La mano di Anthony Romanello si serrò intorno al ricevitore. Si domandò se doveva dire a Jackson dei due cadaveri nella Airstream e decise prontamente di no. Perché pareva essersi imbattuto in qualcosa di molto interessante.
— Ho visto la bambolina che se ne andava via a piedi — riferì Romanello. — Ma non mi dava l’aria di qualcuno con i soldi per fare molta strada.
— Per quella bambolina, signor Romanello — disse Jackson con tono divertito — i soldi saranno l’ultima delle preoccupazioni. — E riagganciò.
Romanello si rilassò contro lo schienale e considerò per un momento tutta la faccenda. Tecnicamente, lui aveva finito. Poteva tornare a casa e aspettare che il resto dei suoi soldi arrivasse. Ma stava succedendo qualcosa di strano. Il fantomatico signor Jackson lo aveva spedito in quel buco a far fuori una puttanella di campagna e poi aveva cancellato il contratto all’ultimo momento. E intanto si era lasciato scappare un’allusione ai soldi. Tanti soldi. Putacaso, proprio uno degli argomenti che più stavano a cuore ad Anthony Romanello. Girò la chiave e avviò il motore.
Aveva tutte le intenzioni di non lasciarsi sfuggire LuAnn Tyler.
La toilette del distributore di benzina puzzava di carburante.
LuAnn Tyler cercò di rimettersi in sesto. Ripulì la ferita al mento, tolse un cerotto dalla borsa che conteneva i pannolini di Lisa e lo applicò sul taglio. C’era un minimarket della 7-Eleven presso il distributore. Mentre Lisa si scolava il biberon, LuAnn comprò della pomata contro le contusioni e della garza.
Acquistò anche il biglietto della lotteria.
Non volle che a stabilire la combinazione fosse la macchina, e scelse una sequenza ottenuta dalle date del suo compleanno e di quello di Lisa.
— Vuoi saperne una, LuAnn? — Il cassiere del minimarket era un suo amico, un ragazzo di nome Bobby. — La gente ne ha comprati a quintali di quei biglietti lì.
— Quant’è il montepremi?
Bobby accennò al cerotto e domandò: — Cosa ti è successo?
— Mi sono tagliata radendomi.
Lui sogghignò.
— Allora — lo incalzò LuAnn. — Quel montepremi?
— Sessantacinque milioni di dollari. — Gli occhi di Bobby mandarono lampi di cupidigia. — E continua a salire. Ne ho comprati una dozzina anch’io. Non so, ma ho un certo presentimento, LuAnn. Te lo ricordi quel film in cui il poliziotto dà alla cameriera metà del biglietto vincente della lotteria? Be’, se vinco io, metà la do a te. Potessi morire.
— È proprio una bella idea, Bobby. E cosa devo fare di preciso per avere tutti quei soldi.
— Ma sposarmi, è chiaro! — Bobby le tese il biglietto che lei aveva appena comprato. — E che te ne pare di darmi la metà se vincerai tu? Sposarci ci sposiamo lo stesso.
— Questo me lo gioco per conto mio. E poi, non sei forse fidanzato con Mary Anne Simmons?
— Lo ero… fino alla settimana scorsa. — Bobby se la stava mangiando con gli occhi. — Quant’è idiota quel Duane!
LuAnn spinse il biglietto bene in profondità nella tasca dei jeans. — Lo vedi spesso?
— Naah, ultimamente si fa i fatti suoi — rispose Bobby scuotendo il capo. — Ho sentito che va spesso dalle parti della Contea di Gwinnett. Per affari o cose del genere.
— Che tipo di affari?
— Senti, che cosa combina Duane non lo so e non lo voglio sapere — rispose Bobby scrollando le spalle. — Io ho di meglio da fare che pensare a Duane Harvey.
— Sai per caso se Duane ha fatto soldi?
— Adesso che ci penso, un paio di sere fa faceva vedere un sacco di grana. Ho pensato che magari aveva vinto alla lotteria. E se ha vinto sul serio, credo proprio che mi sparerò un colpo. — Bobby allungò una mano e fece una carezza a Lisa. — Quanto ti somiglia! Ehi, LuAnn, se poi cambi idea sul fare a metà e sposarci, fammi un fischio, okay? Qua io finisco alle sette.
— Ci vediamo, Bobby.
LuAnn si diresse verso un telefono pubblico fuori dal minimarket e compose il numero di Jackson. Questa volta lui rispose al primo squillo.
— Ha i numeri, LuAnn?
Lei gli lesse le dieci cifre del biglietto, udendo all’altro capo del telefono un frusciare di carta mentre l’uomo prendeva nota.
— Adesso mi rilegga la sequenza, ma questa volta più lentamente. Non possiamo permetterci alcun errore.
LuAnn gli rilesse i numeri. Lui glieli ripeté nell’ordine.
— Brava, LuAnn — disse Jackson alla fine. — Molto brava. Il più è fatto. Ora prenda quel treno, faccia la sceneggiata per la stampa e sarà tutto finito.
— Sto andando alla stazione proprio adesso.
— Come le ho detto, troverà qualcuno ad attenderla alla Pennsylvania Station. Sarà questa persona ad accompagnarla all’albergo.
— Pennsylvania? Ma io pensavo di andare a New York.
Jackson sbuffò sonoramente. — LuAnn, la Pennsylvania Station è una delle due principali stazioni ferroviarie di New York.
— Ah, ecco.
— Questa persona ha una descrizione sua e di Lisa. — Jackson fece una pausa. — Perché lei ha Lisa con sé, vero?
— Dove vado io, viene anche Lisa.
— Per l’appunto. Al tempo stesso, voglio sperare che lei non abbia incluso il signor Duane Harvey nei suoi progetti di viaggio.
LuAnn deglutì a forza… Duane Harvey con la camicia fradicia di sangue. Duane Harvey che crolla come un sacco di stracci e non si muove più. — Niente Duane Harvey.
— Eccellente, LuAnn. Buon viaggio.
LuAnn e Lisa scesero dall’autobus proprio di fronte alla struttura di cemento armato e cristalli polarizzati della stazione ferroviaria di Atlanta.
Lungo la strada, LuAnn si era fermata a un supermercato della catena Wal-Mart per comprare le cose necessarie per sé e per Lisa, sistemandole poi in una nuova borsa a spalla. La maglietta strappata nel corpo a corpo era stata sostituita da una nuova. Il suo volto era celato dalla tesa di un cappello da cowboy e da ampi occhiali da sole. Nella toilette del supermercato aveva nuovamente ripulito la ferita al mento e aveva cambiato la medicazione. Ora andava decisamente meglio.
LuAnn si presentò allo sportello della biglietteria. — Solo andata per New York. Sul Crescent.
Lisa era inquieta. Voleva uscire dal seggiolino.
— Il suo nome, prego — chiese la donna dietro il plexiglas.
LuAnn stava cercando di calmare la bambina, e rispose in modo automatico: — LuAnn Tyler.
Realizzò di aver commesso un errore colossale già mentre stava finendo di pronunciare il proprio nome.
— Un momento…
— Sì? — L’addetta della biglietteria continuò a battere sulla tastiera senza nemmeno alzare lo sguardo.
— Niente… — mormorò LuAnn.
Ormai era fatta. A questo punto, cercare di cambiare le carte in tavola avrebbe solamente destato sospetti. LuAnn deglutì a vuoto, pregando il cielo di non dover pagare caro quell’imperdonabile errore, prima o poi.
— Vedo che viaggia con una bambina piccola — disse l’impiegata. — Raccomanderei il vagone letto DeLuxe. C’è uno scompartimento disponibile con doccia indipendente.
LuAnn accettò prontamente il consiglio. Mentre il biglietto veniva stampato, l’impiegata non nascose una certa perplessità nel vedere LuAnn frugare nel seggiolino portatile fino a estrarne una mazzetta di banconote da cento, contarne quindici e mettersi in tasca il rimanente.
Accortasi di essere osservata, LuAnn sfoderò un sorriso accattivante. — È il mio fondo di emergenza… Mi sono detta: perché aspettare di essere nei guai per godermelo, giusto?
— Giusto.
— E così mi faccio un bel viaggetto su a New York con la mia piccolina.
— Si diverta — disse l’impiegata. — Ma non dovrebbe andare in giro con tutto quel contante. Anche mio marito e io abbiamo commesso quello sbaglio quando siamo andati a New York. Be’, ci hanno rapinati nel momento in cui siamo usciti dalla stazione. Sono stata costretta a chiamare mia madre perché ci mandasse i soldi del biglietto di ritorno.
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