— Ehi, Charlie, io sono una ragazzotta di campagna — ripeté LuAnn guardando fuori. — E probabilmente sono la più stupida ragazzotta di campagna che tu hai mai conosciuto.

— Ehi, senza offesa, d’accordo? — Charlie corrugò la fronte. — Se sei nato e cresciuto a New York, ti fai una certa mentalità su certe cose e su certa gente. — Seguì con lo sguardo LuAnn che andava a fare una carezza a Lisa. — Senti, qui c’è il frigobar.

Charlie aprì lo spesso sportello a tenuta termica e le mostrò come richiuderlo.

— E questa è la cassaforte. — Charlie inserì il codice di apertura e le serrature si sbloccarono. — È sempre meglio mettere al sicuro gli effetti personali di valore.

— Io non ho niente da mettere al sicuro.

— Nemmeno quel biglietto della lotteria?

LuAnn deglutì a vuoto, si frugò in tasca, estrasse il biglietto e glielo porse. — Allora lo sai anche tu?

Lui evitò di rispondere, e neppure guardò il biglietto prima di metterlo nella cassaforte.

— Scegli una combinazione — le disse poi. — Niente di troppo ovvio come compleanni o anniversari, ma al tempo stesso qualcosa che tu possa ricordare facilmente. Non è consigliabile andarsene in giro con in tasca numeri scritti — aggiunse ruotando verso di lei lo sportello con la placca dei pulsanti numerati. — Forza.

LuAnn ubbidì e Charlie attese che la serratura elettronica lo mettesse in memoria prima di chiudere la cassaforte, quindi si preparò ad andare.

— Ci vediamo domani mattina verso le nove. Se ti viene fame, sete, o qualsiasi cosa, tutto quello che devi fare è sollevare il telefono e chiamare il servizio in camera. Ma stai attenta a non farti vedere in faccia dal cameriere. Raccogliti i capelli, mettiti la cuffia come se stessi per farti una doccia. Apri la porta, firma il conto a nome Linda Freeman e torna nella stanza da letto. Ecco qua un po’ di soldi per le mance. — Charlie le allungò un fascio di banconote di piccolo taglio. — Comportati sempre in modo discreto. Non andartene a spasso per l’albergo o cose del genere.

— Non preoccuparti — disse LuAnn cercando di esibire una certa sicurezza, ma la sua voce era incrinata. — Lo so che non parlo bene come una di queste donne d’affari.

— Non volevo dire questo. — Forse anche la voce di Charlie era incerta. — Senti, LuAnn, io stesso ho finito le medie per miracolo. Mai andato al college. Però non me la passo male. D’accordo, né tu né io siamo dei geni di Harvard. Ma chi se ne frega? — Le toccò leggermente una spalla. — Fatti una bella dormita. Domani, andiamo un po’ in giro per la città e ci facciamo una chiacchierata. Ti va l’idea?

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