— Come dice, scusi?
— Ma sì, il tipo di storia che voleva scrivere. Per quale ragione lei ha pensato che dovesse essere in pericolo?
— Detective, quella LuAnn Tyler aveva già ucciso qualcuno. Avrebbe potuto uccidere ancora.
Un leggero sorriso apparve sul volto di Rollins. — Capisco.
— Ho l’impressione che lei non stia prendendo molto sul serio quanto le sto dicendo.
— Impressione sbagliata, signorina Crane. Prendo il mio lavoro molto sul serio. È che continuo a non vedere una connessione. Lei sta forse suggerendo che LuAnn Tyler ha minacciato Donovan? Oppure che LuAnn Tyler ha assassinato Roberta Reynolds? A che scopo? Non sappiamo nemmeno se le due si conoscevano di persona.
— Non sto suggerendo niente del genere in merito a LuAnn Tyler.
— Quindi?
— Ecco, io… — Alicia era sulle spine. — Non ne sono sicura.
— Va bene così, signorina Crane. — Rollins richiuse il taccuino e si alzò. — Mi terrò in contatto in caso mi servissero altre informazioni.
Alicia lo seguì con lo sguardo mentre si dirigeva verso la porta che conduceva nel corridoio.
— Detective Rollins.
— Che altro c’è, signorina Crane?
Rollins si fermò sulla soglia del soggiorno.
— La Lotteria Nazionale…
— Ebbene?
— È stata truccata.
Hank Rollins si girò, respirò a fondo e rientrò nel soggiorno.
— Truccata?
— Due giorni fa, Thomas mi chiamò e me lo disse. Mi fece spergiurare di non dirlo a nessuno. — Alicia tormentò le cuciture della gonna. — Mi disse che LuAnn Tyler aveva praticamente ammesso che l’imbroglio esisteva. Quanto a Thomas, lui sembrava davvero spaventato. È per questo che adesso io sono così disperata. Doveva chiamarmi di nuovo… Ma non lo ha fatto.
Rollins andò a sistemarsi nuovamente sulla poltrona. — Che altro le ha detto?
— Che aveva contattato gli altri undici vincitori della Lotteria Nazionale di quell’anno. Solo uno di loro aveva accettato d’incontrarlo… — Alicia esitò di nuovo.
— Roberta Reynolds? — suggerì Rollins.
Alicia annuì.
— Quindi Donovan si è incontrato con lei. — Il tono di Rollins era accusatorio.
Alicia ricacciò indietro le lacrime, scuotendo la testa. — Lavorava su questa storia da molto tempo — riprese lei dopo una lunga pausa. — Ma si era confidato con me solo di recente. Era spaventato. Io sentivo che era spaventato. — Alicia si schiarì la gola. — Doveva effettivamente incontrare Roberta Reynolds, ieri mattina a casa sua. E da allora che non ho più sue notizie. Aveva detto che mi avrebbe telefonato non appena l’incontro si fosse concluso. E io so che è successo qualcosa di spaventoso!
— Donovan le ha anche detto chi ha truccato la lotteria?
— No. Ma so che LuAnn Tyler lo aveva avvertito di stare attento a una certa persona. Qualcuno che lo avrebbe ucciso, che era sulle sue tracce, e che lo avrebbe trovato. E io sono certa che questa persona ha molto a che fare con l’omicidio di Roberta Reynolds.
Rollins la osservò con espressione preoccupata, mandando giù un lungo sorso del caffè ancora caldo.
Alicia evitò il suo sguardo. — Io lo avevo detto a Thomas di andare alla polizia a raccontare tutte queste cose che aveva già scoperto.
— E lui lo ha fatto?
— Ma no che non lo ha fatto, dannazione! — ribatté lei d’impeto. — L’ho implorato, l’ho supplicato. Ma non si rende conto, detective? Un imbroglio alla Lotteria Nazionale degli Stati Uniti. Tutti quei soldi… C’è tanta gente che ucciderebbe per molto meno. Lei è un poliziotto… Mi sbaglio, forse?
— Conosco individui che le strapperebbero via il cuore per un paio di dollari. — Rollins sollevò la tazza vuota. — Non avrebbe dell’altro caffè?
— Che cosa?… Ah, sì, certo.
Rollins prese di nuovo il suo taccuino. — Così rivediamo con calma i dettagli di quanto mi ha appena detto. Ma mi sa che questa faccenda della lotteria truccata è un po’ troppo grossa per me, e converrà chiamare i pezzi grossi. Se la sentirebbe di fare una scappata con me alla Centrale?
Alicia fece un altro sforzo per annuire e lasciò la stanza. Ritornò qualche minuto più tardi, l’attenzione puntata sulle due tazze in precario equilibrio sul piccolo vassoio di legno. Quando Alicia Crane rialzò lo sguardo, i suoi occhi si spalancarono per lo sbigottimento, mentre il vassoio rovinava a terra.
— Peter?…
Sul tavolo del soggiorno erano disseminati frammenti di un volto e di un corpo che non esisteva più: parrucca, baffi finti, palpebre di plastica, maschera di lattice, imbottiture varie.
L’altro uomo le si avvicinò.
Alicia lo osservò a bocca aperta, senza riuscire ad articolare una sola parola.
Peter Crane.
Suo fratello. Figlio come lei di Jack Crane: Jack’s son. Thomas Donovan aveva avuto ragione in pieno: Jackson, seppur nella sua impersonificazione di Bobbie Jo Reynolds, somigliava in modo impressionante ad Alicia Crane.
— Ciao, Alicia.
— Ma che cosa fai?… — Gli occhi di lei passarono dalla faccia vera di lui, ancora scintillante di solventi, ai residui della faccia finta. — Cos’è tutto questo?
— Penso che ti dovresti sedere. Vuoi che metta in ordine?
— Lascia stare — disse Alicia appoggiandosi a una sedia.
— Scusami, non intendevo spaventarti… — disse Jackson, preso da improvviso quanto sincero rimorso. — E che… mi sento a mio agio a non essere me stesso. — Abbozzò un sorriso.
— Non mi è piaciuto affatto — disse Alicia con un sospiro. — Per poco non mi hai fatto venire un colpo.
Jackson le circondò la vita con un braccio, la guidò fino al divano, le diede alcuni rassicuranti colpetti sulla spalla. — Mi dispiace, Alicia. Davvero…
Lei osservò di nuovo la faccia finta sul tavolo e gli altri accessori. — Che senso ha tutto questo, Peter? La mascherata, tutte queste domande… Che senso ha?
— Dovevo sapere tutto. Tutto quello che Donovan ti aveva detto.
— Come fai a sapere di Thomas? — Alicia ritrasse la mano dalla stretta di lui. — L’ultima volta che ci siamo parlati è stato tre anni fa!
— Così tanto? Non è che ti serve qualcosa, vero? Perché la sola cosa che devi fare è chiedere.
— No, Peter, non mi serve proprio niente — ribatté lei piena di amarezza. — I tuoi assegni sono puntuali. Quello che forse mi sarebbe servito, era vederti un po’ più spesso. Lo so che hai sempre molto da fare. Ma siamo pur sempre una famiglia.
— Lo so. — Per un momento, Jackson distolse lo sguardo. — Ho giurato che mi sarei sempre occupato di te, Alicia. E sempre lo farò. La famiglia è la famiglia!
— Restando in tema, l’altro giorno ho parlato con Roger.
— Ma guarda. E come se la passa il nostro decadente, dissoluto fratello minore?
— Male. Aveva bisogno di soldi.
— Spero, Alicia, che tu non gliene abbia dati. Come sai, ho pensato io a lui. Abbastanza soldi da durargli per un’intera, inutile esistenza. Mi sono addirittura occupato di investirli io per lui. Tutto quello che gli ho chiesto in cambio è stato di mantenere un ragionevole tenore di vita.
— Non c’è niente di ragionevole in Roger, lo sai bene. — Alicia serrò le labbra. — E comunque gli ho mandato dei soldi. — Jackson fece per dire qualcosa ma lei lo anticipò. — Lo so quello che hai continuato a dire in tutti questi anni, Peter. Lo so bene… Ma è pur sempre nostro fratello, non potevo permettere che venisse sbattuto in mezzo a una strada.
— Perché no? Sarebbe stata la miglior cosa che gli potesse capitare. Non dovrebbe vivere a New York: è una città troppo costosa.
— Non riuscirebbe a sopravvivere, Peter. Lui non è un uomo forte. Non è come nostro padre.
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