David Baldacci - Il biglietto vincente

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l destino sembra sorridere a LuAnn, giovane disoccupata: il misterioso signor Jackson le offre infatti il biglietto vincente di una lotteria che vale milioni di dollari. Ma prima di riuscire a godere della sua grande occasione, la ragazza trova a casa il cadavere del suo uomo in un lago di sangue e si scopre braccata dalla polizia, preda di una trappola mortale.
Un intrigo micidiale, costruito come un congegno a orologeria.

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— Che cosa è colpa tua? — domandò Riggs. — Che Donovan non ti abbia dato retta?

— Tu pensi che Jackson abbia assassinato anche lui?

— Sarei veramente sorpreso del contrario. — Riggs assunse un’espressione cupa. — La più classica delle trappole: Jackson sa che Donovan è sulle tracce dei vincitori fasulli, telefona alla Reynolds e le dice di accettare eventuali contatti di Donovan. La Reynolds obbedisce, Donovan si presenta, Jackson li fa fuori entrambi e sparisce, e Donovan è il capro espiatorio. Caso chiuso.

LuAnn abbandonò il viso tra le mani.

— Tu hai cercato di avvertirlo, LuAnn. Non è colpa tua. Non c’era nient’altro che avresti potuto fare.

— Se dieci anni fa avessi detto no a Jackson…

— Certo. Ma se tu gli avessi detto no, lui ti avrebbe inchiodato contro un muro.

LuAnn si passò una mano sugli occhi e riportò lo sguardo su di lui. — Così adesso c’è questo bell’accordo con i Federali, cosa della quale ti sarò eternamente grata. Ma, Matt, vuoi dirmi come diavolo facciamo a dar loro Jackson?

— L’esca non può essere né troppo semplice né troppo complicata. — Riggs piegò il giornale e lo appoggiò su una sedia vuota. — Perché, in un modo o nell’altro, lui sentirà la puzza di marcio.

— Non accetterà d’incontrarmi di nuovo.

— Né io stavo pensando a quello: non solo Jackson non si farebbe vedere, ma manderebbe qualcun altro a tagliarti la gola. Troppo pericoloso.

— Signor Riggs, il pericolo è il mio mestiere. — LuAnn inarcò ironicamente un sopracciglio. — Io non saprei come vivere senza il mio rischio quotidiano. E… va bene, niente incontro. Allora?

— Se riusciamo a scoprire la sua vera identità, allora possiamo… — Riggs si interruppe, attendendo che il cameriere li servisse e si allontanasse. — Che cosa sai di lui, LuAnn? Un indirizzo, un dettaglio, un qualsiasi frammento…

— È sempre travestito…

— Quei documenti finanziari che ti manda regolarmente?

— Vengono da una società svizzera. Ne tengo alcuni a Wicken’s Hunt. Ma immagino che tornare là sia fuori discussione. O sbaglio?

— Non sbagli. Se i ragazzi dell’Hoover Building ti vedono anche per sbaglio, ce lo possiamo proprio dimenticare l’accordo.

— Ho altri documenti in una cassetta di sicurezza a New York.

— Sempre troppo rischioso.

— Potrei scrivere una letterina alla società svizzera. — LuAnn sbuffò. — Ma conoscendo Jackson, credo che quella gente non sappia un accidenti di niente.

— E comunque non parlerebbe. Lo sai perché la gente porta i soldi in Svizzera.

LuAnn assentì.

— Deve esserci qualcosa di particolare che tu ricordi di quest’uomo, LuAnn. Come parla, come cammina, come si veste. Charlie… Che cosa direbbe Charlie?

— Non molto — rispose lei passandosi il tovagliolo sulle labbra. — Nemmeno lui ha mai incontrato Jackson di persona. Tutti i loro contatti erano per telefono.

Riggs abbandonò il sandwich mangiato a metà e si appoggiò contro lo schienale.

— Non c’è modo di prenderlo, Matthew.

— Invece c’è, LuAnn. Vedi, io ho già un’idea precisa, solo che stavo esplorando ogni altra prospettiva possibile.

— Cioè?

— Tu hai un suo numero di telefono, non è vero?

— Sì, e allora?

— Organizziamo un piacevole incontro.

— Ma se avevi detto…

— Tra lui… e me.

LuAnn si alzò di scatto, furiosa. — No. Mi hai capito? Nemmeno l’ombra di una possibilità. È ora di finirla di giocare con la morte al mio posto — disse accennando al suo braccio ferito. — La prossima volta sarai molto meno fortunato.

— Ma, cara, sei stata tu la mia fortuna — ribatté Riggs abbozzando un sorriso. — Ti spiace sederti?

LuAnn si sedette, rigidamente.

— Ascolta, lo chiamerò e gli dirò che te ne stai andando dagli Stati Uniti, lasciandoti tutti questi problemi alle spalle. E con Donovan nell’aldilà non ha più preoccupazioni.

LuAnn scuoteva la testa vigorosamente.

— Dopodiché, gli dirò di non essere per niente soddisfatto. — Riggs esibì un sorriso ribaldo. — Pensaci bene: Jackson è entrato nel computer dei Federali, giusto?

— E allora?

— Lui è convinto che Daniel Buckman sia un criminale. Non gli sembrerà strano che io tenti un’estorsione. Così gli dirò che mi sono proprio rotto di lavorare per i ricchi di Charlottesville e che è da un pezzo che voglio tornare a fare la bella vita. Per questo avevo infilato una cimice nella tua camera da letto a Wicken’s Hunt…

— Sei pazzo?

— Gli dirò che ho registrato tutto quello che vi siete detti quella sera. E che se adesso vuole quel nastro, be’, allora mi deve sganciare un sacco di soldi.

— Tu vuoi ricattare Jackson!? Ma ti ucciderà.

L’espressione di Riggs divenne cupa. — Mi ucciderà in ogni caso. E non ho la minima intenzione di aspettare che lo faccia. Questa volta preferisco prendere io l’iniziativa. Perché è ora che tu sappia qualcos’altro su di me… — Riggs tirò un gran respiro, poi disse: — Io ho ucciso. Più di una volta. E se pensi che esiterei solo un secondo prima di fargli saltare via la testa, allora non mi conosci ancora, LuAnn.

Lei non lo stava guardando. Il suo sguardo era focalizzato su qualcosa alle spalle di lui, forse verso il banco del bar.

— Che c’è? LuAnn?…

O forse verso la porta del bar. Forse li avevano trovati o forse… Un agghiacciante pensiero gli balenò nella mente… Jackson!

Riggs si voltò con uno scatto. Niente Jackson, solo il ristorante ancora vuoto. Ma il cameriere si era raddrizzato per allungare una mano alla manopola del volume del televisore.

“… notizia del secondo, brutale omicidio in due giorni nell’area di Washington D.C. Alicia Crane, figlia del defunto senatore Jack Crane, è stata rinvenuta cadavere nella sua residenza di Georgetown…”

L’immagine di una donna dai lineamenti aristocratici, un po’ androgini, campeggiava sul teleschermo.

— Jackson… — la voce di LuAnn era un sussurro.

“… stando alle prime, frammentarie notizie raccolte negli ambienti della polizia, la morte di Alicia Crane potrebbe essere collegata a Thomas Donovan, il giornalista del Washington Tribune ricercato in relazione all’assassinio di Roberta Reynolds. Pare infatti che Donovan fosse sentimentalmente legato ad Alicia Crane…”

Riggs l’afferrò per un braccio: — LuAnn, di che cosa stai parlando?

— È Jackson. — LuAnn tenne lo sguardo inchiodato sul volto alla televisione. — Vestito da donna…

Riggs tornò a osservare lo schermo, poi nuovamente lei: — Ma come fai a dirlo? Mi hai detto che non mostra mai il suo vero volto!

— Al villino, durante la lotta — spiegò LuAnn senza staccare gli occhi dallo schermo — io gli ho… strappato via la faccia. Plastica, gomma, quell’accidenti che era. Io ho visto il suo vero volto, Matthew! — Indicò nuovamente il televisore. — È quello!

Per almeno trenta secondi Riggs rimase assolutamente immobile, gli occhi socchiusi, la mente in un vortice di congetture. — Oh, Cristo… — esclamò infine in un sibilo.

— Cosa?

— D-N-A! — sussurrò Riggs sporgendosi verso di lei, prima di schizzare via dalla sedia.

— Il fratello di Alicia Crane?

— Esatto!

George Masters coprì il microfono del telefono con una mano e imprecò a raffica.

— Matthew, dove cazzo ti trovi? — riprese a denti stretti.

— Oh, scusami tanto, è un vero peccato che i tuoi ragazzi non siano riusciti a starmi dietro. George, lascia perdere i pedinamenti e stammi a sentire: la Tyler ha visto Jackson in faccia. E la sua faccia è, era , la faccia di Alicia Crane!

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